Punti di Vista | Bruno Gabbiani, presidente Ala Assoarchitetti

Il nuovo Parlamento e gli interventi sul territorio

(…) «La politica e la società dovranno ora fare uno sforzo maggiore e comprendere che è indispensabile configurare un sistema normativo, che ricostituisca condizioni favorevoli sia all’esercizio della professione d’architetto, sia che dia certezza al sistema degli appalti per l’intera filiera, in modo che non possa essere troppo facilmente infiltrato dal sistema delle connivenze e tanto meno da quello malavitoso, con il riciclaggio di denaro sporco, mediante ribassi d’asta sotto costo».
Bruno Gabbiani | Presidente Ala Assoarchitetti.

Non appena insediato il Parlamento uscito dalle elezioni del 5 marzo, imprenditori e professionisti dovranno svolgere un’efficace attività d’informazione, affinché i problemi del territorio vengano collocati ai primi posti dell’agenda dei lavori.

Come nel passato, anche nel futuro la qualità della vita dipenderà in maniera essenziale dalla qualità dell’architettura e delle opere pubbliche, nelle quali questa stessa vita si svolge. Ma la qualità non può prescindere dall’ordine civile e dal riconoscimento della dignità di chi svolge attività così delicate: non è possibile esigere qualità da architetti e imprenditori, se la società non riconosce il valore materiale ed etico del loro lavoro. Oggi questo è divenuto un tema cruciale.

Dopo i dieci anni della crisi più lunga e profonda dell’ultimo secolo è evidente che il settore delle costruzioni non ha agganciato la ripresa, come ci si sarebbe attesi. Permane sul mercato uno stock di immobili vecchi vuoti, alcuni dei quali difficilmente recuperabili, cui s’aggiunge un alto numero d’immobili nuovi invenduti.

Si tratta in parte di interventi eseguiti nel momento di massima intensità della «bolla», in quantità eccedente rispetto al calo della domanda, causato dall’effetto combinato della crisi latente, dell’invecchiamento e della riduzione della popolazione e, almeno in parte, dall’impoverimento conseguente alla delocalizzazione di molte attività manifatturiere.

Gli effetti sono talmente gravi, che ne è uscito uno scenario sconvolto, con sparizione dal mercato d’imprese di costruzione, di produttori e distributori di materiali e componenti edili e con la chiusura di fatto di molti studi professionali, con la relativa dispersione degli addetti e delle loro abilità.

Per uscire da questo scenario, unitamente all’avvio di un percorso legislativo che finalmente favorisca processi virtuosi, mettendo in campo concrete e sufficienti risorse, dobbiamo chiedere che vi siano anche efficaci garanzie per il sistema degli appalti di opere e di servizi. L’equo compenso per quanto riguarda i professionisti è stato soltanto un primo, timido segnale.

La politica e la società dovranno ora fare uno sforzo maggiore e comprendere che è indispensabile configurare un sistema normativo, che ricostituisca condizioni favorevoli sia all’esercizio della professione d’architetto, sia che dia certezza al sistema degli appalti per l’intera filiera, in modo che non possa essere troppo facilmente infiltrato dal sistema delle connivenze e tanto meno da quello malavitoso, con il riciclaggio di denaro sporco, mediante ribassi d’asta sotto costo.

L’intero comparto che prima o poi uscirà dalla crisi dovrà in ogni caso essere profondamente rinnovato e ciò presuppone investimenti in risorse umane, organizzative e strumentali, poiché gli enormi problemi che persistono hanno in sé anche grandi opportunità di rilancio e sviluppo.

La città del ‘900 è superata, molto spesso di bassa qualità e in parte è abbandonata o sottoutilizzata; in condizioni analoghe si trovano i centri storici e molti aggregati produttivi; infine quasi tutte le infrastrutture sono vecchie, inadeguate e degradate. Quindi nell’insieme si tratta di un immenso bacino di lavoro, riqualificazione e sviluppo, potenzialmente capace di trascinare il rilancio dell’intera economia nazionale e d’incrementare in modo decisivo il benessere del Paese.

Si tratta quindi di chiedere al Parlamento e al Governo d’assumere decisioni politiche di lungo periodo, che dispieghino la loro azione completa nell’arco d’alcuni decenni, predisponendo un grande progetto di risanamento e sviluppo, nel quadro delle normative, dei programmi e dei finanziamenti dell’UE.

I problemi sono noti e i temi sono del resto tali da aggregare il consenso dell’intero Paese:

  • sicurezza idrogeologica del territorio
  • riqualificazione paesaggistica e ambientale
  • sicurezza sismica del patrimonio edilizio esistente, partendo dalle strutture sensibili (scuole, ospedali, luoghi pubblici, abitazioni, luoghi di lavoro)
  • recupero e riqualificazione di periferie e di aree centrali degradate
  • efficienza e completezza delle reti infrastrutturali, sia lineari (ferrovie e strade), sia di servizi di mobilità, sia di quelli innovativi.

Le azioni conseguenti non saranno legate agli interessi d’alcun soggetto particolare, coinvolgeranno l’intera popolazione e condurranno a un assestamento graduale della situazione socio – economica generale.

La storia del nostro Paese insegna che gli italiani, di fronte a una seria prospettiva d’assicurare a figli e nipoti migliori condizioni di vita, sono sempre stati disposti a sacrifici, anche dolorosi.

Anche rispetto ai temi che ci stanno di fronte è possibile vedere nuovamente coeso l’intero Paese, attraverso il riconoscimento che «l’architettura» è un asset, una risorsa che valorizza il territorio, lo qualifica, supporta l’industria turistica, produce lavoro e ricchezza, con la conservazione e l’innovazione.

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