Punti di vista | Stefania Asnaghi, Settore comunicazione

Il lavoro che cambia: srl semplificate e partite Iva

Nel mio lavoro diviene sempre più necessario avere la possibilità di utilizzare il maggior numero di fonti d’informazione. Su due di queste fonti ho trovato statistiche che ritengo meritevoli di attenzione. La prima fonte è la Cgia di Mestre con un’indagine riguardante il 2012.
Stefania Asnaghi, Settore Comunicazione.

Nel mio lavoro diviene sempre più necessario avere la possibilità di utilizzare il maggior numero di fonti d’informazione. Su due di queste fonti ho trovato statistiche che ritengo meritevoli di attenzione. La prima fonte è la Cgia di Mestre con un’indagine riguardante il 2012.
Lo scorso anno sono state aperte 549mila nuove posizioni Iva
, delle quali il 38,5% sono ascrivibili a giovani di età inferiore a 35 anni. L’aumento di queste aperture, che possiamo definire giovani, equivale all’8,2% in più. Una sorpresa è sicuramente data dall’ubicazione di queste nuove aperture: l’area territoriale che ha già registrato il maggior incremento tra i 35 anni è il Sud-Italia. Infatti su 211.500 nuove iscrizioni a livello nazionale 80.300 (pari al 37,8%) sono avvenute nelle regioni del Sud.
Tra queste risulta poi significativo l’aumento delle partite Iva delle donne: se lo scorso anno le nuove iscrizioni hanno raggiunto quota 79.100 (pari al 37,4% del totale dei giovani 35enni) la crescita rispetto al 2011 è stata del 10%.
In concomitanza ho ritenuto utile il dato pubblicato proprio da voi su Impresedilinews.it il 5 marzo scorso riguardante il rapporto Unioncamere sulle Srl a 1 euro, iniziativa che rivela quanto sia d’attualità la nuova Srl semplificata e a capitale ridotto e quanti siano i giovani fruitori della suddetta possibilità. Anche qui le sorprese sono relative al dato riguardante Campania e Sicilia, vertici della classifica delle nuove iscrizioni al Registro delle imprese.
Queste aperture di partite possono essere considerate realmente delle risposte alle esigenze di lavoro? Sono da considerarsi risposte alla precarietà?
Compiere un’analisi e dare una risposta risolutiva è abbastanza difficile ma un breve ragionamento si può azzardare, anzi una serie di ipotesi partendo a questo punto da altre statistiche, quelle riguardanti la disoccupazione.
Le stime dell’Unione Europea in materia di disoccupazione prevedono per quest’anno una ulteriore forte crescita passando dall’11% al 12%. Due mesi fa gli occupati erano in diminuzione dello 0,5% rispetto a novembre 2012 e dell’1,2% su base annua (-278mila). Il tasso occupazionale, pari al 56,4% diminuisce di 0,2 punti percentuali nel confronto congiunturale e di 0,6 punti rispetto a 12 mesi prima. Il numero di disoccupati (2.875.400) registra un aumento di 4mila unità rispetto a novembre. All’anno la disoccupazione cresce del 19,7% (più 474mila unità).
Tra i 15 e i 24 anni le persone in cerca di lavoro sono 606mila (il 10% della popolazione di questa fascia di età): a loro va aggiunto che il numero degli inattivi tra i 15 e i 64 anni aumenta dello 0,6% rispetto al mese di novembre (più 81mila). Che considerazioni possiamo enunciare dunque? Confermare la tesi che il lavoro non c’è e provvedere quanto prima a mutare approccio alle dinamiche del mercato del lavoro, agli elementi di analisi di queste dinamiche, verificando cosa chiede il mercato del lavoro, cosa chiedono le imprese.
Ho la sensazione che gli imprenditori oggi più che mai temono il dover assumere personale, temono i contenziosi e le ingerenze sindacali nella casistica di fuoriuscite dalle imprese. Questo anche perché le imprese italiane sono nell’impossibilità di assumere personale anche a causa di un pesante, insostenibile costo del lavoro, oltre che a causa di un sistema tutt’altro che premiale, né fiscale e né contributivo a supporto degli imprenditori che investono, mantengono e aumentano i posti di lavoro nelle loro realtà produttive. C’è anche un altro elemento che funge da freno: è rappresentato dalle norme lavoristiche.
Leggi che mutano di continuo, prassi consolidate, contratti collettivi, interpretazioni degli organismi legislativi, diversi comportamenti che variano da ente ad ente, il legaccio burocratico che ancora esiste e che le liberalizzazioni non hanno modificato ne semplificato. Alzi la mano chi è convinto che in questi mesi si sia dato impulso, facilitazioni, concretezze allo sviluppo del mercato del lavoro. Alcuni contratti piuttosto, hanno aumentato le ambiguità di situazioni, come per esempio l’apprendistato che a definirsi impossibili è dir poco.
Sarà sufficiente poi dare inizio a soluzioni lavorative più semplici, favorire l’incremento delle unità lavorative venendo incontro a chi, tra gli imprenditori, vuole sviluppare prospettive di crescita per la propria impresa? Sono dell’idea che l’incremento della srl e delle partite Iva sia un segno tangibile di come si stia orientando il nuovo mercato del lavoro: meno assunti a tempo indeterminato e più consulenze. Ma tutto ciò però dovrebbe essere supportato da una forte e consapevole azione di detassazione dei redditi da lavoro e dal sostegno al reddito dei nuclei familiari con tutte le facilitazioni e le detassazioni possibili.
Stefania Asnaghi, Settore comunicazione

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