Guida Pratica | Conservazione

Restauro dei metalli della Cappella dei Suffragi del Pantheon di Staglieno

La Cappella dei Suffragi del Pantheon del civico cimitero di Staglieno a Genova è stata oggetto di un intervento di restauro, in particolare tutti i manufatti metallici presenti nella chiesa: il portone principale, i portoncini laterali, le lampade, i lampioni e tutte le ringhiere.

Nel 2001 la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della Liguria ha iniziato un intervento di restauro del Pantheon, realizzando la pulitura dell’altare principale, la pulitura e ripresa di stucchi e il restauro di alcune delle colonne in marmo nero all’interno della chiesa.

Tra il 2003 ed il 2004 il Pantheon è stato oggetto contestualmente di due interventi di restauro realizzati, con due finanziamenti distinti, dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della Liguria e dal Comune di Genova.

Il Comune ha eseguito i lavori di restauro dei due campanili laterali sul retro, dei due cavedi tra chiesa e campanili, dello scalone e dei locali sottostanti, mentre la Soprintendenza ha completato l’intervento già iniziato nel 2001.

In questa seconda fase sono stati oggetto d’intervento anche tutti i manufatti metallici presenti nella Chiesa: il portone principale e i portoncini laterali, le lampade, i lampadari e i lampioni e tutte le ringhiere. In particolare in questa scheda vengono descritte le operazioni eseguite su questi elementi metallici.

Dettaglio della porta bronzea dell’accesso principale dopo il restauro.

I materiali

La porta bronzea. La porta bronzea centrale, costituita da una struttura in travi e pannelli di noce rifasciati di lamine e rilievi di bronzo (2 ante per complessivi m.4,94×2,36), è stata realizzata tra il 1872 e il 1878, quelle laterali sono state messe in opera molto più tardi, nel 1940 e, riprendono semplificandolo, il sistema costruttivo di quella centrale. Il portone ottocentesco è migliore per fattura, materiali e tecnica costruttiva: tutte le lastre sono applicate con chiodi e perni di rame ad una imponente struttura lignea che rimane a vista nella controfacciata interna della chiesa.

Le porte ferree laterali. Le porte laterali, assai più semplici e piccole (m 2,15×1,09), presentano lamine inchiodate con chiodi di ferro a un semplice pannello ligneo.

Le lampade e i lampioni. Le lampade e i lampioni sono composti da più materiali: elementi in bronzo patinato e quelli dorati con bagno galvanico, e la presenza di alcuni elementi decorativi, come i pendagli e i nodi dei cordoni, realizzati in latta a stampo dorata a missione.

La ringhiera esterna alla base della cupola. La ringhiera del parapetto è in ghisa.

La ringhiera alla base della cupola è stata pulita e tinteggiata con due mani di smalto opaco grigio molto scuro.

Fenomeni di degrado

I tre portali presentavano prima del restauro differenti problemi. Quello centrale era caratterizzato da una spessa crosta verdastra assai decoesa e poco aderente al supporto, mentre quelli laterali presentavano forti disomogeneità a causa di un protettivo filmogeno d’ignota composizione, che aveva provocato un’alterazione cromatica della superficie metallica.

Mentre le condizioni delle strutture lignee non erano preoccupanti, e modeste erano le sconnessioni e le mancanze degli elementi metallici, destava preoccupazione la spessa patina alterata del portale centrale.

Dalle analisi effettuate presso il laboratorio della Soprintendenza è emerso che il campione era costituito da un vero e proprio strato pittorico e non da una semplice crosta di alterazione del rame; si è, infatti, individuata una successione di film protettivi e pitturazioni applicati in almeno due fasi distinte, sia a scopo estetico che protettivo.

Quello che sembrava un unico omogeneo livello è risultato essere una composizione assai eterogenea, in cui strati di sali di rame si succedevano a film oleo resinosi inglobanti particelle metalliche di bronzo più o meno alterato, oltre a vere e proprie coloriture contenenti una varia casistica di materie pigmentanti.

Si è effettuata anche una verifica con lo spettrofotometro IR, che ha rilevato soltanto la presenza di carbonati e solfati di rame senza dare ulteriori ragguagli sul legante e sui pigmenti. I dati erano comunque sufficienti per interpretare lo strato come un rifacimento e si è proceduto con la sua asportazione.

Si sono identificati pigmenti contenti: zinco (bianco di zinco), piombo (minio e biacca), cromo (giallo di cromo), solfato di bario (bianco di bario), un livello di alterazione composto da cloruro di rame fissato all’interno di un film organico, oltre a cariche e inerti di vario tipo tra cui fedelspati alcalini, silicati e quarzo.

Effettuate diverse saldature e imperniature migliorando l’aggancio della ringhiera al ballatoio.

Dalle indagini è quindi emerso che, sopra la patinatura protettiva originale scura, con il tempo si era formato uno stato d’alterazione disomogeneo, di colori verde e rosso marroncino.

Questo era stato fissato con vernice e/o olio siccativo prima di essere omogeneizzato con una generale ridipintura, successivamente questo strato di alterazione si era riformato in superficie e quindi era stato replicato il trattamento.

L’ultima di queste fasi di ridipintura risale sicuramente all’epoca della posa in opera delle due porte laterali esterne, nel 1940 contestualmente furono omogeneizzate le patine dei tre portoni. In sintesi dunque i problemi maggiori sui vari elementi metallici erano:

La porta bronzea dell’accesso principale

  • cloruri di rame ma anche solfati e carbonati erano presenti all’interno dello strato pittorico;
  • strato di pittura sul portale in bronzo di eccessivo spessore con cretti e fessure e in buona parte disgregata. Distacco della pittura dalla lamina bronzea e in alcune parti mancanza del materiale per caduta dello stesso. La disgregazione di questo strato pittorico era stata causata dal suo eccessivo spessore, sul quale i fenomeni di ritiro e crettatura, causati dall’invecchiamento del materiale e dalle dilatazioni termiche del supporto, hanno avuto un effetto devastante;
  • ultimo, ma non meno importante, l’effetto delle condizioni termoigrometriche esterne sulla coesione della coloritura; quest’ultima, infatti, è realizzata con tecniche e materiali non propriamente idonei. Il materiale, di conseguenza, ha subito fenomeni di contrazione e una totale perdita di elasticità; questo ha determinato la disgregazione della pellicola pittorica e la caduta dal supporto con conseguenti vistose mancanze. Un elemento positivo è che questa pittura non ha avuto nessuna reazione chimica con il supporto e quindi in buona parte si è anche preservata la patina originale del bronzo. Solo in alcuni punti molto limitati sono emersi sulla superficie bronzea piccole alterazioni della patina.
A intervento eseguito è stato possibile apprezzare nuovamente l’alternanza tra gli elementi in bronzo patinato e quelli dorati con bagno galvanico.

Portoncini metallici di accesso laterale

  • irreversibili alterazioni del metallo;
  • le lamine di metallo in parte distaccate dalla struttura lignea;
  • presenti piccole mancanze di materiale.

Lampadari e lampioni

  • sui lampadari e sui lampioni non si sono riscontrati particolari fenomeni di degrado a eccezione di un deposito diffuso, in alcune aree anche piuttosto aderente e compatto.
  • ringhiera esterna alla base della cuppola
  • fenomeni di ossidazione diffusa;
  • in molti punti allentate saldature.

L’INTERVENTO DI RESTAURO

  • Asportazione residui di pittura degradata. La ridipintura della Porta bronzea non è stata mantenuta, sia per lo stato di conservazione, sia per l’effetto negativo sulla percezione del modellato: lo strato nei punti di maggior accumulo raggiungeva i 2-3 mm di spessore. Inoltre la presenza del cloruro di rame all’interno dello strato pittorico era pericolosa per la conservazione del bronzo. La sua asportazione è stata relativamente facile, perché i materiali erano piuttosto recenti e avevano ancora una spiccata solubilità nei confronti dei solventi e degli sverniciatori decappanti. L’operazione ha però richiesto alcune settimane di tempo per la completa eliminazione a bisturi dello spesso strato annidato negli interstizi del modellato.
  • Omogeneizzazione della patina sul bronzo. Laddove questa patina era lievemente alterata ne è stato omogeneizzato il colore pigmentando la cera di protezione che è stata stesa su tutto il portone.
  • Protezione con cera.

Intervento sui portoncini metallici laterali

  • con chiodature e incollaggi sono state fatte riaderire le lamine distaccate dalla struttura lignea.
  • sono state effettuate piccole integrazioni per colmare le mancanze presenti utilizzando resine ricomponenti pigmentate; dove necessario sono stati realizzati anche calchi di elementi simmetrici e modulari.
  • su tutto il metallo è stato applicato un protettivo (Incralac) specifico per leghe di rame.
  • per smorzare l’eccessiva lucentezza del protettivo precedentemente steso, è stata applicata una cera sintetica protettiva.
A intervento eseguito è stato possibile apprezzare la presenza di alcuni elementi decorativi, come i pendagli e i nodi dei cordoni, realizzati in latta a stampo dorata a missione.

Intervento sui lampadari e lampioni

  • Smontaggio delle otto lampade.
  • Pulitura con tamponature e dove necessario con impacchi di bicarbonato d’ammonio in carbossimetilcellulosa, con tempi di applicazione da 30 a 60 minuti; in alternativa la pulitura è stata ottenuta con immersione in soluzione satura di bicarbonato d’ammonio. Nei punti in cui il deposito era più consistente si è integrato pulendo a bisturi.
  • Abbondanti sciacquature con acqua deionizzata.
  • Successivamente è stato eseguito un trattamento con Incralac e cera (come nei portoni metallici). Per le lampade si è ritenuto di non procedere a particolari integrazioni cromatiche. I lampioni che circondano l’altare maggiore sono stati accuratamente spolverati e lievemente lucidati con un velo di cera microcristallina.

Intervento sulle ringhiere

La ringhiera alla base della cupola è stata pulita con una sabbiatrice, successivamente è stata trattata con un convertitore di ruggine e infine tinteggiata con due mani di smalto opaco grigio molto scuro. Tale colore è stato scelto in base ai risultati dei test di pulitura. Sono state effettuate diverse saldature e imperniature ed è stato migliorato l’aggancio della struttura al ballatoio.

Glossario

Incralac. Protettivo incolore, trasparente a base di Paraloid e benzotriazolo in particolare per il rame e le sue leghe (bronzo e ottone). Forma un film trasparente, brillante molto elastico e resistente alle variazioni termo-igrometriche. Il suo contenuto di inibitori di corrosione e derivati del benzotriazolo permette anche un’azione passivante superficiale.
Doratura con bagno galvanico. È una tecnica, usata per lo più in ambito industriale, che permette di ricoprire un metallo non prezioso con un sottile strato di un metallo più prezioso o più nobile o passivabile sfruttando la deposizione elettrolitica. Questo processo viene solitamente sfruttato per proteggere strutture metalliche dalla corrosione, ma può anche avere scopo decorativo. Ad esempio tramite galvanostegia è possibile ricoprire il rame con l’argento oppure l’acciaio con zinco, stagno, nichel o cromo. Gli spessori d’oro variano da 0,1 μm per scopi decorativi-protettivi a 1000 μm per oggetti elettroformati; la loro durezza ha un campo da 65 a 89 kp/mmq ma può raggiungere anche i 400 kp/mmq nelle elettrodeposizioni in lega con altri metalli. Per dorature sottoposte a pressioni sono sufficienti di solito durezze dell’ordine di 90 kp/mmq. I bagni di doratura si possono raggruppare:

  • bagni al cianuro, che danno luogo a depositi di oro puro, molto teneri), per lo più usati a fini decorativi;
  • bagni usualmente al cianuro, da cui l’oro viene depositato come lega (soprattutto Au/Cu, Au/Ni, Au/Ag), in tinte dal bianco al rosso, con durezze fino a 250 VPH e con eccellente resistenza all’usura, specie se contiene Sn o Sb; bagni acidi (pH 4-5,5) che forniscono depositi virtualmente puri (Co in tracce), lucidi, con durezze 110-115 VPH;
  • bagni noti come «Neutral or acid fine gold processes», a base di citrati, fosfati, citrati fosfati (pH 6,2-6,8), che danno luogo a depositi per lo più non porosi, con durezze 100 110 Vph;
  • bagni di recente messa a punto di tipo acido , che danno a freddo depositi di particolare struttura (durezza 180 Vph), e di tipo alcalino senza cianuro, che realizzano depositi lucidi, duttili con durezze di 100-250 Vickers. Non vi è una diretta relazione fra durezza e resistenza all’usura, questa essendo legata alla struttura del deposito (nel caso delle leghe oro-rame), alla sua rugosità superficiale ed alla sua ‘tenacità’ (intendendo con quest’ultimo termine inglese toughness) ciò che in metallurgia viene chiamata potenza normale (working power) di un metallo e definito come il prodotto della resistenza a trazione per l’allungamento. Secondo Fluhmann rivestimenti meccanicamente tenaci, con buona resistenza all’usura nonché alla corrosione e buone conducibilità elettrica e termica sono le leghe ternarie di oro a contenuto relativamente elevato dei due metalli non nobili.

Doratura a missione. La missione è uno speciale composto usato per applicare la doratura su parti ridotte: era una tecnica usata prevalentemente nel XVIII secolo, per impreziosire piccole parti di dipinti. È necessario isolare il fondo della tavola con qualche stesura di colore acrilico, da levigare una volta conclusa l’applicazione. La missione è una colla di olio di lino, resina e pigmenti, che va distribuita con cautela con una o due mani di pittura, usando un pennello piccolo e morbido. Oggi esistono anche missioni viniliche, più rapide da applicare dato che non necessitano di pre-asciugatura, ma il cui effetto è meno luminoso. Una volta applicata si lascia asciugare parzialmente (fino a 12 o 24 ore) e si sovrappone la foglia d’oro. Premendo con del cotone si fa aderire su tutta la superficie, dopo di che si spolvera con un altro pennello morbido per togliere le impurità. È una tecnica di applicazione più semplice, ma è inadatta a grandi coperture. Un altro limite è l’impossibilità di effettuare la brunitura, data la mancanza del bolo sottostante, che impedisce di ottenere un effetto molto brillante. È detta anche doratura a mordente.

Chi ha fatto Cosa

Settori operativi: interventi sui manufatti metallici della chiesa
Esecuzione in cantiere (1 lotto e 2 lotto): primo lotto, n. 2/2000 del 23/2/2000 Cap. 7704, secondo lotto, n. 37/SL/01 del 5/3/2003 AF 2001 cap. 7704 del 23/2/2000 Cap. 7704
Rup: arch. Liliana Pittarello, arch. Gianni Bozzo
Progettista e direttore lavori: ing. Rita Pizzone
Collaboratori alla progettazione e direzione dei lavori: restauratori sigg. Paola Parodi e Stefano Vassallo
Coordinatore per la sicurezza: arch. Augusto Marchioni
Ispettore di cantiere: arch. Michele Cogorno (Collaboratori Rup Arch. Michele Cogorno e sig. Giuseppe Burgio)
Alta Sorveglianza (1 lotto e 2 lotto): soprintendente Liliana Pittarello, soprintendente Maurizio Galletti

Riflessioni a margine dell’esperienza di cantiere

L’intervento di pulitura meticolosa ha permesso d’individuare le condotte interne del gas che alimentavano le fiammelle. Grazie a queste condutture è stato possibile collegare la lampada centrale alla rete elettrica della chiesa con un nuovo impianto elettrico a norma. Inoltre a intervento eseguito, ad esempio sulle lampade, è stato possibile apprezzare nuovamente l’alternanza tra gli elementi in bronzo patinato e quelli dorati con bagno galvanico, e la presenza di alcuni elementi decorativi, come i pendagli e i nodi dei cordoni, realizzati in latta a stampo dorata a missione.

di Daniela Pittaluga,
Università di Genova, Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio

Per saperne di più
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della Liguria (a cura di), La cappella dei Suffragi Pantheon del civico cimitero di Staglieno. Studi e Restauri 2001-2004, prefazione di Rita Pizzone, Ideazione e supervisione di Rita Pizzone, ricerche di Luce Tondi, Paola Parodi, Stefano Vassallo, redazione del testo di Stefano Vassallo, Rita Pizzone e Paola Parodi, ed. Ape, Genova 2004.

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