Video_intervista | Franco Turri, Filca Cisl

Franco Turri: «di edilizia c’è bisogno, c’è bisogno di un’edilizia diversa, c’è bisogno di risorse»

Franco Turri, Segretario Generale Filca Cisl, in occasione della nostra video-intervista ha espresso i suoi punti di vista sul fare sindacato oggi in edilizia. Ha commentato le problematiche relative al lavoro sui cantieri, alla sicurezza, alle pensioni e ai lavoratori over 60, al mercato del lavoro e alle politiche contrattuali, alla tanto auspicata ripresa dopo 8 anni di forte crisi strutturale del comparto. Opinioni quelle di Turri che rappresentano un elemento di significativo confronto sulle scelte da fare fra le parti protagoniste dell’edilizia: lavoratori, imprenditori, Stato.

Il Consiglio Generale della Filca Cisl ha eletto i componenti della nuova segreteria che affiancheranno il Segretario Generale Franco Turri, eletto a gennaio in sostituzione di Domenico Pesenti (chiamato alla guida di Inas). Sono stati confermati i segretari nazionali uscenti Riccardo Gentile, Enzo Pelle e Salvatore Scelfo e sono stati neoeletti Stefano Macale e Salvatore Federico, rispettivamente segretari generali della Filca del Lazio e del Veneto.

«Sono soddisfatto perché è una segreteria preparata e forte che accompagnerà la categoria fino al congresso del prossimo anno e soprattutto è espressione di una Filca coesa» ci dice Franco Turri nella video-intervista realizzata durante la sua visita al Palazzo della Cultura di Tecniche Nuove a Milano.

Si è trattato di un interessante excursus, quello di Turri, che ha toccato numerosi aspetti del comparto dell’edilizia e il suo mandato al vertice della Filca, sindacato più rappresentativo tra i lavoratori iscritti in Cassa Edile: ben 280mila associati.

Turri ha maturato una lunga esperienza sindacale: è entrato 40 anni fa nel sindacato, a 18 anni, in qualità di delegato sindacale di un’impresa di candeggio e tintoria (40 dipendenti) e nel 1994 ha assunto la guida di Filca Milano. Tredici anni fa, nel 2003, è entrato in segreteria nazionale seguendo in particolare gli aspetti relativi alle politiche contrattuali del settore edile, la bilateralità, la sicurezza sui cantieri, il mercato del lavoro e il credito alle imprese.

Questi di seguito alcuni dei temi trattati nella video-intervista.

OCCUPAZIONE
Turri ha segnalato le divergenze tra i dati Istat che parlano di una perdita di posti di lavoro in edilizia pari al 25% e i dati delle casse edili che invece segnalano un -50%. Ricordiamo che il settore fino a pochi anni fa rappresentava l’11% del Pil nazionale. In questi ultimi 7 anni gli addetti che hanno perso la loro occupazione nel comparto sono 464mila, numero che si riferisce solo al sistema delle casse edili ma a loro vanno aggiunti gli impiegati e gli autonomi per un totale superiore alle 800mila unità. Per Turri si tratta di un’autentica tragedia sociale e i posti persi sono molti di più di quelli comunicati dall’Istat. Nelle sole casse edili gli addetti iscritti sono passati da più di un milione a poco meno di 600mila e ci sono anche i lavoratori autonomi che hanno cessato l’attività e gli impiegati di imprese licenziati a causa della crisi.

VOUCHER
Il dato è più che mai significativo: in Italia nel 2015 sono stati venduti 102 milioni di voucher (+67%) e si calcola che il 30% sia stato utilizzato proprio per i lavoratori edili. Nel solo mese di gennaio di quest’anno ne sono già stati venduti ben 9,2 milioni, con un aumento del 36% sullo stesso mese dello scorso anno. Per la Filca c’è il rischio che i voucher in edilizia rimangano un modo per dare una parvenza di regolarità al lavoro nero e anche rendendoli tracciabili non si arrivi a risolvere i problemi legati al loro utilizzo: un esempio riguarda i mancati versamenti in cassa edile e le mancate verifiche sulla regolarità contributiva relativa al Durc. Quindi per Turri è necessario escludere l’utilizzo dei voucher nel settore delle costruzioni.

PENSIONI
In una lettera aperta al ministro del lavoro Giuliano Poletti Turri ha preso posizione a favore degli edili over 60 operanti nel comparto e impegnati in lavori pesanti.

Turri era rimasto favorevolmente colpito dalla proposta del ministro che aveva asserito «i lavoratori edili avanti con l’età non siano più impegnati in lavori pesanti ed usuranti ma debbano cambiare lavoro e farne uno adatto alla loro condizione e capacità».
Turri per rendere attuabile questa proposta ha segnalato che si devono prevedere incentivi per le aziende che assumono ultrasessantenni, misura che farebbe comodo al lavoratore edile, all’impresa e anche allo Stato.

Al lavoratore edile che potrà svolgere una mansione adatta alla sua età, all’impresa edile che potrà sostituire il lavoratore anziano con un giovane e allo Stato che avrà la possibilità di ridurre gli infortuni mortali dei lavoratori over 60 (l’Istat registra che questo tipo di infortunio è in costante aumento). Fra l’altro Turri ha proprio chiesto un incontro al ministro del Lavoro per evidenziargli alcune necessità quali l’uscita flessibile senza penalizzazioni per i lavoratori dell’edilizia, un bonus contributivo come per le altre tipologie di lavoro (15 mesi di contributi a fronte di 12 mesi di lavoro), una “navetta” contributiva che accompagni il lavoratore vicino alla pensione saltando gli ultimi anni ritenuti i più pericolosi, utilizzando risorse pubbliche, contrattuali e degli enti bilaterali.

RIPRESA DEL COMPARTO
Turri ha chiesto una seria politica per la «ripresa del Paese oltre che del comparto delle costruzioni». Questa la si può ottenere dando un immediato avvio agli investimenti sulle opere prioritarie, attraverso l’immediata apertura dei cantieri e soprattutto attraverso gli elementi di sicurezza e legalità. Dare il via a un monitoraggio di tutti i programmi di spesa pubblica quali il piano città, il piano carceri, il piano scuole sicure, il piano anti-dissesto idrogeologico, la riqualificazione delle periferie. Avviando ecoincentivi e incentivi pe ristrutturazioni su base decennale orientandoli all’aggregazione della domanda privata e legandoli agli strumenti di verifica della regolarità del lavoro.

RIFORMA APPALTI, BIM, QUALIFICAZIONE
Turri ha auspicato l’introduzione di norme specifiche per la qualificazione dell’impresa ai fini dell’accesso al mercato privato (per esempio, l’adozione della patente a punti).
La Filca da tempo chiedeva una riforma complessiva del settore da attuarsi attraverso una semplificazione delle procedure a vantaggio della legalità e della trasparenza negli appalti. Ritenuti importanti il processo di qualificazione e riduzione delle stazioni appaltanti, il limite alle aggiudicazioni con il massimo ribasso in favore del criterio dell’offerta più vantaggiosa e il superamento della legge obiettivo.

Il nuovo codice per gli appalti pubblici per Turri ha sicuramente il merito di semplificare e regolare una materia complessa e delicata, e introduce elementi positivi che non potranno che far bene al settore delle costruzioni, alle prese con una crisi senza precedenti e con evidenti problemi di legalità. Positiva quindi la spinta data al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa in sostituzione del massimo ribasso, che spesso avveniva disapplicando i contratti di lavoro, e quindi a svantaggio dei lavoratori. Sul fronte della legalità, utilissima è la sinergia con l’Anac, soprattutto per quanto riguarda i controlli delle stazioni appaltanti sulla reale sussistenza dei requisiti oggetto dell’attestazione, segnalando alla stessa Anac eventuali irregolarità.
Per quanto concerne il subappalto, secondo il nuovo codice non potrà superare la quota del 30% dell’importo complessivo del contratto di lavori. Il vincitore di una gara potrà ricorrere al subappalto solo se la stazione appaltante avrà previsto questa chance a monte, cioè nel bando. La Filca aveva espresso forti perplessità sulle voci emerse secondo le quali le nuove norme sugli appalti avrebbero potuto consentire un ricorso più vasto al subappalto. Per Turri si sarebbero avute inevitabili ripercussioni sulla qualità del lavoro con la conseguenza di una ulteriore frammentazione delle imprese edili. Per lui dare all’impresa generale la totale libertà di subappalto si sarebbe tradotto in un mancato ricorso alle aziende specializzate del settore edile.

Per quanto concerne il Bim (Building information modeling) ora il Nuovo Codice Appalti prevede che sei mesi dopo l’entrata in vigore della norma le stazioni appaltanti potranno chiedere l’uso del Bim per le nuove opere e i servizi di progettazione d’importo superiore alle soglie comunitarie (5.225.000 euro per i lavori, 135.000 euro per i servizi e i concorsi di progettazione aggiudicati dalle amministrazioni governative, 209.000 euro per i servizi e i concorsi di progettazione aggiudicati dalle altre amministrazioni). Successivamente, si valuterà una tempistica graduale per l’uso obbligatorio del Bim in base alla tipologia delle opere e dei servizi da affidare e al loro importo. Per Franco Turri si tratta di un’occasione importante di rilancio del settore in capo a tutte le componenti dal progetto al cantiere all’impresa e tocca anche la qualificazione dei lavoratori edili. L’importante è che non rimanga una procedura teorica ma che diventi prassi operativa condivisa.

di Livia Randaccio

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