Cna Lombardia

Riforma del sistema fiscale, liberalizzazioni e contenimento della spesa pubblica

Per Cna è chiaro come, ben oltre il dovere, nel medio e lungo periodo, di una riforma del lavoro, il significato di tale provvedimento andasse letto nella prospettiva di lanciare un segnale importante ai mercati internazionali, incrementando la credibilità del nostro paese e scongiurando il rischio di una bancarotta.

Risultati

Entro questo quadro complessivo, Cna ha operato prevalentemente in chiave di contenimento dei costi aggiuntivi che la riforma introduce a carico delle imprese, riuscendo a raggiungere risultati nel rispetto delle specifiche esigenze del comparto artigiano:
per il finanziamento dell’Aspi, la conferma di un’aliquota contributiva ridotta per i contratti a tempo indeterminato del comparto artigiano (0,40% anziché 1,31%);
per l’apprendistato, l’esclusione delle imprese fino a 9 dipendenti dall’applicazione dei limiti numerici previsti per le assunzioni dei nuovi apprendisti (limiti per i quali un imprenditore può assumere nuovi apprendisti solo se conferma il 50% degli apprendisti già in forza);
la conferma del ruolo formativo dell’impresa e dell’apprendistato come forma di contratto prevalente per l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro;
il contenimento del range delle indennitĂ  di licenziamento nei limiti tradizionali (2-6 mensilitĂ ) per le imprese con meno di 15 dipendenti, scongiurando il range previsto per le imprese non artigiane (15-29 mensilitĂ );
il riconoscimento legislativo del ruolo della bilateralitĂ  artigiana, che dovrĂ  concorrere al finanziamento dei nuovi ammortizzatori sociali;
l’eliminazione della necessità di una causale per l’instaurazione del primo contratto a termine.

I limiti da superare

Inoltre, Cna da tempo ha messo in luce alcuni limiti della riforma che andranno nel tempo corretti:
la parziale maggiore flessibilità in uscita va a incrementare il ruolo discrezionale dei giudici nelle controversie di lavoro, minacciando un aumento dei tempi e dei costi del licenziamento, nonché una condizione di maggiore incertezza per chi fa impresa in Italia;
una parziale maggiore flessibilità in uscita si accompagna, in tutti i Paesi europei in cui il mercato del lavoro funziona, a un forte investimento su politiche attive coerenti con la domanda di lavoro e i fabbisogni formativi dell’apparato produttivo.
Il capitolo delle politiche attive è invece assente dalla riforma Fornero. La Riforma non ha sufficientemente semplificato il diritto del lavoro in Italia, quando è noto che una legislazione semplice, lineare e leggibile è un requisito fondamentale per attrarre investimenti esteri sul mercato del lavoro italiano.
Francesco Palladini (responsabile relazioni sindacali Cna Lombardia) ha considerato che “si tratta di un intervento necessario che lascia però aperti alcuni grandi interrogativi per consentire al Paese di avviare un reale processo di crescita.

Il primo è quello relativo alla riforma del sistema fiscale con i rischi che derivano da un aumento dell’imposizione in una fase così difficile. Il secondo è quello di un reale intervento a favore della concorrenza con liberalizzazioni che interessino ordini e monopoli. Il terzo è quello di un effettivo contenimento della spesa pubblica che rappresenta il vero handicap del Paese”. (Giovanna Ferraresi)

 

 

 

 

 

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