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Ingegneri: la filiera dell’efficienza energetica potrebbe generare più lavoro per i professionisti

L’indagine del Consiglio Nazionale Ingegneri «L’efficienza energetica dei Comuni» fotografa lo stato dell’arte del processo di attuazione della normativa energetica da parte dei comuni e individua nelle prassi operative degli enti locali una delle cause che penalizzano i professionisti del settore energetico impiantistico.
Gaetano Fede | Responsabile gruppo di lavoro Energia Cni.
Gaetano Fede | Responsabile gruppo di lavoro Energia Cni.

Gaetano Fede | Responsabile Gruppo di Lavoro Energia Cni
«L’esistenza di alcune barriere di carattere organizzativo e culturale, presenti nei comuni, a oggi impediscono l’attuazione di una reale politica energetica a livello locale che risponda agli obiettivi nazionali ed europei sul tema. Tra le conseguenze c’è la penalizzazione dei professionisti del settore energetico-impiantistico che vedono sfumare una quantità non indifferente di occasioni professionali. Viene così a mancare uno degli elementi fondamentali della filiera dell’efficienza energetica nazionale che è appunto il contributo dei professionisti».

È questo il commento di Gaetano Fede ai risultati dell’indagine «L’efficienza energetica dei comuni», realizzata dal Centro Studi Cni proprio per avere una fotografia dello stato dell’arte del processo di attuazione della normativa sul tema energetico da parte dei comuni. Lo studio è stato effettuato tra tutti i comuni capoluogo di provincia e quelli non capoluogo con più di 50mila abitanti.

Le responsabilità dei comuni

Le nuove normative europee in tema di efficienza energetica comportano maggiori responsabilità da parte dei comuni che sono chiamati ad attivarsi e organizzarsi, non solo provvedendo all’adozione di specifici modelli organizzativi o costituendo apposite strutture tecniche, importantissime a livello operativo, per l’attuazione delle misure nel territorio, ma anche dotandosi di figure professionali specialistiche in grado di gestire progetti di efficienza energetica e, allo stesso tempo, di trovare le relative fonti di finanziamento.

Uno dei primi passi  è l’individuazione di un ufficio specifico e nel 54% dei casi i comuni hanno agito su questa direttrice. Tale prassi risulta particolarmente diffusa nelle regioni meridionali (in tre quarti dei casi), meno nel nord-ovest (un terzo). Un risultato che andrebbe migliorato in tempi brevi, poiché è un buon indicatore di come la grande maggioranza dei comuni non stia effettuando il controllo della qualità energetica delle costruzioni edilizie e degli altri interventi.

Dal 2008, la Commissione Europea ha promosso il cosiddetto Patto dei Sindaci al fine di promuovere un coinvolgimento attivo degli enti locali nella strategia europea per la sostenibilità energetica. L’84,8% dei comuni vi ha aderito. Il tasso di adesione risulta ancora più elevato nel Meridione (96,3%) e nelle regioni del nord-est (94,4%).

I comuni che aderiscono al Patto dei Sindaci sono chiamati a realizzare il Piano d’azione per l’energia sostenibile (Paes) e anche su questo terreno le notizie sono positive: nel 90% dei casi i comuni che hanno aderito al Patto dei Sindaci hanno predisposto il Paes.

Italia spaccata in due

Tuttavia, solo il 47,5% dei Comuni che hanno predisposto il Paes hanno effettuato il monitoraggio biennale previsto. Il dato medio nasconderebbe un’Italia spaccata in due: se nel Nord Italia i comuni in regola col monitoraggio biennale si aggirano intorno ai due terzi, nel Meridione e nel Centro Italia si riducono a meno di un terzo. Lo strumento operativo del Paes è costituito dal Piano energetico comunale (Pec) approvato solo dal 39,2% dei comuni, nel Meridione appena il 14,8%.

I professionisti dell’efficienza energetica

La normativa, oltre a delineare gli obiettivi e indicare gli strumenti per il miglioramento dell’efficienza energetica, individua alcune figure professionali concretamente operanti nel settore dell’analisi e della certificazione dell’efficienza energetica degli edifici. In particolare i comuni devono procedere alla nomina di un Responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia (Energy Manager).

Ora, se è vero che in genere il ruolo è affidato a un laureato in ingegneria, nel 79,3% dei casi si tratta di figure in carico all’Ente, mentre solo uno su 5 è un consulente esterno. Questo risultato contribuisce ad avvalorare l’ipotesi che la nomina di un Energy manager sia interpretata dai comuni più come un adempimento formale che una risorsa per il territorio.

Per il Cni «questa situazione  genera un effetto domino che coinvolge anche i liberi professionisti che, frequentemente, si ritrovano ad asseverare richieste di titoli abilitativi secondo la vigente legislazione in materia, senza tuttavia potersi avvalere appieno del contributo degli uffici tecnici comunali designati, in quanto, come emerso dai dati, molto spesso non dotati di figure professionali adeguatamente competenti.
Inoltre, la mancanza di uffici preposti al trattamento di queste tematiche fa sì che non sia controllata la qualità energetica delle realizzazioni edilizie. In conclusione, riteniamo necessario che il Cni continui nell’azione d’informazione, sensibilizzazione e promozione nei confronti dei comuni perché le barriere individuate siano rimosse a vantaggio dell’attività degli ingegneri con specifiche competenze di settore, nonché per la collettività tutta in termini di sostenibilità ed effettiva efficienza energetica delle nostre città e del patrimonio edilizio, pubblico e privato
».  

Qui il rapporto «L’efficienza energetica nei comuni | Stato dell’arte sull’applicazione delle normative relative all’efficienza energetica da parte degli enti locali»

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