Edilizia industriale | Ex fabbrica Saviotti, Milano

Officina anni ’50 trasformata in ufficio

L’intervento di riuso della Fabbrica Saviotti, officina che produceva forni industriali, edificata a Milano all'inizio degli anni '50 e poi rimasta abbandonata, ha trasformato il fabbricato in uno spazio di coworking. Il capannone, costituito integralmente da murature e volte laterizie intonacate, è stato rivisitato con largo utilizzo di tecnologia a secco, specificatamente di telai d'acciaio.

Ci troviamo nei sobborghi nord-orientali milanesi, territori del più glorioso passato industriale italiano, dove un tempo sbuffavano vapore le ciminiere della Falck, della Breda, della Pirelli e dove ora sta prendendo forma il nuovo distretto della creatività milanese. Un quartiere senza pianificazione, una città che si reinventa a partire dai grandi capannoni vuoti. Non solo nelle grandi aree succitate ma anche e soprattutto dentro quelle piccole ma numerose carcasse edilizie abbandonate a se stesse che rendono la città un ammasso edilizio in cui la tanto osannata densità è solo volumetrica.

Gli ambienti che ridefiniscono gli spazi dell’ex Fabbrica Saviotti ora spazio destinato a coworking. Se originariamente dall’ingresso lo sguardo percorreva il capannone nella sua interezza, ora un soppalco sbarra la vista creando un rallentamento nel disvelamento dello spazio, una sorta di vestibolo che protegge l’area più interna dell’ufficio.

La ridestinazione d’uso dell’edificio

Questo progetto di architettura attua il riuso della Fabbrica Saviotti, un’officina che produceva forni industriali, edificata a Milano all’inizio degli anni ’50, rimasta poi abbandonata dopo la morte del fondatore. La funzione che ha assunto l’edificio dopo la riconversione è quella di ospitare lo spazio coworking «Unità di Produzione».

Le murature preesistenti sono state risanate e imbiancate, come se l’edificio fosse stato nuovamente adibito ad attività industriali.

L’approccio progettuale è di natura urbana: nel grande e vuoto capannone sono stati innestati elementi architettonici volti alla ricerca di una complessità spaziale che produce un processo di scoperta del luogo graduale e al tempo stesso enfatizzata. Così mentre originariamente già dall’ingresso lo sguardo percorreva il capannone nella sua interezza, un nuovo soppalco sbarra la vista creando un rallentamento nel disvelamento dello spazio, una sorta di vestibolo che protegge l’area più interna dell’ufficio. Su questo spazio d’ingresso troneggia il carroponte originale ancora funzionante.

Una scala d’acciaio d’accesso al secondo soppalco conduce alla luminosa sala riunioni.

Originariamente i forni industriali venivano montati parzialmente nel capannone e poi assemblati definitivamente nell’androne, unico ambiente servito dal carroponte. Autentici giganti d’acciaio venivano issati sui camion proprio nel punto più stretto di tutto l’edificio. L’immagine di queste meravigliose scatole d’acciaio sospese ha fatto scaturire l’idea di costruire dei soppalchi in ghisa di scatole d’acciaio sospese a mezz’aria. Solo in prossimità delle due scale toccano terra con il primo gradino mentre gli ambienti sottostanti, che racchiudono i bagni, la cucina e altri ambienti di servizio, sono chiusi da astratte vetrate biancolatte.

Stato di fatto del pavimento esistente.

Passati sotto il basso varco del primo soppalco si apre la grande aula voltata che in tutta la sua luminosità è paragonabile a uno spazio aperto, a una piazza. La campata industriale che sorregge la volta è segnata dalla scansione delle catene preesistenti che divengono l’elemento generatore della forma: i soppalchi sono dei vassoi che iniziano e finiscono in corrispondenza della prima e dell’ultima catena.

Scala montata in cantiere.

La promenade architecturale continua attraverso una scala d’acciaio d’accesso al secondo soppalco, concepita come una soglia in cui lo spazio ancora una volta si concentra prima di aprirsi nuovamente nella luminosa sala riunioni. Questa è dominata da un grande tavolo costruito con gli stessi elementi di cui è composta l’architettura e da un’astratta corte-giardino ribaltata in verticale, uno sfondamento prospettico verso i giardini circostanti controllato nelle visuali da lamelle di vetro acidato verticali. Quelli che originariamente erano gli uffici della fabbrica sono stati convertiti in un piccolo appartamento destinato agli ospiti stranieri del coworking.

Impalcato, struttura e montaggio dei soppalchi.

L’approccio estetico con cui si è affrontato il restauro dell’edificio è volutamente critico rispetto alla moda imperante di rendere le preesistenze il più possibile decadenti e dèlabrè per creare «contrasto» con il nuovo innesto architettonico. Qui tutte le murature preesistenti sono state risanate e imbiancate, come avrebbe fatto chiunque nel caso l’edificio fosse stato nuovamente adibito ad attività industriali.

Aspetti costruttivi

Il capannone risalente agli anni ’50 è costituito integralmente da murature e volte laterizie intonacate. Per marcare con chiarezza l’intervento progettuale si è utilizzata una tecnologia a secco, specificatamente dei telai d’acciaio. La struttura principale di questi telai è formata da Hea 180, mentre quella secondaria da travi Hea 120 e scatolari d’acciaio. Ogni volta che è stato possibile la struttura è stata ancorata direttamente alle murature perimetrali, creando così l’effetto di sospensione dei mezzanini. Un effetto rafforzato dal fatto che balaustre e controsoffitti sono placcature di lamiera che nascondono tutto, lasciando apparire i prismi nella loro purezza.

Fissaggio delle assi da ponte usate per la pavimentazione dei soppalchi.

Le partizioni

Le partizioni di chiusura degli ambienti sottostanti gli innesti sono risolte con un serramento frameless. Il vetro è costruito appositamente per essere opaco ma al tempo stesso lucido da entrambi i lati. Per ottenere ciò si sono retrolaccate in bianco due lastre temperate da 8 mm e solo successivamente le si è accoppiate con abbondante pvb. Il vetro trova alloggiamento in profili d’acciaio zincato a U annegati nel pavimento di cemento, mentre superiormente vi è un profilo d’alluminio tradizionale ben mimetizzato tra le lamiere in ferro. Parte del soppalco nord è stata realizzata utilizzando il vecchio carroponte degli anni ’50, ancora funzionante.

Finitura della scala in acciaio.

I pavimenti

I pavimenti dei soppalchi sono in assi da ponte (abete massello, spessore 5 cm) recuperate da un magazzino edile poco lontano. Quando la normativa ha imposto che tutti i piani orizzontali dei ponteggi fossero d’acciaio, rendendo fuori norma l’uso delle assi da ponte, molti magazzini si sono ritrovati con cataste inimmaginabili da smaltire a poco prezzo. Trattandosi in realtà di un ottimo materiale già stagionato, si è optato ben volentieri per questo dettaglio.

Per il pavimento del loft si è optato per il calcestruzzo levigato al quarzo. Questa scelta garantisce una resistenza all’usura unica nonché una velocità di posa assoluta. Avendo voluto optare per un sistema di riscaldamento a pavimento radiante è da segnalare il fatto che lo spolvero al quarzo è stato dato direttamente sopra il massetto di copertura dei tubi multistrato in cui scorre l’acqua calda. Questo dettaglio rende altissima la reattività del pavimento radiante.

Elicotteraggio del cemento al quarzo nero.

I serramenti

I serramenti esterni sono stati manipolati il meno possibile per non snaturare la natura industriale del luogo. Il portone d’accesso ha visto l’inserzione di un altro portoncino d’acciaio naturale con movimento a bilico, mentre i tamponamenti di lamiera sono stati sostituiti da vetrate acidate (Saint Gobain «Satinovo»).

Il pavimento radiante.

I lucernari di copertura sono stati restaurati, ma non essendo sufficienti a garantire un isolamento termico sufficiente sono stati raddoppiati con una vetrata isolante a controllo solare posizionata alla base degli stessi. Questa vetrata orizzontale è costituita da soli pannelli vetricamera accostati, una bandella d’acciaio applicata a silicone salva l’aspetto estetico stile «ferrofinestra». Nonostante possa apparire una soluzione grossolana, il semplice accostamento dei vetri è la tecnica che garantisce l’assenza assoluta di ponti termici e di conseguenza il più elevato potere isolante dell’involucro. Un vero ferrofinestra ad arco è invece stato creato ex-novo sul fondo del capannone.

Vestibolo.

L’impianto climatizzazione

L’impianto di riscaldamento e raffrescamento del loft si basa sulla combinazione di un pavimento radiante alimentato da caldaia a condensazione e di pompe di calore aria/aria. Trasformare un capannone industriale in un ufficio è impresa ardua: grandi altezze, nessun locale filtro con l’esterno, scarse possibilità di coibentare, ma soprattutto il fatto che per come si lavora oggi (l’unica parte del corpo che si muove sono le dita della mano) le esigenze di climatizzazione sono alte. Così il pavimento radiante crea il comfort dell’irraggiamento che sale dal basso, mentre l’aria abbatte il freddo alle altezze intermedie.

La cucina.

Durante l’inverno la caldaia funzione quasi h24 dando al pavimento una perfetta inerzia, mentre le pompe di calore funzionano solo durante la permanenza delle persone. Le unità interne dell’aria hanno una ripresa all’altezza del pavimento e una mandata in alto, questo garantisce un’ottima resa sia in estate sia in inverno. Infatti durante l’estate trattano aria l’aria più fredda, e in inverno, pescando vicino al pavimento radiante, si ritrovano nella medesima situazione di vantaggio. Tutti i macchinari, eccetto il serbatoio inerziale di acqua calda tecnica, sono posizionate in copertura.

L’impianto elettrico e la rete dati

L’ufficio ha una fornitura trifase da 20 kw, coperta da gruppi di continuità. Il controllo accessi è realizzato con una centralina il cui software è sempre attivo nel server centrale. Questa configurazione garantisce la possibilità di attivare/disattivare utenti sia con codice da digitare che con badge.

I bagni.

Chi ha fatto Cosa

Progettista e direttore dei lavori: Hypnos, arch. Nicola Brembilla
Calcolo strutture: ing. Alberto Germani, Siziano (Pv)
Impresa edile: Restauri Romeo, Milano
Impianto idraulico: Donato D’Anniballe, Paderno Dugnano (Mi)
Impianto elettrico: Ieart, Paderno Dugnano (Mi)
Pavimento in cemento: Tecnobeton, Melegnano (Mi)
Infissi interni: Serr.Tekno, Cura Carpignano (Pv)
Infissi esterni: Officine Lavezzi, Monza
Tende solari: ElleEmmeTende, Milano

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