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Prezzario unico nazionale delle opere edili: «… siamo pronti ma manca ancora l’ultimo miglio»

Un eventuale prezzario nazionale sarebbe sicuramente uno strumento in possesso di una regia centrale e istituzionale ma la «proprietà intellettuale», a tutti gli effetti, è di coloro che ne usufruiscono, ovvero professionisti, imprese e produttori di materiali. Sono proprio loro che hanno il know-how per poterlo produrre magari tutti assieme, Federcostruzioni, Rtp (Rete Professioni Tecniche), Uni con la collaborazione di Ministeri, Provveditorati e Regioni, ovvero tutti coloro che lo usano quotidianamente; solo così si riqualifica la domanda per riqualificare l’offerta.
Un eventuale prezzario nazionale sarebbe sicuramente uno strumento in possesso di una regia centrale e istituzionale ma la «proprietà intellettuale», a tutti gli effetti, è di coloro che ne usufruiscono, ovvero professionisti, imprese e produttori di materiali.

Come spesso accade negli ultimi anni tra i mesi di maggio e luglio in Italia si moltiplicano iniziative, seminari e convegni nel mondo delle costruzioni.

In luglio, per esempio, si è tenuto all’Ance a Roma, un seminario, seguito da una tavola rotonda, dal titolo: «Edificio 4.0, costruire digitale per un’Italia più sociale, più sicura, più sostenibile» durante il quale è stato presentato il manifesto di Federcostruzioni con le 10 proposte per la rigenerazione Urbana e una Riqualificazione Immobiliare del nostro paese.

Prendiamo spunto da un passaggio, nel corso della tavola rotonda, della presidente di Federcostruzioni, l’imprenditrice edile napoletana Federica Brancaccio per fare una riflessione. «In Italia non esiste un prezzario con voci comuni, ogni regione, ogni provveditorato ha le sue voci.

C’è un problema di linguaggio

In effetti nonostante i passi avanti non si è ancora arrivati ad avere un’unica codifica né per le voci descrittive delle lavorazioni né per i codici di riferimento. Con il regolamento appalti del 2010, tutte le regioni hanno tentato di adeguarsi. Ma lo sforzo è stato più proteso a ottemperare formalmente alla legge che a ottenere un’innovazione sostanziale.

Gli sforzi per cercare una codifica comune sono stati diversi. Ora lo sforzo più consistente, attraverso la norma Uni 11337 e la piattaforma Innovance sembra andare nella direzione giusta. L’Italia, per la prima volta in Europa, ha realizzato una piattaforma che raccoglie i dati del mondo delle costruzioni e mette questo modello a disposizione dell’Europa.

C’è un problema di coesione del sistema

L’arch. Alberto Pavan, professore al Politecnico di Milano e Coordinatore del tavolo nazionale sulla norma Uni sul Building Information Modelling ha esposto l’importanza di questa piattaforma rimarcando il fatto che nel nostro paese c’è bisogno di coesione e convergenza oltre che del supporto da parte delle istituzioni, in quanto risulta sempre molto difficile sedere a tavoli europei senza il supporto di tutta la filiera di settore del paese e delle sue istituzioni.

In Italia se non ci si slega dalla logica della cogenza non si arriverà mai a una convergenza tra sistema legislativo e sistema normativo. La legge italiana e le norme, a patto che non ci arrivino dall’Europa e quindi dai tavoli dell’En, riconosce le norme Uni come norme volontarie.

Questo spiega, anche se solo in parte, come mai non si uniformino codici e descrizioni delle lavorazioni e codici e descrizioni delle risorse elementari che compongono le analisi dei prezzi.

Un primo passo in avanti si sta tentando tramite la convenzione tra Anac e Istat per avere un controllo sulle variazioni dei prezzi su base annua, tramite una sorta di standardizzazione, ma questo passaggio potrà avverarsi, in maniera concreta, solo in fase di monitoraggio e controllo, dopo aver redatto una base dati unica.

Sarebbe bene ricordare che i prezzari di rifermento per le opere pubbliche contengono delle indicazioni medie. Infatti, rimane sempre in capo ai progettisti la facoltà di aumentare o diminuire i prezzi in base a opportune considerazioni di progetto (per esempio: quantità, distanza, difficoltà di fornitura…).

Un eventuale prezzario nazionale sarebbe sicuramente uno strumento in possesso di una regia centrale e istituzionale ma la «proprietà intellettuale», a tutti gli effetti, è di coloro che ne usufruiscono, ovvero professionisti, imprese e produttori di materiali.

Sono proprio loro che hanno il know-how per poterlo produrre magari tutti assieme, Federcostruzioni, Rtp (Reti Professioni Tecniche), Uni con la collaborazione di Ministeri, Provveditorati e Regioni, ovvero tutti coloro che lo usano quotidianamente; solo così si riqualifica la domanda per riqualificare l’offerta.

E poi, oggi c’è la questione della digitalizzazione

Il Comune di Milano, in collaborazione con la Regione Lombardia (come ha ricordato il Provveditore, ing. Pietro Baratono (già padre del decreto sulla digitalizzazione delle costruzioni in Italia), presente alla tavola rotonda di Federcostruzioni, sta sperimentando già da tempo un prezzario digitale, che contiene Tag legati ai materiali dei quali sono composti gli oggetti parametrici dei modelli Bim.

In realtà oltre alla sperimentazione, una parte di esso è già stata pubblicata ed è in continuo sviluppo. Potrebbe essere questo un punto di partenza da usare come benchmarking per un futuro prezzario nazionale 4.0?

Quali potrebbero essere quindi i primi passi verso un’auspicabile standardizzazione a livello nazionale?

  1. Codificare a livello nazionale (codici e descrizioni) delle risorse elementari (materiali, noli, manodopera) creando una correlazione tra codici, voci e componenti degli oggetti parametrici Bim.
  2. Codificare a livello nazionale (codici e descrizioni) delle lavorazioni creando una correlazione tra codici, voci e oggetti parametrici Bim.
  3. Definire a livello nazionale delle incidenze unitarie medie (quantità) delle risorse elementari su ogni lavorazione.
  4. In seguito si potrebbe pensare di restituire annualmente a ogni Regione (dopo un passaggio Anac-Istat) i prezzari di riferimento codificati, in un’ottica Open Bim che a loro volta coinvolgeranno gli stakeholder locali, che aggiorna i prezzi unitari delle risorse elementari, aggiornando così automaticamente i prezzi delle lavorazioni. Oppure rendere operativa una piattaforma nazionale (che potrebbe diventare europea) dove poter attingere ed elaborare dati partendo da una codifica comune.

La presidente Brancaccio al termine della tavola rotonda ha affermato inoltre: «L’innovazione della filiera delle costruzioni è talmente tanto interdisciplinare da aver bisogno di una filiera delle istituzioni Ministeriali altrettanto variegata. Bisognerebbe infatti provare a ragionare su una serie di azioni congiunte interministeriali».

L’innovazione digitale, passaggio cruciale e delicato

L’innovazione digitale nella filiera delle costruzioni è cosa molto delicata e necessita di un’azione comune, in maniera tale da evitare gaffe a livello di visione anche di breve periodo.

Basti pensare per esempio al dm 49 del 2018 (decreto Direzione Lavori) che da un lato obbliga nella contabilità dei lavori pubblici a usare programmi informatici che usino un formato aperto, dall’altro non cita le firme digitali da adottare sui documenti ufficiali tipici della pratica amministrativa contabile.

E la dematerializzazione della P. A.? Potrebbe essere una soluzione quella d’istituire un ministero ad hoc, ovvero, quello della digitalizzazione (come stanno facendo alcuni stati europei) che funga da raccordo tra i vari ministeri o magari creare un’apposita commissione speciale alle «dipendenze» del ministero dello sviluppo economico che potrebbe essere interlocutore unico con tutti gli stakeholder nazionali sui temi di innovazione e digitalizzazione.

Il messaggio portato dall’ing. Dimitri Dello Buono, capo segreteria tecnica del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti scritto dal Ministro Danilo Toninelli, sembra far ben sperare. È una questione di tempo: bisogna fare presto.

di Antonio Ortenzi, Project Manager

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