Ance Giovani | XIX Congresso Nazionale

Musica in cantiere? Quanto bisognerà ancora attendere?

I giovani sono stati i più colpiti dalla crisi che ha investito le costruzioni, determinando un vero e proprio gap generazionale nel settore. Secondo i dati Cnce (Commissione nazionale paritetica per le casse edili), dal 2008 al 2017, infatti, il numero di occupati fino a 35 anni è crollato di circa il 69%: oltre 200mila giovani in meno impiegati nelle imprese e nei cantieri. Una dinamica che ha riguardato anche la classe successiva di lavoratori tra i 36 e i 50 anni, diminuiti del 40%. Se ne è ampiamente discusso al congresso dei giovani dell’Ance nella splendida cornice di Palazzo Reale a Napoli con esponenti delle istituzioni campane, stampa, imprenditori, economisti e membri della neonata legislatura.

(l. r.) – «Costruttori al lavoro», questo il titolo che i giovani costruttori dell’Ance hanno dato al loro XIX congresso nazionale per sottolineare che è il cantiere il loro vero luogo di lavoro, dove sono chiamati a produrre valore aggiunto per le imprese e per il Paese.

E nel video che ha aperto i lavori hanno voluto rendere omaggio ai lavoratori edili con i rumori del cantiere messi in musica rimandando anche chiaramente all’artigianalità intrinseca dell’industria delle costruzioni «perché mentre ci stiamo muovendo sempre di più grazie alle nuove tecnologie verso i processi d’industrializzazione, continuiamo a realizzare (e lo faremo sempre) prodotti artigianali, perché sempre diversi l’uno dall’altro» ha commentato la presidente Roberta Vitale.

Fare il costruttore è un lavoro onorevole. #ancegiovani #costruttori #andiamoavanti #ilcantiereluogodicrescita #illavoroinsicurezza #parconuceria #nocerasuperiore #perdonodevelopment #crescereinsieme #costruttoridivalori #famiglia

Posted by Perdono Development on Friday, May 18, 2018

Roberta Vitale | Presidente dei Giovani Costruttori dell’Ance in una battuta ha ricordato alla platea la condizione che accompagna la maggior parte dei suoi coetanei nella società contemporanea: “sono un’imprenditrice del settore delle costruzioni, sono donna, sono del Sud, e sono giovane. Praticamente il Wwf è sulle mie tracce per tutelarmi perché sono una razza in via di estinzione. Senza volerlo un giorno mi sono resa conto che, senza alcun merito, racchiudo in me quasi tutte le categorie più svantaggiate del nostro Paese.

L’emorragia dei posti di lavoro in edilizia

Negli ultimi dieci anni però il settore delle costruzioni ha perso 600mila posti di lavoro che fanno coppia con il numero di imprese di costruzioni che hanno chiuso, con il numero di imprenditori che si sono tolti la vita e anche con il numero di famiglie che vivono sotto la soglia di povertà e rinunciano ad avere altri figli perché non sanno che futuro offrirgli.

«Eppure – ha ricordato Roberta Vitale – i lavoratori nel settore delle costruzioni valgono ancora più del 6% di tutta la forza lavoro occupata nell’intero sistema economico nazionale e oltre il 23% di quella occupata in tutto il settore industriale rappresentando ancora l’8% del Pil italiano, per non parlare del fattore moltiplicatore che vale 3,5 euro per ogni euro investito in edilizia».

I timidi segnali di ripresa che le imprese edili non percepiscono

L’Istat ha rilevato nel 2017 timidi segnali di ripresa nell’occupazione (+0,9% prima variazione positiva negli ultimi 10 anni), anche se i dati delle Casse Edili non li rilevano. «Questo – ha commentato Roberta Vitale – ci porta a fare una riflessione più generale sul fatto che le nostre imprese, nel 2017, non hanno percepito in termini di occupazione, di fatturato e di produzione, la ripresa. Una delle cause strettamente legate all’occupazione, è sicuramente la non corretta applicazione del contratto collettivo di riferimento, determinato il più delle volte dalla convenienza ad approdare a contratti che mostrano costi notevolmente inferiori e afferenti a comparti che nulla hanno a che vedere con la filiera delle costruzioni. Per tale ragione, già da tempo l’Ance e le parti sociali del settore stanno ragionando su soluzioni che portino al centro il riconoscimento della realtà cantiere, quale sito in cui interagiscono molteplici lavorazioni che dovrebbero essere soggette a una disciplina omogenea del lavoro. L’obiettivo è garantire pari condizioni di lavoro, soprattutto negli ambiti di formazione e di salute e sicurezza all’interno di uno stesso cantiere, pur ovviamente nel rispetto delle altrui realtà merceologiche. La sicurezza, lo diciamo da anni, non è un costo, ma un valore aggiunto per le imprese sia in termini economici che di etica. Insomma abbiamo bisogno di un contratto di cantiere».

L’occupazione in edilizia è cresciuta solo al Sud

Nel 2017, sempre secondo i dati Istat, la lieve ripresa dell’occupazione nelle costruzioni è trainata dal Mezzogiorno che segna un +2,8% rispetto al 2016, mentre il Nord cresce solo dello 0,2% e il Centro addirittura porta un piccolo segno meno. La crescita registrata nel 2017 nel Sud però non permette di compensare i forti cali degli anni precedenti: dall’inizio della crisi, infatti, il Mezzogiorno è stata l’area geografica più colpita, con un calo di occupazione che arriva fino al 35% rispetto a una media nazionale del 28%.

Dai giovani costruttori è arrivata anche la ricetta per invertire il trend negativo che da troppo tempo interessa il comparto. Ecco gli interventi prioritari che suggeriscono:

  • semplificazione delle regole, sia di finanza pubblica sia di erogazione dei fondi;
  • potenziamento dei fondi di rotazione per la progettazione;
  • snellimento della macchina burocratica italiana, attraverso la riqualificazione seria delle pubbliche amministrazioni.

«E non è un segreto per nessuno – ha concluso la Vitale – che la maggior parte delle amministrazioni pubbliche è totalmente impreparata ai cambiamenti che si stanno avvicendando nel settore. Così come lo abbiamo detto per le nostre imprese, è indispensabile concentrarsi sulla formazione della nostra pubblica amministrazione e, se necessario, favorire anche lì un naturale ricambio generazionale».

Cantiere e occupazione giovanile: – 200mila unità

In Italia, sempre secondo l’Istat, nel settore delle costruzioni, l’occupazione giovanile è stata particolarmente colpita dalla crisi. Dal 2008 al 2017 a fronte di un calo medio del 28% nell’occupazione complessiva, i giovani sono diminuiti del 55%.

Secondo le Casse Edili, questo calo arriva addirittura al 69%: oltre 200.000 giovani in meno impiegati in imprese e cantieri. Tale dinamica ha modificato la struttura dell’occupazione: sempre secondo l’Istat, se prima della crisi i giovani rappresentavano il 36% degli occupati, oggi incidono solo il 22,3%.

Praticamente, se oggi apriamo un cantiere e assumiamo 100 operai 22 operai avranno dai 18 ai 35 anni, mentre altri 78 avranno tra i 36 e i 65 anni. Questo, come ha indicato Roberta Vitale, è un grave problema.

La questione lavorativa non può che essere anche generazionale, strettamente legata a quella anagrafica, per cui l’Italia è diventata un paese per vecchi, si fanno sempre meno figli e le famiglie sono  in media un nucleo di 3 persone.

Nelle costruzioni, tutto è ancora più grave se si pensa alle difficoltà oggettive per un imprenditore di avere un capitale umano così avanti negli anni a svolgere attività complesse e faticose: non solo ne perde la produttività del cantiere, ma si mette a serio rischio l’attività stessa del lavoratore.

L’invito è a fare una profonda riflessione sul tema, insieme a tutte le parti sociali, per creare le condizioni per garantire un adeguato ricambio generazionale all’interno dei cantieri.

Come si crea nuovo lavoro?

Per i giovani imprenditori dell’Ance nuovo lavoro si crea scommettendo su alcuni punti:

  • riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori, che nel settore edile rappresenta uno delle grandi cause della fuga dal contratto;
  • detassazione o decontribuzione totale per i giovani sotto i 35 anni e parziale per quelli sotto i 49 anni, e per le donne;
  • maggiori investimenti nel mondo della formazione, sia da parte dello del Governo con una maggiore attenzione agli Istituti tecnici, sia da parte del mondo delle imprese;
  • una serie politica di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, non solo attraverso gli incentivi fiscali (e speriamo che il prossimo Governo non li elimini!), ma anche e soprattutto favorendo la rottamazione dell’edilizia obsoleta a favore di quella sicura e sostenibile;
  • una particolare attenzione alla valorizzazione dei Beni Culturali, grazie a cui un Paese come il nostro a vocazione turistica potrebbe dar lavoro a intere generazioni.
  • l’ultimo anello, quello più importante, l’unico che potrebbe dare avvio a questo processo virtuoso: un piano infrastrutturale per l’Italia.

L’Ance ha stimato un piano da 140 miliardi di euro da spendere in 15 anni costituito da risorse tutte già stanziate e ha anche individuato alcune azioni prioritarie da mettere in campo:

  • adottare una politica di bilancio più favorevole agli investimenti;
  • velocizzare le procedure di spesa dei fondi pubblici;
  • eliminare le inutili duplicazioni di passaggi decisionali tra i ministeri;
  • potenziare le strutture di missione esistenti: Italia Sicura e Casa Italia, per favorire la gestione unitaria dei programmi di spesa;
  • razionalizzare le attività di controllo della Corte dei Conti sull’operato della P.A., adottando azioni veloci e concrete.

Utilizzando il moltiplicatore elaborato dalla ricerca Ance –Istat, 1 miliardo di euro di incremento di spesa, considerando anche l’indotto, è pari a un incremento di occupati di 15.555 unità lavorative; sicché impiegando nei prossimi 15 anni l’intero plafond dei fondi si avrebbe per 140 miliardi di euro un incremento di circa 139.000 nuovi posti di lavoro ogni anno.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here