Punti di Vista | Arch. Nicola Brembilla

Innovare riusando

«... Nonostante l’unicità di ogni progetto, le pratiche del riuso fanno parte di una cultura open source legata allo scambio e all'ibridazione delle metodologie e delle esperienze. Tutto ciò è l'esatto contrario della pratica architettonica basata sull'autorialità, sul brevetto e sulla concezione di proprietà intellettuale non cedibile. Una comunità di progettisti che elabora proposte innovative e si scambia conoscenze, segna l'avvento di un nuovo paradigma, più collettivo e votato al bene comune».
Arch. Nicola Brembilla.

La quindicesima edizione della Fiera Fà La Cosa Giusta ha accolto una mostra collettiva di architettura a cura dell’associazione Giacimenti Urbani, dedicata a realizzazioni architettoniche caratterizzate dal riuso dei più svariati materiali.

Per l’occasione è stata presentata la versione italiana di Harvest Map: community web in cui aziende che offrono materiali di riuso incontrano la domanda di progettisti e costruttori sensibili al tema del riuso.

Vista l’attenzione che questa testata ha da tempo riservato alle tematiche dell’economia circolare e del riuso, si ritiene utile approfondire l’argomento con qualche riflessione.

Fino a pochi anni fa, osservando il procedere della disciplina architettonica, sembrava di vedere un film sempre uguale. Edifici costosissimi basati sull’impiego di materiali e lavorazioni industriali complessi ed energivori, successivamente conditi con tecnologie verdi dall’efficacia tutta da dimostrare. Era un nuovo eclettismo, il cui lascito è stato un solco enorme tra la bella comunicazione e l’effettiva realtà.

Oggi un rinnovato pragmatismo si sta sempre più imponendo e tra le molte sfaccettature del suo volto si fa notare l’attenzione al concetto di riuso. Riusare vuol dire utilizzare un qualsivoglia materiale prima ancora che diventi un rifiuto e che sia processato come tale. Riusare è ancor più virtuoso che riciclare. In quest’ultima modalità, avviene infatti un consumo di mezzi e risorse che nel riuso è saltato a piè pari. Alla scala più alta dell’efficientamento delle risorse, il rifiuto non esiste, qualsiasi scarto viene riutilizzato!

Il recente Decreto Sottoprodotti (Dm 13/10/2016 n. 264) ha fatto un po’ di chiarezza nella distinzione tra rifiuto e bene passibile di riuso, contribuendo a far uscire allo scoperto molte pratiche virtuose da tempo costrette in un limbo normativo.

Ma perché è così importante il riuso?

L’economia capitalista tradizionale era basata su un meccanismo di domanda/offerta in cui il valore delle cose dipendeva da una relativa scarsità d’offerta, spesso creata artificialmente. Oggi è l’obsolescenza programmata di ogni cosa che pompa il ciclo di produzione/consumo. Questo determina una quantità di rifiuti abnorme e sempre crescente.

L’industria di raccolta e smaltimento ha assunto proporzioni fuori controllo, impattando negativamente sull’ecosistema perché basata sostanzialmente su incenerimento o stoccaggio nel terreno. Il riuso mina alla base questo circolo vizioso, in favore di un uso consapevole e responsabile delle risorse.

I progetti di riuso hanno poi un fascino tutto particolare, non si possono facilmente classificare in categorie o processi industriali standard e parlano un linguaggio pop che attrae le persone comuni. I progetti di riuso hanno storie divertenti, uniche. Tra moltitudini di progetti, livellati esteticamente dalle mode imposte dai media, i progetti di riuso spiccano sempre per la loro preziosa irripetibilità.

Per stare sugli esempi olandesi esposti alla mostra, vi è il riuso delle pale eoliche dismesse, che porta irruzioni di entusiasmante e giocoso situazionismo urbano: dalle lunghe panchine che sfruttano le proprietà della resina fibrorinforzata per sbalzi mozzafiato ai parchi giochi per bambini in cui le pale divengono tunnel da percorrere!

Altro esempio è l’impiego di pannelli d’acciaio di risulta dal taglio laser. Ciò che rimane dopo l’asportazione del 70-90% della superficie sono decorazioni enigmatiche e misteriose.

Nonostante l’unicità di ogni progetto, le pratiche del riuso fanno parte di una cultura open source legata allo scambio e all’ibridazione delle metodologie e delle esperienze. Tutto ciò è l’esatto contrario della pratica architettonica basata sull’autorialità, sul brevetto e sulla concezione di proprietà intellettuale non cedibile. Una comunità di progettisti che elabora proposte innovative e si scambia conoscenze, segna l’avvento di un nuovo paradigma, più collettivo e votato al bene comune.

In ultimo, bisogna affermare che alle architetture di riuso va il merito di costare poco. In un’epoca come la nostra, in cui i budget disponibili si sono assottigliati prepotentemente, il contenimento dei costi di costruzione dell’architettura è l’unico modo per portare l’architettura oltre la nicchia di committenze economicamente abbienti, per  conquistare spazi di mercato oggi dominati da pratiche edili di bassa qualità.

Una nuova estetica, un nuovo stile è nato. Non vi è formalismo in esso, ma strette logiche dettate dal nostro tempo. Utilizzare rifiuti non porta ad architetture vestite di stracci, bensì a vesti inedite! Non è del resto caratteristica peculiare delle avanguardie quella di ripartire sempre dal basso, dallo scarto, dal periferico?

Arch. Nicola Brembilla

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