Editoriale | Livia Randaccio

Qualità urbana, sviluppo sociale ed economico

Gli interventi sulle nostre città possono essere il punto di partenza per la ripresa del paese. In alcune città i progetti di riqualificazione hanno preso avvio dalla necessità di rinnovo di quartieri marginali e degradati che andavano acquistando una nuova centralità grazie alla ricollocazione di edifici e funzioni pregiate. In altre si è colta l’occasione di eventi per riprogettarne intere parti.

«Giusta la strada tracciata da Enrico Letta, presidente del Consiglio dei ministri, sulle priorità del nuovo Governo. Da questa situazione eccezionale di crisi si esce riconsegnando all’edilizia il ruolo di motore della crescita». Così Paolo Buzzetti, presidente dell’Ance, commentando il discorso programmatico che il neo premier ha illustrato in Parlamento.

Livia Randaccio, direttore editoriale Imprese Edili e impresedilinews.it

Per Buzzetti sono quattro i punti fondamentali su cui dovrà concentrarsi il nuovo Governo nei suoi primi 100 giorni e che anche il nuovo premier ha indicato come priorità se davvero si vuole riportare il Paese sui binari della crescita: completare il cammino dei pagamenti dei debiti della PA alle imprese anche nel 2014, rilanciare un piano delle infrastrutture a cominciare dalle piccole e medie opere di manutenzione del territorio per evitare le tragedie di frane e alluvioni, promuovere interventi di edilizia scolastica, garantire l’accesso alla casa e intervenire per riqualificare le città.

Paolo Buzzetti, presidente Ance.

Su quest’ultimo tema proprio Buzzetti con Leopoldo Freyrie (ai vertici del Consiglio nazionale degli architetti) e con Vittorio Cogliati Dezza (presidente di Legambiente) avevano inviato una specifica richiesta alle rappresentanze politiche: «Non c’è crescita senza lo sviluppo e l’ammodernamento delle città ed è per questo che chiediamo al nuovo Governo di dare un segnale concreto in questo senso e di prevedere un dicastero dedicato alle città. Occorrono impegni seri e responsabilità precise in tema di politiche urbane che da oltre 20 anni sono state escluse da qualsiasi investimento e intervento, colpa di una politica economica che non ha sostenuto a sufficienza le piccole e medie imprese e i professionisti e che non ha puntato sulle politiche della crescita.

Graziano del Rio, neo ministro degli Affari regionali e autonomie.

Gli interventi sulle nostre città possono essere il punto di partenza per la ripresa del Paese. La politica delle alleanze da cui prende le mosse il nuovo Governo noi l’abbiamo già attuata predisponendo e lanciando insieme, tra l’altro, il progetto «Riuso» per la rigenerazione urbana sostenibile e Urban Pro «Patto per le Città», sottoscritto insieme a Confcommercio e Union Camere. Tutto ciò finalizzato ad attivare piani e progetti in grado di garantire qualità urbana, sviluppo sociale ed economico oltre che, attraverso una buona architettura, uno sviluppo del vivere civile». Comunque sia, qualità urbana, sviluppo sociale ed economico sono al centro di altre, numerose riflessioni tendenti a sviluppare «la città contemporanea» con l’obiettivo di raccogliere case history, esempi costruttivi, linee progettuali necessarie per informare e orientare gli amministratori pubblici, gli operatori e i tecnici della progettazione in previsione di oculate scelte urbanistiche.

A Roma il 27 giugno. Esempi di queste riflessioni saranno fornite il prossimo 27 giugno presso il Dipartimento di architettura dell’Università Roma Tre dove si terrà «Pics public identity common space: strumenti, progetti, azioni e sguardi per nuove identità dei paesaggi nei quartieri di edilizia pubblica negli anni ‘60-‘80». Appuntamento promosso dal gruppo di ricerca Living urban scape (Lus) attivatosi in una call for papers legata alla qualità dell’abitare nelle periferie residenziali costruite in Europa in quei 20 anni (’60-’80) del ‘900. In particolare, per gli organizzatori dell’iniziativa, la rigenerazione degli spazi aperti può significare il primo passo di una volontà e della conseguente strategia di recupero che integri «le componenti fisiche, spaziali, ambientali con quelle sociali e comportamentali». Buzzetti, Cogliati Dezza e Freyrie evidenziavano la necessità di «impegni seri in tema di politiche urbane» che da più di 20 anni sono state escluse da investimenti e interventi.

La città contemporanea. Un approfondimento utile per cercare di capire e delineare questa mancanza di politiche urbane ci può arrivare dalle considerazioni di Serena Vicari Haddock (insegna sociologia urbana all’Università di Milano-Bicocca) espresse nel volume La città contemporanea (Il Mulino) quando scrive che «due tipi di politiche hanno caratterizzato l’intervento pubblico sulle città negli ultimi due decenni per poi vederne la declinazione specifica in diverse aree urbane e mettere in evidenza l’articolazione delle politiche e le diverse azioni esplicate dalle città. Il primo tipo di politica riguarda i progetti di grande scala: si tratta di progetti di trasformazione di parti rilevanti del tessuto urbano che, per dimensioni e tipologia architettonica hanno modificato in modo significativo il profilo della maggioranza delle città europee. Il secondo tipo di politica va sotto il titolo di politiche integrate, gruppo di politiche che affrontano il problema dell’esclusione sociale».
Restando nel campo dei grandi progetti di rinnovo urbano la Vicari ci ricorda che proprio negli ultimi 20 anni la maggior parte delle città europee ha lanciato una nuova politica urbana su progetti di rinnovo di importanti parti del proprio territorio.
Questi progetti sono stati presentati all’opinione pubblica come strategie necessarie per il rilancio economico delle città, per rispondere alla crescente competizione per gli investimenti e per permettere alle città di giocare un ruolo di attrattività internazionale. In sostanza, è proprio quello che ancora oggi si chiede al Governo e alla pianificazione territoriale da parte della pa.

Serena Vicari Haddock, prof.ssa Università di Milano – Bicocca.

Progetti di grande scala. Spesso gli interventi ricordati dalla professoressa Vicari sono diventati dei fiori all’occhiello dell’amministrazione pubblica ed hanno concentrato su di loro ingenti investimenti. I progetti di grande scala hanno riguardato principalmente zone della città un tempo sedi di attività industriali ora dismesse.
La deindustrializzazione delle città, creando vasti vuoti urbani, ha determinato opportunità di sviluppo che questi progetti sono tesi a cogliere. In alcune città i progetti hanno preso l’avvio dalla necessità di rinnovo di quartieri marginali e degradati che andavano acquistando una nuova centralità grazie alla ricollocazione di edifici e funzioni pregiate.
In altre si è colta l’occasione di eventi per riprogettare intere parti delle città a partire da una nuova dotazione di infrastrutture per il trasporto e la viabilità.
Per esempio Lisbona, dove è stato predisposto il progetto di scala più grande e forse di maggior successo di tutte le grandi città europee: il progetto Expo 98 è stato l’occasione per lanciare un piano di rigenerazione di una vecchia area industriale e portuale nella città dove sono stati localizzati gli spazi espositivi. Tra gli obiettivi raggiunti il completamento di una fase che si è protratta fino al 2009 e che ha comportato la costruzione di nuove aree residenziali, commerciali e terziarie che ha riutilizzato alcuni degli edifici e delle infrastrutture costruite per l’esposizione.
Anche Berlino, dove si è scelto di sviluppare una nuova città della scienza e dell’economia creando aree multifunzionali in cui far coesistere in modo integrato istituti di ricerca, facoltà dell’università Humboldt, uffici, aziende hightech, residenze. Con una visita costante di questo sito (cliccando la sezione progetti) si può notare l’aggiornamento che proponiamo sulle trasformazioni urbane, sui progetti e sugli assetti urbanistici di alcune città italiane (piccole e grandi che siano) dove grandi quartieri, centri culturali, espositivi e direzionali, parchi tecnologici, insediamenti sportivi, sono diventati (o stanno divenendo) il fulcro di programmi di rigenerazione urbana ed hanno condotto a una radicale trasformazione di parti significative della città. Questi progetti «sono connotati da edifici dalle forme ad alto contenuto evocativo e simbolico che richiamano la rinnovata vitalità dell’economia locale, il suo avanzato sviluppo tecnologico, la dimensione culturale e internazionale della città. Attraverso un insieme di edifici si vuole costruire anche un’immagine nuova per la città. Per queste costruzioni…vengono chiamati i migliori architetti a livello internazionale che firmano prima la concezione complessiva del progetto e in seguito la realizzazione architettonica degli edifici».
Con i loro nomi, ci spiega in sintesi l’autrice de“La città contemporanea”, conferiscono visibilità e prestigio dissipando al contempo eventuali conflitti tra gruppi interessati ad un diverso uso del territorio o rivalità tra progettisti.

Periferia italiana. È doveroso segnalare un altro lavoro che ha passato puntualmente in rassegna le politiche, i programmi, le esperienze illustrando nel dettaglio i piani urbani di diverse città e i vari interventi di risanamento, riqualificazione e recupero fornendo utili dati su stanziamenti e criteri seguiti. Si tratta dell’agile ma completo volume «Periferia italiana» scritto da Lorenzo Bellicini (direttore del Cresme) e Richard Ingersoll (docente a Berkeley, a Firenze e alla facoltà di architettura di Ferrara). Davvero una miniera di informazioni da conoscere per comprendere cosa si è fatto ma soprattutto cosa è rimasto immobile a scapito della crescita delle città e dello sviluppo dell’economia.

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