Punti di Vista | Maurizio Savoncelli, Presidente Consiglio Nazionale Geometri

Prestazioni professionali, si approvi la norma sull’equo compenso entro la fine della legislatura 

Il 30 novembre i Geometri insieme alla Rete delle Professioni Tecniche, di concerto con il Comitato Unitario delle Professioni, aderiranno alla manifestazione nazionale prevista a Roma a favore dell’introduzione di una misura giuridica che restituisca dignità al lavoro dei professionisti.
Maurizio Savoncelli, Presidente Consiglio Nazionale Geometri: «Complice la sopravvenuta crisi economica mondiale, le liberalizzazioni – lungi dal dare impulso all’economia del Paese – hanno contribuito a rendere fortemente squilibrato il rapporto tra il committente e il professionista, con quest’ultimo spesso privato del riconoscimento del proprio know how intellettuale. Lo stimolo più forte alla creazione o al rafforzamento del libero mercato sono regole chiare e trasparenti, unitamente a strumenti opportuni ed efficaci».

Nel ruolo di rappresentante istituzionale della Categoria ritengo doveroso intervenire pubblicamente sull’equo compenso, un tema di grande interesse per gli oltre centomila professionisti iscritti ai Collegi territoriali dei Geometri e Geometri Laureati.

E non solo per loro, perché è evidente che il tema dell’equo compenso interessi la totalità delle ventotto professioni ordinistiche, nove delle quali aderenti alla Rete delle Professioni Tecniche: oltre ai geometri, gli architetti, i chimici, i dottori agronomi e forestali, i geologi, gli ingegneri, i periti agrari e i periti industriali, i tecnologi alimentari. Sul tema, al suo interno, la voce è unica, ed è quella degli oltre 600 mila professionisti di area tecnica rappresentati.

A mio avviso, la premessa di cui sopra è funzionale a inquadrare al meglio la complessità di un tema che solo di recente si è imposto all’attenzione dell’opinione pubblica (anche grazie a qualche «forzatura» impressa alla politica), ma che è in incubazione dal 2006, quando il decreto legge Bersani-Visco sulle liberalizzazioni (n. 223) aboliva i minimi tariffari per le libere professioni.

Nel tempo, le preoccupazioni espresse dai rappresentanti dei vari ordini professionali hanno assunto concretezza, nel senso di ampliare a dismisura l’indeterminatezza (divenuta ben presto distorsione) della libera contrattazione.

Complice la sopravvenuta crisi economica mondiale, le liberalizzazioni – lungi dal dare impulso all’economia del Paese – hanno contribuito a rendere fortemente squilibrato il rapporto tra il committente e il professionista, con quest’ultimo spesso privato del riconoscimento del proprio «know how» intellettuale. A ciò si aggiunga lo squilibrio nello squilibrio, ossia l’esistenza di due differenti modalità di determinazione del compenso del professionista in relazione alla tipologia di committenza, pubblica o privata.

Nel primo caso, il correttivo al nuovo Codice degli appalti, in vigore dal 20 maggio 2017, rende obbligatorio l’uso del dm 17 giugno 2016 da parte delle stazioni appaltanti per il calcolo a base d’asta dei corrispettivi professionali nei lavori pubblici.

Ne consegue, per fare un esempio concreto, l’impossibilità di reiterare l’ormai nota iniziativa del Comune di Catanzaro – oggetto della sentenza n. 4614/2017 del Consiglio di Stato – che a ottobre 2016 ha lanciato un bando per affidare la redazione del Piano Strutturale al prezzo simbolico di un euro, prevedendo per il vincitore non un compenso ma un rimborso spese.

Pur rispettando ogni legittima critica rispetto a quanto accaduto, l’elemento da sottolineare è che la sentenza fa riferimento a un caso precedente l’entrata in vigore del correttivo di cui sopra, vero e proprio spartiacque tra un utilizzo discrezionale (a suo tempo previsto dal decreto 143/2013, il cosiddetto «Parametri bis») e l’utilizzo – oggi obbligatorio – dei parametri di riferimento.

 Diversa, invece, è la dinamica che regola il rapporto tra il committente privato e il professionista, laddove, in assenza di paramenti, la fisiologica asimmetria informativa che caratterizza il rapporto tra le parti diventa patologica, togliendo al primo qualsiasi strumento utile a quantificare il giusto onorario da corrispondere al secondo.

Qualora ci fossero dei dubbi circa la possibilità di trasformare un aggettivo qualificativo – «giusto» – in un’entità economica – «onorario» – è la Costituzione a venire in aiuto con l’articolo 36, che recita: «Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa».

Su questi principi occorre basare qualsiasi riflessione in merito a un compenso che si vuole equo, ossia rapportato (in maniera rigorosa e rispettosa) alla quantità del lavoro svolto e alla qualità della prestazione professionale. Su questi principi deve fondarsi la contrattazione tra il privato cittadino e il professionista, nella consapevolezza che la contrattazione stessa, per essere libera, non deve mancare di essere anche informata e (quindi) equilibrata.

Ciò non vuol dire mortificare la libera concorrenza, anzi: è opinione condivisa che lo stimolo più forte alla creazione o al rafforzamento del libero mercato siano regole chiare e trasparenti, unitamente a strumenti opportuni ed efficaci.

In questa direzione non mancano le «buone prassi» alle quali fare riferimento, e con soddisfazione cito, tra queste, gli «Standard di qualità ai fini della qualificazione professionale della categoria dei geometri» a cura del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati in collaborazione con UNI, l’Ente Nazionale Italiano di Unificazione.

Il documento fornisce alla committenza pubblica e privata una serie di indicazioni utili alla corretta sottoscrizione del contratto professionale e propedeutiche alla definizione dell’onorario, che deve essere determinato tenendo conto dell’importanza dell’opera in ragione della sua natura, in riferimento al costo e alla complessità delle attività professionali richieste per la sua realizzazione, alla difficoltà e alla quantità delle singole prestazioni, degli adempimenti e delle attività necessarie alla sua completa e corretta esecuzione.

Gli «Standard di qualità» sono uno strumento efficace e di grande portata metodologica, ma sarebbe un errore considerarli un antidoto all’assenza di parametri di riferimento per le prestazioni professionali: il rischio è far scemare l’attenzione sulla necessità di approvare la norma sull’equo compenso entro la fine della legislatura in corso, obiettivo che il Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati e la Rete delle Professioni Tecniche condividono non solo con gli altri ordini professionali, ma anche e soprattutto con la politica.

Sono tre le proposte di legge sull’equo compenso attualmente in Parlamento, a firma – rispettivamente – del Presidente della commissione Lavoro alla Camera Cesare Damiano, del deputato Giuseppe Berretta, del Presidente della commissione Lavoro al Senato Maurizio Sacconi: tutte insistono sulla necessità di approvare una legge che regoli il pagamento delle prestazioni mediante l’utilizzo di parametri adeguati alla quantità e alla qualità del lavoro svolto.

Ed è proprio per dare forza a queste proposte, sostenendole nell’ultimo miglio, che la Rete delle Professioni Tecniche, con l’adesione convinta del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati, ha annunciato la sua partecipazione alla manifestazione nazionale del 30 novembre, a Roma, di concerto con il Comitato Unitario delle Professioni (CUP).

La manifestazione, che chiamerà a raccolta i presidenti dei Consigli Nazionali e i dirigenti territoriali, intende connotarsi come un evento «a favore», e non «contro»: a favore dell’introduzione di parametri (e non già di tariffe minime obbligatorie); a favore di misure che tutelino il lavoro degli iscritti agli albi che svolgono una libera professione intellettuale; a favore di un quadro giuridico capace di assegnare maggiori tutele e sicurezze ai giovani, economicamente più fragili e conseguentemente più esposti al rischio mercimonio. A favore, in ultimo, dell’introduzione di una misura di giustizia, che restituisce dignità al lavoro dei professionisti.

Al «contro» una sola concessione: il fermo «no» alle richieste di alcune amministrazioni pubbliche a prestazioni gratuite. Un diniego anch’esso «tappa» di una battaglia di civiltà giuridica nella quale il Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati e l’intera Rete delle Professioni Tecniche credono fermamente.

di Maurizio Savoncelli,
Presidente del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati

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