Punti di Vista | Ing. Ennio Casagrande

È scattata l’ora di un approccio sistemico alla questione sismica?

Un altro evento sismico ha colpito il nostro paese: che sia la volta del cambiamento oppure siamo di fronte all’ennesima promessa? Riflessioni sull’effetto «tsunami-mediatico», fattore culturale, normativa e ipotesi d’intervento.
Ing. Ennio Casagrande | Libero professionista e autore di diverse pubblicazioni, si occupa di progettazione strutturale, rischio sismico, cantieristica e collabora attivamente con la società Casagrande Costruzioni Edili.
Ing. Ennio Casagrande | Libero professionista e autore di diverse pubblicazioni, si occupa di progettazione strutturale, rischio sismico, cantieristica e collabora attivamente con la società Casagrande Costruzioni Edili.

Il 24 agosto 2016 un terremoto violento ha letteralmente devastato il centro Italia interessando, in particolare, le province di Rieti, Ascoli Piceno e Perugia. L’epicentro, individuato a Valle del Tronto, ha quasi distrutto totalmente i centri di Accumuli, di Amatrice e di Arquata del Tronto provocando centinaia di vittime.

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1. Vista aerea del terremoto di Amatrice.

casagrande_amatrice_1Subito sono balzati alla mente i ricordi legati al terremoto che ha colpito L’Aquila e l’Emilia nel 2009 e nel 2012. Tristemente abbiamo assistito, come un copione già scritto, a dibattiti e polemiche varie che si sono sviluppate però, con una certa differenza rispetto ai precedenti eventi, dovuta principalmente alla risposta del mondo digitale e in particolare dei social network. Infatti, una buona parte di cittadini, nelle due settimane successive all’evento, si sentivano ingegneri, architetti, geometri, geologi, esperti in terremoto con una particolare predisposizione per la ricerca di un colpevole.

In effetti, da una parte, alcuni danni causati dall’evento sono stati tali da essere sottoposti a indagine da parte della magistratura. Tuttavia, la peculiarità con cui i «non addetti ai lavori» commentarono certi crolli risultava al limite della consapevolezza. È notoriamente vero come l’effetto «tsunami-mediatico» si poteva prevedere e quindi dovevano essere, in qualche modo, tollerati i commenti di chiunque, indistintamente: dall’incertezza della magnitudo, ai possibili interventi post-terremoto, passando per le magnificenze sull’assenza di elementi strutturali «poveri», quali catene e rinforzi vari.

Pochi, se non nessuno, hanno condotto un’analisi, anche semplice, sullo stato esistente e sullo stato futuro del nostro paese. «Perché non si è adeguato?», «non è possibile una situazione del genere…», «non è stato progettato a dovere…» sono solo alcune delle frasi che ribalzavano nei programmi televisivi e nei giornali.

Questione di mentalità

In realtà l’assetto attuale del paese è frutto dei nostri pensieri, del nostro comportamento, del nostro porci dinanzi ai problemi; la nostra è una totale mancanza di coscienza che reca danno proprio a noi stessi. Se, per esempio, una persona deve acquistare un nuovo telefonino, ci impiega ore se non addirittura giorni per informarsi sul tipo di modello. Impiega forse altrettanto tempo davanti al commesso del negozio per la scelta finale, in quanto, vuole avere la «certezza» della qualità dell’apparecchio, delle funzioni, degli accessori.

Quando, invece, lo stesso individuo si appresta all’acquisto di un bene immobile (appartamento, casa ecc.) le uniche informazioni che gli bastano per firmare il preliminare sono legate all’aspetto meramente estetico (pavimenti, finiture dei locali di servizio), oppure, all’aspetto tecnologico attuale come la presenza di un adeguato impianto solare o la presenza di sistemi di domotica. Nessuno chiede o ha il coraggio di chiedere, qualche informazione sulle caratteristiche strutturali dell’immobile, sulla sicurezza di quella che sarà la sua futura dimora: «intanto non succederà mai nulla, il terremoto, qui, non verrà!».

Certamente, la questione è complicata, è indubbiamente vero, ma ci sono aspetti che esulano la preparazione professionale; se per esempio una persona è intenzionata ad acquistare un immobile e dopo svariate valutazioni la scelta dev’essere effettuata tra due papabili appartamenti, il primo costruito negli anni ’40 con finiture ricercate ed esteticamente accattivanti e il secondo costruito negli anni 2.000, ma con finiture «normali», con buona probabilità il possibile acquirente opterà per il primo appartamento, senza avere il minimo interessamento sul tipo di costruzione, sulla sua staticità e, molto importante, sulla sua conservazione.

Il concetto è molto chiaro anche ai fini dell’economia: finché ci saranno acquirenti disposti a spendere denaro per un immobile in qualsiasi stato di fatto (strutturale) in cui versa, non ci saranno mai venditori disposti ad adeguare l’immobile ai canoni attuali.

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2. Aggregato edilizio: resiste a un possibile sisma?

Purtroppo parte del nostro paese, volente o nolente, è stato realizzato in questo modo. E su questo argomento (forse unico) sarebbe piuttosto corretto evitare di assumere un atteggiamento negativo nei confronti della normativa: aggregati edilizi in centri storici oppure condomini di decine di piani non vengono adeguati o migliorati solamente per una questione economica ma anche per una mancanza di coscienza (figura 2).

Le svariate manutenzioni straordinarie «selvagge» negli appartamenti per la realizzazione di massetti di fondazione, giardini pensili nelle terrazze, vasche da bagno poste al centro del solaio, demolizioni di pareti per arrivare al fatidico open space tanto agognato per l’acquisto di un nuovissimo salotto, sono solo alcune «opere» eseguite per soddisfare le proprie esigenze estetiche e di comfort, non certo quelle relative alla sicurezza.

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3. Litografie di case rurali trevigiane (©Arch. Igino Marangon).

casagrande_amatrice_3aEppure, c’è stato un tempo in cui la volontà nel costruire un immobile sicuro per sé e per i propri figli era al centro dell’attenzione. Basti guardare agli estesi edifici agricoli che un tempo popolavano le nostre campagne e i nostri colli (figura 3): muri spessi, disposizione dei locali semplice ed efficace, muri di spina, vano scale piuttosto centrale sono solo alcune accortezze statiche che i capi mastri di un tempo avevano acquisito con esperienza sul campo. E pensare che un tempo queste costruzioni erano costruite con materiali poveri, al limite rudimentali, privi di quella «duttilità» tanto richiesta e prescritta nei giorni nostri per i nuovi edifici.

Normative

Ora tutto è basato sull’applicazione di normative sempre più complicate che richiedono calcoli astrusi, controlli impossibili e preparazioni professionali di un certo livello (figura 4). Ma se da una parte c’è un progettista strutturale che potrebbe curare con dovizia i particolari delle connessioni, un organo competente che ha il compito di valutare il progetto depositato e una figura professionale come il direttore dei lavori che dovrebbe assicurare la corretta esecuzione da parte dell’impresa di costruzioni, dall’altra parte abbiamo un complesso di problemi legati alla realizzabilità dell’opera (figura 5): incredibili disposizione di staffe con un passo così fitto che il calcestruzzo non ha la possibilità materiale di avvolgere le armature di rinforzo se non con l’aggiunta di acqua la quale, a sua volta, diminuisce le caratteristiche stesse del calcestruzzo prescritto in sede di analisi.

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4. Particolare Bim di un setto in c.a.

È corretto quindi impegnarsi nella stesura di una norma complessa che implica analisi non lineari, particolari costruttivi complessi quando in fase di realizzazione vige la più completa aleatorietà o la quasi impossibilità realizzativa?

Per non parlare del miglioramento e dell’adeguamento sismico. Anche in questo ambito, cautela e diligenza non è mai troppa. La certezza matematica della sicurezza, purtroppo, non fa parte delle nostre tante doti «umane» e pertanto non sarà mai possibile avere l’evidenza matematica dell’intervento.

In tal senso basti pensare all’incertezza con la quale viene determinata l’accelerazione sismica in un dato punto; se già il dato d’ingresso è variabile, è chiaro che anche la risposta sarà commisurata al grado di precisione del dato iniziale. Per non parlare della caratterizzazione dei materiali.

Articoli, corsi, convegni che mostrano e informano i progettisti sul comportamento e sulla caratterizzazione meccanica di un dato materiale sottoposto a test specifici di laboratorio. Forse è il caso di spiegare a tutti che, salvo alcuni casi particolari, i costi per l’esecuzione di questi test sono abbastanza elevati e pochissimi committenti privati sono disposti a sborsare tale somma per condurre successivamente le analisi. Inoltre, esiste un grado di incertezza sul numero di materiali impiegati nella costruzione e nelle successive ristrutturazioni.

Quando, invece, la possibilità di adeguare sembra essere concreta, l’euforia viene placata dalle innumerevoli o infinite prescrizioni derivate dagli enti coinvolti che, pare, siano interessati a tutto fuorché alla sicurezza.

In tale contesto sembrano privi di senso quegli «strani » autorevoli commenti  sulle capacità di valutazione dell’edificato e dei progetti: facile a dirsi, ma è bene ribadire che una stragrande maggioranza delle pratiche che affollano i nostri comuni sono relativi a fabbricati di modesta entità (ampliamenti, sopraelevazioni, case singole) in cui c’è una vera rincorsa al prezzo più «vantaggioso».

Pertanto, è bene ribadire, una volta per tutte, che il budget per questi interventi non è assolutamente comparabile con la costruzione o ristrutturazione di edifici di una certa mole, in cui la spesa a diposizione potrebbe tranquillamente essere impiegata per adeguare l’edificato di un piccolo centro cittadino!

Anche se parliamo di edifici strategici la mentalità non cambia: il costo deve essere il più contenuto possibile. Ma come fare quando in un piccolo comune si deve costruire una nuova scuola, efficiente, in classe energetica massima e di più, ben illuminata, performante, esteticamente estrema e altrettanto bella? Semplice, si «genera» un appalto a base d’asta e inizia il famoso iter che tutti conosciamo, basato sul ribasso d’asta.

Ma la domanda è: se il costo di un materiale idoneo e certificato ha un valore x che può discostarsi per una percentuale di non più del 5-10%, come si può arrivare ad appaltare una scuola, quindi un edificio strategico, con ribassi d’asta con una percentuale superiore al 30%? Allora, ci si chiede: dov’è la coscienza? In quale contesto possono essere collocate le frasi di fatto che hanno popolato questi ultimi periodi? Come può esserci una meraviglia generale quando accadono questi disastri, se la normale consuetudine viaggia verso una direzione opposta alla famigerata sicurezza?

Possibili soluzioni

Per ovviare a queste enormi fallanze sono state proposte alcune possibili soluzioni. La prima proposta verte sulla costituzione del fascicolo del fabbricato, un documento sul quale vengono riportati tutti i dati strutturali dell’edificio, con l’intento, quindi, di costruire una sorta di carta d’identità del fabbricato.

Tralasciando le questioni giuridico-amministrative, è evidente che il perseguire tale proposta comporterà, di certo, alcune complicazioni legate alla ricostruzione storico-strutturale di un edificio con muri in comune in cui non si trova traccia né di pratiche strutturali né delle modifiche locali eseguite da precedenti proprietari (figura 6). In tali condizioni risulta molto ardua la compilazione di un fascicolo preciso ed è pertanto necessario studiare tale soluzione in modo adeguato. Altre proposte prevedono la redazione di una perizia strutturale dell’immobile.

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5. Disposizione dell’armatura di rinforzo in fondazioni.

Questa proposta pare sia molto vicina al concetto del famoso attestato di certificazione energetica, in cui per pochi spiccioli un proprietario di un immobile può ottenere un documento che attesti la performance energetica dell’involucro edilizio.

La soluzione potrebbe essere controproducente, in quanto, potremmo trovarci in una situazione con problemi amplificati rispetto a oggi, questo perché la rincorsa al prezzo più vantaggioso e la palese volontà di possedere un immobile sicuro per la vendita potrebbe prevalere sul concetto puro di sicurezza.

Pensiamo solo alle difficoltà legate ai trasferimenti di proprietà degli immobili: chi accetterebbe di acquistare un immobile con un livello strutturale in classe G? E chi accetterebbe di vendere un possibile immobile «dichiarato» non sicuro? Qui si sta parlando di vite umane e non di consumi energetici! Poi esiste anche un altro aspetto molto importate da non sottovalutare: quello economico. Si, perché l’attuazione del 65% di detrazione fiscale per l’adeguamento sismico non ha dato i frutti sperati.

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6. Esempio di aggregato edilizio: come fare per compilare il fascicolo del fabbricato?

Attualmente, si pensa al ricorso di altre modalità di finanziamento o di detrazione fiscale con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione. Il problema fondamentale è che le condizioni di adeguamento sismico sono lontanamente simili alle condizioni di efficienza energetica.

Riflettiamo. Pensiamo a un condominio in cui un appartamento è abitato da una giovane coppia con un mutuo trentennale in corso per aver acquistato un tetto per la propria famiglia; pensiamo a un altro appartamento occupato da due persone anziane: immaginiamoci come potrà essere lo scenario qualora a questi condomini sarà comunicata «l’obbligatorietà » di tale perizia.

E come si comporteranno gli istituti o gli enti che dovrebbero erogare questo finanziamento? Che garanzie chiederanno se esiste già un mutuo sull’immobile? Magari di un altro istituto?

Nel mentre si discute il da farsi per l’edificato esistente, per i nuovi fabbricati certamente può essere fatto ancora qualcosa come, per esempio, ritornare alla semplicità di un tempo. Costruire edifici con uno schema semplice, ponendo un definitivo stop, a mega appartamenti open space, ristrutturazioni al limite della decenza, aumento dei carichi sconsiderato.

Poi, le commissioni edilizie per l’estetica degli immobili dovrebbero essere integrate con commissioni sismiche in cui si valuta l’effettiva fattibilità della struttura rapportata allo schema architettonico.

Non può essere che ci siano commissioni ambientali, estetiche, storiche e non ci sia un gruppo di lavoro per la sicurezza strutturale! E anche a livello pubblico è possibile intervenire con la logica proposta: le scuole, per esempio, potrebbero essere concepite con schemi semplici, chiari, atti a garantire non solo la sicurezza sismica strutturale ma anche quella legata agli elementi non-strutturali, spesso non considerati oppure considerati solamente in modo superficiale.

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