Punti di vista | Monica Garavaglia

Riqualificazione urbana e presa in carico del ciclo di vita degli edifici

Non trascuriamo che il patrimonio immobiliare ha subito il forte degrado che presenta anche a causa della scarsa manutenzione che gli hanno inflitto ceti sociali incapaci di porre contrasto al processo strutturale di obsolescenza dei manufatti.

Tecnici e specialisti dell’edilizia dibattono con forte intensità le tematiche inerenti la ricerca, la progettazione e le «cantierizzazioni» che vanno predisposte per sanare ampi tessuti urbani del Paese.

Monica Garavaglia
impresa edile Garavaglia srl.

Gentile direttore, Sig.ra Livia Randaccio, fra i meriti che reputo spettino a Lei, come alle associazioni di categoria (costruttori, pmi, rappresentanze di categorie professionali…), vi è quello di aver evidenziato con rigore e continuità le problematiche della riqualificazione degli spazi urbani.

Tecnici e specialisti dell’edilizia dibattono con forte intensità le tematiche inerenti la ricerca, la progettazione e le «cantierizzazioni» che vanno predisposte per sanare ampi tessuti urbani del Paese. L’elemento che a mio parere risulta essere indispensabile per affrontare il tema è la ristrutturazione intesa come valorizzazione dei patrimoni immobiliari significativi e intesa come fattore di qualificazione ed integrazione dei contesti urbani.

Purtroppo in Italia vi sono aree di edilizia residenziale degradata che non favoriscono interventi riqualificatori. Con frequenza sulle riviste è stato riportato il commento dei costruttori (Ance, Api, Cna …) che hanno posto al centro del loro discutere il tema delle aree di edilizia residenziale degli ‘50 e ’60; edilizia che aveva fin dall’inizio una bassa valenza architettonica e che al giorno d’oggi è in forte degrado. Si tratta di situazioni che necessitano di interventi più complessi rispetto a delle semplici operazioni di risanamento e di tecnica urbanistica. Un intervento di riqualificazione urbana non va considerato come una pura operazione tecnica. Mi chiedo pertanto come si possa al giorno d’oggi promuovere un’operazione di riqualificazione urbana capace di gestire il complesso processo di vincoli edilizi e sociali che l’operazione comporta.

Quartiere di edilizia popolare, San Siro a Milano.

Mi chiedo come si faccia a considerare lo spostamento di un gran numero di unità della popolazione di una città senza intervenire sul processo di costruzione dell’identità socio-culturale di un sito, sul senso di appartenenza di questa popolazione e sui processi di partecipazione caratteristici del sito stesso e della società ivi residente. Pensiamo a certe realtà urbane e località turistiche che hanno subito un enorme processo di cementificazione con il risultato di avere un panorama architettonico deturpato, afflitto da interventi di edilizia residenziale banale o addirittura «brutta», con una qualità architettonica che possiamo definire di serie, dove la personalizzazione accentuata del prodotto abitazione da parte dei progettisti e dell’utente finale rischia di divenire trash.
Pensiamo, inoltre, alle centinaia di centri storici e di borghi rurali italiani che sono stati circondati da quartieri periferici di casermoni.
Non facciamo l’errore di considerarli produzioni legate al funzionalismo di Le Corbusier; l’edilizia residenziale degli anni ‘50 rischia semmai di passare alla storia dell’architettura come la propaggine dell’edilizia e dell’architettura tipica dei paesi dell’Est.

Come pensiamo si possa porre rimedio a questa architettura insipida? Quali interventi di lifting necessitano per rendere presentabili questi manufatti e questi agglomerati urbani? Non trascuriamo che il patrimonio immobiliare ha subito il forte degrado che presenta anche a causa della scarsa manutenzione che gli hanno inflitto ceti sociali incapaci di porre contrasto al processo strutturale di obsolescenza dei manufatti.

Quanti progettisti, amministratori o imprenditori troviamo che hanno considerato l’esaurimento del ciclo vitale dell’immobile stesso?

La mancanza della manutenzione e del processo riabilitativo dell’immobile (quasi sempre assente nel panorama edilizio italiano) ha pesato e sta pesando oltre misura sul patrimonio architettonico nazionale con il conseguente risultato di centri urbani e centri storici privi di originalità e di un’appropriata conservazione.

Nel salutarla, la ringrazio se vorrà favorire il dibattito su quanto da me espresso e le porgo le mie felicitazioni per le sue esaurienti riviste che favoriscono una sempre maggiore e rinnovata conoscenza degli aspetti urbanistici, tecnici e costruttivi del settore residenziale.
Monica Garavaglia, Impresa edile Garavaglia srl

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