Editoriale | di Livia Randaccio

Da Ance e Rpt proposte per la definizione di un Piano di prevenzione del rischio sismico

Alle audizioni del Governo del 6 settembre sul progetto Casa Italia Ance e Rpt hanno presentato entrambe una proposta di piano di prevenzione del rischio sismico. Molti i punti in comune tra le due realtà professionali e imprenditoriali a partire dalla necessità di individuare risorse certe e stabili che permettano d’intervenire anzitutto nelle aree di maggiore pericolosità sismica.

Appena verificatosi il sisma che ad agosto ha colpito il Centro Italia, oltre ai necessari interventi di soccorso ai residenti e alla catena della solidarietà che sempre in questi casi si manifesta, abbiamo assistito al tam tam massmediologico su due specifici temi: quello delle responsabilità e quello della prevenzione.

Per quanto concerne le responsabilità la magistratura sta facendo il proprio lavoro e quindi non ha senso entrare nel merito e dare giudizi a priori su “chi ha lavorato bene o male” e su i materiali costruttivi forniti “scadenti o no, inadeguati o no”.

Sul tema della prevenzione occorre fermarci e compiere un’analisi di ampio raggio partendo dal dato di fatto, ovvero, su questa permanente situazione di mancata prevenzione al succedersi di eventi di calamità naturali. E si che alcune norme in tema di prevenzione del rischio sismico non mancavano: un esempio è il Dpcm risalente al 2014 e l’Ordinanza Pcm del 2003 in materia di valutazione del danno in zona sismica e di norme tecniche delle costruzioni i zona sismica, disposizioni rimaste disattese.

Ora però la “scossa della terra” ha dato uno scossone a chi, professionisti, progettisti e costruttori si occupa di edilizia e tutti sono arrivati alla conclusione che è ormai “urgente la necessità di dar vita a un processo efficace per mettere in sicurezza il territorio e il patrimonio immobiliare su tutto il territorio italiano”.

Un intervento che comprenda abitazioni pubbliche e private, scuole e immobili pubblici, edifici utilizzati per attività commerciali. I professionisti associati nella Rete delle professioni tecniche e i costruttori dell’Ance hanno predisposto due piani di prevenzione del rischio sismico proponendoli il 6 settembre al Presidente del Consiglio dei Ministri. Sono due piani che hanno molte similitudini e giungono alla conclusione che bisogna arrivare a un piano operativo dotato “di risorse certe e stabili che permetta d’intervenire anzitutto nelle aree di maggiore pericolosità quali la zona 1 e 2 della classificazione sismica”.

Il piano elaborato da Rpt fa leva su un arco di tempo che passa dal medio al lungo termine con l’intero percorso di messa insicurezza degli edifici e che avrebbe un orizzonte temporale di 20-30 anni. I professionisti, spiega il documento, “adeguatamente formati e competenti” devono svolgere le loro mansioni secondo il principio di sussidiarietà rispetto alla pubblica amministrazione che da sola non sarebbe in grado di portare a compimento un programma così complesso. Per Rpt la sussidiarietà diviene uno degli elementi cardine per la corretta attuazione e per l’efficacia di un piano di prevenzione del rischio sismico nell’ambito del quale alle amministrazioni dev’essere assegnata la funzione di programmazione, coordinamento e controllo mentre ai professionisti tecnici dovrà essere riconosciuto il ruolo di attuatori di interventi specifici operando secondo norme tecniche e tenendo presente l’esecuzione di controlli ex post. Rpt ritiene che per fronteggiare questo rischio non sarà necessario dare vita a nuove strutture burocratiche e che il grado di vulnerabilità sismica e le informazioni provenienti dal fascicolo di fabbricato potranno essere riportate nei dati catastali dei fabbricati, presso l’Agenzia del Territorio (Anagrafe Catastale).

Proprio il fascicolo del fabbricato è ritenuto fondamentale per le fasi di monitoraggio. Rpt propone che per ciascun edificio (pubblico e privato) vi sia un apposito fascicolo del fabbricato entro 24 mesi dall’emanazione di uno specifico decreto legislativo attuativo che integri i dati già acquisiti e che preveda un approfondimento sugli elementi di vulnerabilità rilevati permettendo di definire così con esattezza le modalità di risanamento necessarie per mitigare il rischio. Il fascicolo del fabbricato quindi dovrà essere uno strumento “dinamico”. Il problema però c’è visto che i giudici di ogni ordine e grado (Tar, Corte Costituzionale, Consiglio di Stato) hanno dichiarato illegittimo il fascicolo del fabbricato e del resto lo stesso Governo Renzi ha impugnato una legge delle Regione Puglia che lo prevedeva. Vedremo ora l’evolversi di questa vicenda.

Per rendere prioritaria l’esecuzione di un piano di prevenzione la rete dei professionisti tecnici propone la realizzazione di un’apposita struttura di missione (con poteri straordinari) istituita presso la presidenza del Consiglio dei Ministri, struttura che operi “senza appesantimenti burocratici” la possibilità di uniformare la prerogativa delle Regioni facendo si che la pubblica amministrazione si doti di un’efficace sistema di coordinamento e controllo ex post degli interventi di prevenzione.

Per quanto concerne gli step per la definizione del quadro di prevenzione nazionale spicca il principio di obbligatorietà dell’azione e degli interventi di messa in sicurezza degli edifici: Rpt infatti ritiene che gli interventi previsti dal Piano debbano essere obbligatori come già avviene per la normativa in tema di sicurezza nei luoghi di lavori e in tema di prevenzione antincendio.

L’adozione delle misure obbligatorie dovrà essere distribuita nel tempo e dovrà essere accompagnata da una compartecipazione dello Stato alla spesa per la messa in sicurezza degli edifici attraverso un sistema di contributi pari almeno al 60% della spesa complessiva sostenuta (o comunque attraverso incentivi e sgravi fiscali).

L’utilizzo della leva delle detrazioni d’imposta per consentire di realizzare gli interventi di adeguamento sismico recuperando la quota del 65% dei costi sostenuti in un periodo più breve rispetto ai 10 anni previsti dalla legislazione vigente è anche al centro del Piano proposto dai costruttori dell’Ance, piano che per venire incontro alle difficoltà economiche della parte di popolazione meno abbiente prevede il coinvolgimento di istituzioni finanziarie quali istituti bancari, Cassa Depositi e Prestiti e Fondi per l’anticipazione delle risorse necessarie per gli interventi di adeguamento dietro la cessione del credito fiscale risultante oltre a prevedere contributi aggiuntivi a fondo perduto erogati dalle Regioni.

di Livia Randaccio, direttore editoriale

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