Punti di Vista | Angelo Camillo Ciribini, Dicatam, Università Degli Studi Di Brescia

Digital&Bim Italia al Saie con esempi nazionali e internazionali di domanda computazionale

È difficilmente ipotizzabile che nel volgere di qualche anno i committenti acquisiscano in massa capacità di domanda computazionale, che i professionisti accettino di progettare imprenditivamente i servizi in funzione dell’operazionalità dei cespiti, che i costruttori adottino entusiasticamente quadri contrattuali collaborativi, che gli immobiliaristi e i gestori siano in grado di vendere le emozioni a larga scala. Certo, Digital&Bim Italia proporrà esempi nazionali e internazionali che valideranno concretamente queste ipotesi.

Speciale #Saie 2018 | #Tecnologie per l’#Edilizia e l’#AmbienteCostruito4.0

Angelo Camillo Ciribini | Dicatam, Università Degli Studi Di Brescia.

Le iniziative che si possono ascrivere a Digital&Bim Italia 2018 nascono da una riflessione già presente nella denominazione dell’evento: vale a dire il fatto che l’acronimo Bim, o meglio Bim4, non potesse che fungere da apripista, da porta d’ingresso all’universo assai più ampio della digitalizzazione.

L’ambito di applicazione della digitalizzazione nel settore delle costruzioni ha rapidamente superato l’ambito della modellazione informativa, intesa sia quale information modeling sia come computational design: tanto in ambito professionale quanto in ambito imprenditoriale, la digitalizzazione assume rapidamente le vesti della gamification, dell’immersive reality, dell’additive manufacturing, della digital fabrication, dell’automation, della robotics.

Ciò non è avvenuto solamente in virtù di una logica estensione della digitalizzazione alle diverse fasi temporali del processo edilizio o infrastrutturale, ma pure in considerazione dell’interazione che essa ha avuto con alcune tematiche che caratterizzano la cultura industriale: dal Project Management alla Lean Construction, dai Multi-Party Contract all’Off Site (oltre che da un On Site ben diverso da quello tradizionale).

Si è registrata, all’insegna del tema del recupero indispensabile di produttività, fortemente promosso da un vasto consenso internazionale (da Accenture a Kpmg, da Boston Consulting Group a PwC, da Ernst & Young a Roland Berger, da Mc Kinsey a Cap Gemini), una convergenza di finalità che, almeno nelle intenzioni, si propone di riconfigurare, di ripensare, di reimmaginare, addirittura di reinventare il comparto.

È evidente che questa corrente di pensiero abbia avuto una connessione stringente con alcuni indirizzi strategici da parte dei governi nazionali (il caso più noto è quello britannico, seguito da quelli francese, italiano, spagnolo, tedesco e, infine, dall’istituzione comunitaria), con sensibilità particolarmente acuta negli ambiti nederlandesi, nordici, scandinavi).

È meno palese, tuttavia, che i nuovi laboratori più interessanti inizino a essere, nel continente europeo, altrove (basti citare i casi ceco, croato, irlandese). Il punto è che il Bim, nella dimensione prima descritta, nonostante le regolari e immancabili citazioni delle classiche nozioni di anticipazione, di collaborazione, di integrazione, consentiva agli attori e alle rappresentanze di contenere le implicazioni eversive, della disruption, entro un confine meramente letterario, retorico. Alcuni eventi sopravvenuti (Artificial Intelligence, Cognitive Computing, Internet of Things, Smart City, Uberification…) hanno, tuttavia, messo in mostra quanto i dati valessero, qualora fossero stati fruibili (dalla macchina), strutturati, finalizzati.

Ciò che, però, vale maggiormente, anche in termini di eventi fieristici, è che se il componente può essere materialmente esibito o l’operazione immobiliare può essere facilmente descritta, la natura territoriale, relazionale, reticolare e sistemica dei grandi business avvenire implica altre maniere di comunicazione, oltreché di attuazione. In ciò risiede la maggiore valenza della transizione digitale, misurandosi con lo sdoganamento della «sostituzione».

La transizione numerica

L’impegno di soggetti come Amazon, Apple, Facebook, Google, Ibm, Microsoft, Oracle, per citare solo alcuni dei maggiori a livello globale, nella istituzione di ecosistemi o di piattaforme digitali per il settore (ma anche la rapida evoluzione in questa direzione di Autodesk, Bentley, Trimble), nonché la governativa Digital Built Britain Strategy, hanno evidenziato un punto di rottura tra l’ammodernamento moderato del settore e l’occasione inaudita del suo stravolgimento, andando a toccare il nervo sensibile della dilatazione all’ambiente costruito della sfera operativa del comparto.

Non per nulla, partendo dalle infrastrutture, la System Engineering è ritornata prepotentemente di moda, affiancandosi, appunto, all’Off Site (Design for Manufacture & Assembly, Modern Methods of Construction), rispolverando le analogie stringenti con l’Aerospace e con l’Automotive Industry, quasi fossimo agli albori degli Anni Cinquanta, oltre che cercando frettolosamente di acquisire i toni della quarta rivoluzione industriale, nel momento in cui si cimentava con la terza.

In un certo senso, è come se il settore, retrocedendo di sei o sette decenni, ricominciasse a fare i conti con se stesso, con le proprie occasioni mancate (spesso intenzionalmente). Tutto questo avviene con una scena europea forse più consapevole di altre, ma stretta tra i mercati principali di riferimento, extraeuropei (ad esempio, asiatici e africani), ansiosi di recepire, almeno superficialmente, le novità, e il panorama nordamericano, ove, da Katerra a WeWork, sorgono le nuove forme identitarie professional-imprenditoriali e i nuovi prodotti infrastrutturali e immobiliari che, in verità, presentano tratti di servitizzazione e di immaterialità crescenti.

Occorre, quindi, da un lato, osservare come si vada a generare una frizione straordinaria tra l’occasione epocale di dilatare il campo di adozione del settore e di creare servizi a elevatissimo valore aggiunto e il prezzo che tale passaggio comporterebbe: la rinuncia all’identità e allo statuto radicati degli operatori.

È ovvio, peraltro, che questa straordinaria ambizione di prevedibilità e di governo dei processi, anzitutto creativi, ma anche esecutivi, di riduzione delle inefficienze attraverso l’eliminazione delle ambiguità sia assolutamente controversa, combattendo alla radice la ragione d’essere delle culture professionali e imprenditoriali radicate, celando insidie assai pericolose, ma dischiudendo opportunità di affari inusitate.

Affiancare Informazione e Meccanica alla Costruzione – Immobiliare è un’esigenza così importante, tale da impedire probabilmente, per la prima volta, che il settore attui un’azione resistenziale con il successo dei tentativi precedenti.

Perché Digital&Bim Italia al Saie

Digital&Bim Italia, in apparenza, ripercorre le tracce di importanti manifestazioni analoghe organizzate altrove in Europa (dal Bim Summit alla Digital Construction Week, alle diverse edizioni nazionali del Bim World) e, nella geografia nazionale, affronta, in maniera specifica, tematiche che appartengono con pieno merito, ad esempio, anche a Rebuild, a Fidec, al Made e a numerose altre iniziative di cui involontariamente non si rende citazione, affini, che insistentemente parlano di «filiera» e di «sistema».

Non è un caso, però, che originariamente Digital&Bim Italia sia stata concepita quale premessa (in questo anno, concomitanza) nei confronti del Saie, per il ruolo che storicamente la fiera felsinea ha assunto nel delineare, spesso promuovere, politiche industriali nel corso dei Gloriosi Trenta (1945-1973) e successivamente, sino a che l’attitudine progressiva e incrementale del settore pareva non aver definitivamente depotenziato, interiorizzandone alcuni elementi, ma circoscrivendoli piuttosto rigorosamente, l’innovazione, aprendo l’età aurea degli Anni Novanta e Duemila, quale premessa alla Grande Recessione.

Di là del fatto di domandarsi se il periodo contemporaneo possa prendersi, in questa dimensione, una rivincita nei confronti del passato, l’ambizione è quella d’iniziare a scoperchiare il vaso di pandora. Ora, è difficilmente ipotizzabile che nel volgere di qualche anno i committenti acquisiscano in massa capacità di domanda computazionale, che i professionisti accettino di progettare imprenditivamente i servizi in funzione dell’operazionalità dei cespiti, che i costruttori adottino entusiasticamente quadri contrattuali collaborativi, che gli immobiliaristi e i gestori siano in grado di vendere le emozioni a larga scala.

Certo, Digital&Bim Italia proporrà esempi nazionali e internazionali che valideranno concretamente queste ipotesi, ma sarebbe ingenuo credere che ciò possa innescare atteggiamenti emulativi straripanti.

L’interrogativo che Digital&Bim Italia pone è, al contrario, incentrato sulle modalità con cui lo snaturatamento del settore possa avvenire senza che se ne intacchi l’esteriorità, senza che esso se ne accorga, oppure sulla possibilità che, constatatane eventualmente la assoluta impossibilità da parte dei grandi Ict Global Player, il comparto, uscito indenne anche da questa ennesima sfida, possa ricavarne realmente beneficio, attraverso la interiorizzazione depotenziante della quale si accennava. Non esistono certezze nel merito, non avrebbe senso formulare vaticini. Si può, però, iniziare a ragionarne laicamente, capendo se possa sussistere un punto di equilibrio.

di Angelo Camillo Ciribini
Dicatam, Università Degli Studi Di Brescia

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