Guida Pratica | Affresco

Palazzo Roverizio: coloriture sovrapposte

In seguito a descialbi sulle superfici in intonaco dipinto, affreschi e calce di Palazzo Roverizio a Sanremo (Im), sono venute in luce porzioni consistenti, seppur molto lacunose e degradate, della decorazione delle colonne inferiori e delle nicchie.

Il salone delle feste di Palazzo Roverizio, dimora nobiliare sorta nel XVIII secolo, presenta due diversi cicli decorativi ben distinti per tecnica costitutiva e autori, presumibilmente appartenenti a diversi momenti esecutivi, in volta con tecnica a tempera, è rappresentato il Trionfo di Bacco, come da consolidata tradizione di fonti classiche; invece il ciclo decorativo parietale, realizzato con tecnica a calce, raffigura, sotto il cornicione perimetrale, riquadri con la Favola di Psiche e Amore.
La partitura architettonica descrive la trabeazione raffigurata sotto il cornicione in scorcio prospettico; capitelli, colonne e basamenti suddividono lo spazio. Sono presenti quattro cartelle sovrapporta con medaglioni centrali, quasi ritratti, e nicchie recanti le rappresentazioni di Apollo, Diana e Mercurio raffigurati in un elegante monocromo. Una cornice dipinta, di colore grigio-rosa, ne delimita la parte inferiore.

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Il degrado. Il ciclo decorativo parietale, per buona parte oscurato da una brutta ridipintura a smalto del secolo scorso, è risultato costituito da un intonaco di calce e sabbia a base di silice ben classata con rapporto 1:3 (una parte di grassello di calce e tre parti di sabbia) a cui si sovrappone una pellicola pittorica a calce.
Lo stato di conservazione degli intonaci dipinti era discreto, nonostante si rilevasse un certo grado di deterioramento in parte legato a difetti della tecnica esecutiva, in parte a fattori ambientali.

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Esaminando le pellicole pittoriche, alcune di queste, soprattutto le campiture scure, presentavano fenomeni di decoesione, probabilmente dovuti a un’eccessiva quantità di pigmento rispetto al legante che non ha permesso di ottenere una carbonatazione ottimale.
Un altro degrado era quello relativo ai distacchi degli intonaci dipinti, rilevabili soprattutto in prossimità delle zoccolature; in queste zone l’intonaco presentava una buona coesione e una cattiva adesione al substrato, probabilmente per il fatto di aver utilizzato come arriccio gli intonaci dipinti di un precedente ciclo pittorico, che era stato martellinato in modo da offrire maggiori punti di ancoraggio allo strato di malta sovrammesso; questo fenomeno ha provocato, in zone già compromesse da altri fenomeni, la perdita di porzioni d’intonaco.

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Ai difetti tecnici si sono aggiunti i processi di degrado intervenuti a seguito di fattori ambientali (infiltrazioni causate da perdite del sistema fognario dei piani abitativi sovrastanti; le successive migrazioni d’acqua e sali all’interno della muratura) e di tipo antropico, determinati soprattutto dalle destinazioni d’uso incongrue (deposito farmaceutico, aula scolastica) e dagli interventi di manutenzione conseguenti (apertura di bucature, realizzazione di un soppalco, crene funzionali all’impiantistica, stuccature cementizie, applicazione ripetuta di tinte sintetiche).
In corrispondenza della parete ovest si trovava la zona più compromessa del ciclo: la trabeazione risultava degradata e lacunosa, l’intonaco di supporto era a vista e molta pellicola pittorica era ormai perduta; erano visibili macchie e colature di colore paglierino, oltre a efflorescenze saline.

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Gli interventi. La tecnica originaria delle decorazioni parietali è a calce, modalità che rende i colori morbidi e di particolare aspetto trasparente. L’esecuzione è stata curata nei minimi dettagli, con una buona realizzazione delle partiture, per arrivare alla finezza dei medaglioni a ritratto presenti nei riquadri e delle figure mitologiche nelle nicchie.

1. Descialbo a martellina. La messa in luce delle pareti interessate da scialbo è stata realizzata con martellina, battendo delicatamente la superficie. Sono venute in luce porzioni consistenti, seppur molto lacunose e degradate, della decorazione delle colonne inferiori e nicchie con le figure di Mercurio, Diana e Apollo in monocromo, quattro sovrapporta con ghirlande e medaglioni anch’essi monocromi e il basamento inferiore a fasce.

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2. Pulitura a bisturi. Le superfici via via messe in luce sono state pulite a bisturi, perfezionando con microtrapani digitali modulabili e spazzole di diversa durezza al fine di rimuovere i sedici strati di diverse coloriture e talvolta intonaci sovrapposti all’originale per uno spessore variabile dai due ai dieci centimetri.

3. Descialbo con compresse in acetone e bisturi. Numerose le porzioni di colore a smalto presenti anche direttamente sulla pellicola pittorica che hanno reso necessarie numerose applicazioni di compresse in acetone e paziente rifinitura a bisturi per ritrovare il colore originario sottostante.
In corrispondenza della porzione centrale delle due pareti lunghe, dove originariamente si trovava il camino (lato ovest), le analisi stratigrafiche preventive avevano individuato due vaste aree d’intonaco monocromo incoerente che, conformemente al gusto dell’epoca, erano state interpretate come spazi per ospitare «quadri da sala» o due trumeaux moltiplicanti le immagini in un avvolgente gioco di specchi.
L’attento lavoro di rimozione degli strati sovrammessi ha permesso di compiere un’emozionante scoperta: i grandi riquadri simmetrici incorniciati presenti in parete est e ovest erano in realtà dedicati ad alloggiare i ritratti di famiglia, ospitati in cornici ovali dipinte riportate sapientemente in luce, in cui sono stati ritrovati alcuni lacerti di tela; le cornici di colore giallo ocra, parzialmente mutilate, sono in intonaco dipinto e recano un’incisione su fresco.

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4. Consolidamento della pellicola pittorica. Terminata questa fase, si è proceduto a consolidare il delicato film pittorico con particolare cura nelle porzioni di colore nero, assai indebolito, tramite interposizione di carta giapponese: i bordi delle lacune, le tasche e le mancanze di adesione fra i vari strati sono stati consolidati con maltina Plm Cts per pareti.

5. Desalinizzazione. Sali, dilavamento e perdite del colore nella trabeazione rendevano illeggibile la decorazione, che è stata desalinizzata e in seguito pulita e consolidata. In corrispondenza delle stuccature in gesso è stato possibile recuperare consistenti porzioni di originale sottostante parzialmente abrase e lacunose.
Si è proceduto con martellina, bisturi e tampone per portare in luce i bordi delle lacune e attenuare poi in seguito, con la reintegrazione pittorica, il disturbo dell’abrasione talvolta profonda. Sono state effettuate le desalinizzazioni delle superfici in corrispondenza di efflorescenze saline dopo una cauta spazzolatura con pennellesse morbide.
Si sono applicate carte assorbenti con acqua demineralizzata fino a completa asciugatura. L’operazione ha permesso di assorbire i sali presenti risanando la pellicola pittorica e, almeno superficialmente, il supporto.

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6. Consolidamenti in profondità e in superficie. I consolidamenti di profondità hanno interessato tutte le porzioni in fase di distacco, praticando fori d’immissione e iniettando consolidanti specifici dopo una delicata rimozione dei detriti interni con pipette. È stato necessario effettuare di volta in volta questa operazione prima della rifinitura della pulitura per non causare la perdita dell’originale interessato e parzialmente distaccato. La delicata tecnica costitutiva a calce presentava polverizzazioni del colore che sono state risanate con un consolidamento superficiale tramite carta giapponese e a pennello.

7. Stuccature e reintegrazioni pittoriche. Nel procedere con le stuccature sulle numerose lacune di diversa estensione, entità e collocazione specifica si è operata una rigorosa scelta critica sulle porzioni ricostruibili, stuccate a livello della pellicola pittorica e reintegrate a tratteggio ad acquerello, e sulle lacune sotto livello da intonare a neutro o leggermente sottotono, realizzate a calce, con pigmenti minerali naturali in polvere disciolti in grassello di calce setacciato.
Le decorazioni mancanti a stencil del cornicione sono state realizzate anch’esse a calce, miscelando pigmenti minerali naturali in polvere con il grassello accuratamente setacciato; la ripresa pittorica è stata possibile realizzando un cartone delle porzioni integre, bucato finemente con un ago, appoggiato alla parte mancante e tamponato con pigmento in polvere per ricreare il disegno preparatorio.

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Riflessioni a margine dell’esperienza. Come in molti altri casi, la decorazione soprattutto degli ambienti interni accosta più tecniche diverse (tempera, a calce a secco, a calce a fresco) che hanno particolari e specifici effetti coloristici. A tutto questo si aggiunge la complessità d’interventi successivi che in parte, o, in alcuni casi, totalmente, si vanno a sovrapporre alla decorazione precedente.
Per esempio, nel caso esaminato, le colonne verdi sono state pesantemente ritoccate con una tempera resistente e consistente nel momento in cui si è proceduto con l’ultima invasiva ridipintura novecentesca.
La discromia fra l’originale inferiore, liberato da scialbo, che presentava colori trasparenti e una delicata nervatura a imitazione del marmo e la parte immediatamente superiore era molto evidente. Solo dopo la totale rimozione degli scialbi che interessavano la parte inferiore delle pareti si è potuto valutare l’invasiva ridipintura presente sulle parti superiori e, dopo opportuni test, attenuarla con impacchi fino a riportare un’unitarietà nella lettura delle colonne e della loro peculiarità.

Un tema complesso, questo dell’intervento in palazzo Roverizio, non solo dal punto di vista conservativo, ma anche per le scelte di reintegrazione delle lacune delle superfici decorate, che qui è stato affrontato in modo interdisciplinare.
Fin da subito, infatti, il valore aggiunto dell’intervento è stata la sinergia venutasi a creare tra le diverse figure coinvolte che, pur rendendo il percorso articolato, lo hanno arricchito di sfaccettature e di punti di vista che hanno permesso di effettuare gli approfondimenti scientifici e teorici necessari ad affrontare un contesto che, dopo l’eliminazione degli strati soprammessi (sedici strati di coloriture sovrapposte all’originale di cui due a vernice) si presentava molto lacunoso.
Una frammentarietà che però non corrispondeva a una povertà di significati ma anzi poneva il problema di ricomporre in un insieme organico le numerose fasi venute in luce, tra cui i resti della quadreria Roverizio citata dalle fonti indirette ma di cui si era persa la traccia materiale.

Testo a cura di Daniela Pittaluga

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