Il privato, in occasione della presentazione della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (Scia) per l’apertura di un negozio o di un esercizio pubblico, non può dichiarare di aver rispettato i presupposti tecnici previsti dalla legge, di fatto il rispetto delle norme edilizie e di quelle urbanistiche.
Questo perché le dichiarazioni sostitutive di certificazione o di atti di notorietà cui si fa riferimento agli articoli 46 e 47 previsti dal dpr 445/2000 e richiamate dall’articolo 19 della legge 241/1990 che ha introdotto la segnalazione certificata di inizio attività, possono riguardare soltanto gli stati, qualità personali o fatti che siano di diretta conoscenza dell’interessato.
A stabilirlo è stato il tribunale di Rovigo attraverso il provvedimento del Gip 447/13, che ha disposto l’archiviazione di un procedimento avviato dall’ente pubblico che aveva rilevato una dichiarazione mendace e aveva inoltrato alle competenze della procura tutto l’incartamento.
Secondo il giudice non si può esigere che «l’indagato consapevolmente attesti la conformità dei locali ai regolamenti comunali in materia di edilizia e in materia igienico-sanitaria».
La procura, nel richiedere al Gip l’archiviazione del procedimento, ha anche sollevato questioni con riferimento alla prassi adottata dalla maggior parte dei comuni (su input delle Regioni) di inserire all’interno della modulistica prestampata specifiche caselline da barrare. Secondo il giudice la norma prescrittiva contenuta nell’articolo 19 della legge 241/1990 punisce colui il quale completa la Scia con certificazione non veritiera: ma non può essere punito perché la fattispecie non è prevista dalla norma.
