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Imprese di costruzione: aumenta il fatturato realizzato all’estero, ma in mercati periferici

Pubblicato da Sace uno Studio sulle imprese di costruzione italiane che mostra quanto e come siano presenti nel mercato internazionale. Risulta che il fatturato realizzato all’estero da aziende italiane aumenta ma si continuano a trascurare le occasioni di crescita offerte da investimenti e infrastrutture pianificate nei paesi avanzati e di maggiore prossimità.

Sace ha pubblicato uno studio di approfondimento sulle imprese di costruzione italiane, sempre più presenti nei mercati internazionali.

Ecco i punti principali:

  • La quota di fatturato realizzato all’estero da parte dei contractor italiani è aumentata considerevolmente negli ultimi anni, passando da 3 miliardi di euro nel 2004 (31% del totale) a 14 miliardi di euro nel 2016 (73% del totale). Oltre a intercettare un aumento inedito e forse irripetibile della domanda da parte di nuovi mercati (in una fase di crisi sul versante domestico) il portafoglio lavori di queste imprese si è espanso soprattutto in contesti ad alta opportunità e rischio medio-alto che presentavano marginalità importanti, così come su commesse di importo rilevante.
  • Le imprese italiane si sono posizionate tradizionalmente in mercati spesso periferici, ma da esplorare, trascurando in parte le «occasioni» di crescita offerte da investimenti e infrastrutture pianificate nei paesi avanzati e di maggiore prossimità. I primi 15 Paesi per investimenti in costruzioni a livello mondiale, pari al 75% del mercato, rappresentano infatti meno del 20% del portafoglio lavori delle imprese italiane.
  • Le aziende italiane del settore vengono classificate in tre categorie in base alle loro caratteristiche di operatività all’estero: i «Cristoforo Colombo», che intervengono in contesti ad alto rischio, gli «Amerigo Vespucci», che operano in geografie caratterizzate da una rischiosità media e, infine, i «Giovanni Caboto», che competono sui mercati avanzati e maggiormente affidabili.
    Questi ultimi sono certamente una minoranza, mentre rimane alto il presidio italiano in paesi fortemente esposti alla volatilità dei flussi di investimento internazionale e che rimangono ancora dipendenti dalle materie prime. Anche le geografie caratterizzate da una cornice regolamentare relativamente stabile, piani di investimento pubblico-privato credibili e buone prospettive di crescita continuano ad apparire inesplorate e necessitano, in alcuni casi, di un supporto di sistema per ridurre le barriere all’entrata.
  • Queste considerazioni diventano ancor più rilevanti se si considera che il 2017 ha visto una ripresa degli investimenti in costruzioni anche sui mercati avanzati, con un’inversione di tendenza rispetto alla progressione degli emergenti, che tornano al di sotto del 60% della domanda globale. In un quadro di ottimizzazione degli investimenti in queste geografie, le infrastrutture mostrano una resilienza superiore rispetto agli altri comparti. Si tratta di un settore che vede spesso l’intervento diretto di entità pubbliche e la garanzia sovrana del paese in cui si realizza l’opera per accedere ai necessari finanziamenti. Sarà quindi importante mantenere alta l’attenzione sul rischio paese delle geografie in questione, ricorrendo alle protezioni più appropriate.

QUI il Focus completo di Sace sulle imprese di costruzione italiane all’estero

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