Edilizia per il culto | Marina Tabassum

Costruire in laterizio: moschea Bait Ur Rouf in Bangladesh

Marina Tabassum, attenta alle tradizioni culturali e storiche del luogo, rende omaggio all'architettura religiosa islamica del passato progettando un edificio religioso composto da tre volumi, inseriti l'uno nell'altro, dove la luce ha un ruolo fondamentale e vengono utilizzati materiali di costruzione con saggezza e maestria.

In un sobborgo densamente popolato della periferia nord di Dacca sorge la moschea Bait Ur Rouf, progettata dall’architetto bengalese Marina Tabassum. Attenta e rispettosa verso le tradizioni del luogo, la progettista analizza ed estrae dalla storia quello che è essenziale per rendere omaggio all’architettura religiosa islamica del passato. Lo fa con un disegno contemporaneo dove la luce diventa tema fondamentale dell’opera, gli spazi presentano una composizione geometrica equilibrata e i materiali impiegati sono utilizzati con cura e maestria.

Facciata meridionale.

Il volume, situato all’incrocio tra due vie orientate secondo gli assi nord-sud ed est-ovest, è appoggiato su un’ampia piattaforma, in modo tale che la moschea risulti isolata dal caotico traffico urbano, acquisendo così una lieve monumentalità. Il basamento-piattaforma diviene, dunque, uno spazio di ritrovo all’aperto per la comunità, oltre che un primo passo verso l’ingresso al luogo di culto. La composizione architettonica nasce da una geometria chiara, impostata su tre diversi volumi, inseriti uno dentro l’altro, con la struttura a vista.

Sezione trasversale.

I corpi estremi sono parallelepipedi di pianta quadrata, dove l’esterno, realizzato in mattoni a vista, segue l’orientamento delle strade principali, mentre l’interno è girato verso la città santa de La Mecca. Questa rotazione, di circa 13°, viene facilitata dal terzo volume di forma cilindrica, situato in mezzo agli altri. L’entrata principale avviene attraverso il porticato posto sulla facciata meridionale.

Da qui parte una sequenza di spazi, come la zona per l’abluzione, l’ufficio dell’iman o la scala che porta al piano superiore. Sono funzioni ausiliari della moschea e occupano gli ambienti risultanti dalla intersezione tra il parallelepipedo esterno e il corpo cilindrico. Assieme racchiudono il cuore dell’edificio, vale a dire la sala centrale, che viene utilizzata principalmente come luogo di culto, ma anche come spazio comunitario per eventi e riunioniessendo la moschea essenzialmente un luogo di congregazione.

Prospetto sud.
Prospetto ovest.

La sala per le preghiere è delimitata da otto pilastri in calcestruzzo, che disegnano un quadrato in pianta e incorniciano su ogni lato un’ampia apertura verso le pareti in laterizio del cilindro intermedio, ampliando lo spazio e accogliendo l’illuminazione naturale.

Nella moschea Bait Ur Rouf, progettata senza cupole o minareti, la direzione verso il santuario islamico della Ka’ba, presso La Mecca, non è segnalata con la mihrab, la classica nicchia che mostra verso dove rivolgersi al momento della preghiera, ma è indicata, in maniera sottile ed elegante, con una fessura lunga e stretta inserita nel muro di mattoni del volume cilindrico.

Vista parziale del muro curvo.
Dettaglio del muro curvo.

Nel progetto di Dacca, Marina Tabassum presta molta attenzione all’utilizzo della luce naturale, richiamando per certi aspetti le architetture indiane di Louis Khan. Gli ambienti interni sono illuminati e rinfrescati grazie alla luce e all’aria che penetra da
pozzi e da cavità che si creano dall’intersezione dei tre volumi componenti l’intera costruzione.

L’illuminazione e la ventilazione naturali aumentano grazie ad alcune porzioni di pareti «grigliate», realizzate in mattoni posati con inclinazioni diverse. In più, la copertura della sala centrale è stata impreziosita da numerosi piccoli fori circolari che proiettano la luce zenitale, favorendo, assieme al colore caldo dei mattoni a vista, un’atmosfera accogliente, che induce alla pace e alla spiritualità.

Pozzo di luce e di ventilazione.

La moschea è stata premiata, nel 2016, con il prestigioso premio Aga Khan. Un riconoscimento, istituito nel 1977, diventato riferimento non soltanto per l’architettura del mondo islamico, ma anche per quegli edifici di qualità, attenti al rapporto con il luogo, all’ambiente fisico che li circonda e all’ambiente culturale in cui sono stati costruiti.

di Carmen Murua, architetto

Chi ha fatto Cosa

Oggetto: Moschea Bait Ur Rouf
Località: Dacca, Bangladesh
Committente: Mrs Sufia Rouf
Progetto architettonico: Marina Tabassum
Progetto strutturale: Daud Khalid Sarwar
Ingegneria edile: Bazlur Rahman
Superficie: 1.340 mq

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