Punti di Vista | Prof. Michele Beccu, studio Abdr

In continuità. Nuovi musei tra costruzione e contesto

La tipologia museale mostra una rinnovata vitalità, soprattutto nella diffusione di piccoli musei di alta qualità, legati a contesti locali. Questa produzione museale più recente torna alla costruzione di pareti e a una rinnovata cura dei materiali come strumenti efficaci per garantire la continuità con l'ambiente costruito, e veicola un'espressione rinnovata e gioiosa.
Michele Beccu | Docente Università Roma Tre e socio Abdr.

(Cil 176) – A dispetto delle ricorrenti e paventate crisi delle tipologie architettoniche consolidate, si registra una rinnovata vitalità del tipo del museo, che continua a godere di una fortuna incessante.

In tutto il mondo si continuano a costruire nuovi musei, si rinnovano e si ampliano quelli esistenti, dotandoli di nuovi spazi funzionali e integrazioni impiantistiche. Si ricavano nuovi luoghi espositivi nei manufatti storici e nelle fabbriche abbandonate.

Le grandi istituzioni museali aprono sedi decentrate, come il Louvre di Abu Dhabi di Jean Nouvel [1], e i paesi una volta ai margini del grande circuito museale realizzano opere eclatanti e di alta qualità, come il Museo di Arte Islamica di Ieoh Ming Pei a Doha, in Qatar. Tutte le grandi città investono ingenti risorse nel potenziamento del loro sistema museale. Questa corsa all’aggiornamento, mossa da ragioni di natura mercantile e spettacolare talvolta, nasconde però motivazioni più profonde, che interessano le politiche culturali e l’identità delle città.

La trasformazione di Berlino in una nuova ‘Atene sulla Sprea’, vagheggiata da Karl Friedrich Schinkel nel suo vasto progetto urbanistico, la creazione a Monaco di un sistema museale coerente, incentrato sulla Alte Pynakoteke e sulla Neue Gypsoteke, a opera di Leo von Klenze [2], sono solo i primi episodi di un processo di ridefinizione del programma simbolico e monumentale che quasi tutte le capitali europee hanno compiuto.

Con la realizzazione dei grandi musei di Stato, la sistemazione delle raccolte archeologiche e d’arte, si forma e si consolida «il carattere delle grandi città, cosa vogliono essere, quale messaggio simbolico e culturale vogliono trasmettere al mondo». Il sistema museale risulta essere, pertanto, sempre più intrecciato coi temi della custodia e della valorizzazione del patrimonio artistico delle nazioni.

Peter Zumthor, Columba Museum, Colonia 2007.

Per un secolo intero, dunque, la tipologia del Museo d’arte oscilla tra il richiamo agli archetipi e la sperimentazione di nuovi modelli.

Il progetto critico avviato dalle schematizzazioni modulari di Jean-Nicolas-Louis Durand si evolve in un intenso lavorio progettuale, che ha trasformato l’idea museale da puro luogo dell’esporre a macchina urbana, contenitore di un fluire incessante.

Le grandi opere di Mies, di Kahn, di Wright fissano categorie spaziali universali che segnano ancora la costruzione dei musei: la grande aula, il reiterarsi di gallerie voltate, il percorso dinamico come esperienza dello spazio [3].

Una vivace mescolanza di tipi, di sperimentazioni progettuali, di invenzioni spaziali caratterizza i nuovi spazi per l’arte; inoltre, le nuove condizioni di produzione dei manufatti artistici, e delle forme della loro conservazione, rendono possibili inedite forme museali.

Una originale e inusitata struttura è lo Schaulager (2003), alla periferia di Basilea, progettato da Jacques Herzog & Pierre De Meuron, un volume materico che appare estruso direttamente dalla terra: un sofisticato contenitore polifunzionale rivolto al collezionismo più esigente, ma anche centro di ricerca, luogo di incontro e di promozione culturale.

E cosa dire dell’originale mescolanza tra produzione del design più èlitario, centri di documentazione e ricerca, e sedi aziendali d’autore del Vitra Design Museum? Un’esperienza fruitiva certamente impensabile anche pochi decenni fa [4].

A partire dagli anni ’90, inoltre, si avverte un nuovo fermento: la diffusione di musei per l’arte dal carattere fortemente specialistico e sperimentale, spesso dedicati all’opera di un singolo autore, o incentrati su una tematica specifica. Si tratta quasi sempre di piccole strutture, con poche sale, e si trovano spesso in piccole città di provincia, distanti dai grandi circuiti urbani.

L’area di maggiore concentrazione di questi piccoli musei è l’Europa centrale, tra Svizzera, Austria e Germania. Un aspetto che li caratterizza è l’essere costruiti con forme semplici, scatolari. Semplici parallelepipedi involucrati con un taglio nettamente stereometrico: un gioco di ‘scatole’ che giustifica la corrente definizione di «White Box» [5].

A questa apparente semplicità corrisponde invece una complessità di aspetti compositivi e costruttivi, la loro giacitura, il loro rapportarsi al suolo. Un progenitore di questi piccoli, appartati musei è «La Congiunta» (1992), a Giornico, intenso omaggio, quasi un laconico memoriale, dedicato da Peter Markli al maestro svizzero-tedesco Hans Josephsohn.

Un radicale manufatto con tre spazi coperti a quote differenti, immerso in un fondo valle. Privo addirittura di impianti e servizi, si offre al pubblico nella sua nudità: senza apparati, senza custodi, senza forme di accoglienza, è possibile solo un’assorta contemplazione delle opere bronzee.

Gli architetti svizzeri Gygon & Guyer si sono invece specializzati nella realizzazione di spazi museali dedicati a grandi artisti: tra gli altri, il Kirchner Museum a Davos, diafana composizione volumetrica dedicata al grande maestro espressionista, e il volume seghettato in titanio dedicato a Carl Liner ad Appenzell. La minuscola collezione privata Goetz di Monaco (1992) degli svizzeri Herzog & De Meuron è diventata un piccolo classico, nella sua enunciazione del “kubus” espositivo. L’ambigua natura del blocco – appoggiato al suolo o parzialmente interrato – dissimula invece una costruzione complessa e affascinante.

Herzog & Pierre De Meuron, Tate Modern, Londra 2016.

In modo distinto rispetto a questa tendenza generalizzata, si fa strada anche la rivalutazione del tema della stanza, e della scatola muraria, come unità generatrice dello spazio espositivo. La stanza riconduce il carattere del museo al principio originario del muro come elemento massivo e chiudente.

La serie di piccoli volumi cubici scalati della galleria cittadina di Marktoberdorf (2000), dello studio Bearth & Deplazes è un antesignano di questo ritorno. La scatolarità monomaterica del mattone bruno è declinata con sapienza, e interessa anche le pareti espositive, che rinunciano alla retorica del «tutto bianco».

La densità materica e l’accortezza delle apparecchiature murarie, rese particolarmente attraenti dall’uso innovativo del laterizio, diventano operazioni capaci di generare risultati spaziali ed espressivi nuovi, come testimoniano i casi del presente fascicolo. La lezione che Zumthor offre a Colonia, nel Museo Kolumba, lavorare sulla specificità del tipo di mattone adoperato, vuole innanzitutto perseguire nella pratica la Weiterbauen, la costruzione in continuità con l’antico, non semplicemente evocarla. Lì, il gigantesco mantello fittile che tutto avvolge, tiene unita la diversità delle cose. Nei casi trattati nel presente numero di Costruire in Laterizio, quella lezione è accolta e sviluppata.

Il mattone lavato del Museum Luthers, a Eisleben, il nuovo ampliamento del Kunstmuseum di Basilea, le sperimentazioni di tessitura nella Fondazione Yves Saint Laurent a Marrakech, all’Hansemuseum di Lubecca costruiscono una serena continuità con l’intorno costruito, senza rinunciare a testimoniare la loro appartenenza alla contemporaneità.

Michele Beccu,
Professore Associato
presso il Dipartimento di Architettura dell’Università 
Roma Tre,
dove insegna Progettazione architettonica e Teorie dell’architettura.
Membro del Collegio dei docenti del Dottorato di Ricerca in
«Architettura: Patrimonio e Innovazione».
È socio dello Studio ABDR Architetti Associati, con cui ha realizzato residenze, opere infrastrutturali e museali. Svolge una costante attività di riflessione teorica e progettuale, riportata in numerosi saggi e pubblicazioni scientifiche.

Note

[1] Le sfide dell’architettura 03, Musei e Spazi per l’arte. Focus: Louvre Abu Dhabi, Rizzoli Corriere della Sera Media Group, Milano 2018
[2] P. Bonaretti, La città del museo. Il progetto del museo tra tradizione del tipo e idea di città Edifir, Firenze 2002
[3] M. Beccu, A.B. Menghini, A. Zattera, Le forme del Museo. Ragionamenti ed esercizi didattici (Archinauti|Quaderni della didattica, 72), Gangemi Editore, Roma 2017
[4] G. Longobardi, Manuale di progettazione – I Musei, (Tecnotipo), Mancosu Editore, Roma 2007
[5] M. D’Alfonso, Come lo spazio trasforma l’arte. Come L’arte trasforma lo spazio, Silvana Editoriale, Milano, 2016, e anche S. Pujia, Dal cubo bianco al cubo nomade. Pratiche di decostruzione dell’istituzione museale, Sensibili alle foglie, Roma, 2017

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