Edilizia rurale alpina | Val di Rezzalo, Sondalo, Sondrio

Riuso come rifugio per le vacanze conservando l’architettura rurale nei suoi caratteri originali

Il cantiere ha voluto assumere una valenza dimostrativa, testimoniando la fattibilità di un intervento conservativo anche in condizioni molto precarie della preesistenza. Il progetto è stato infatti patrocinato dall’associazione Furfulera per lo studio, la conservazione e la valorizzazione delle dimore rurali italiane, che ha già realizzato altri interventi sul patrimonio rurale alpino in Val Tartano e nelle Orobie valtellinesi.

L’intervento di recupero descritto in queste pagine è stato realizzato tra il 2013 e il 2017 in Val di Rezzalo, vallata laterale della Valtellina nel territorio di Sondalo (So). Siamo in una zona di confine, dove sono presenti sia costruzioni interamente in legno con struttura a Blockbau, afferenti a tradizioni costruttive nordiche, sia costruzioni in pietra, tipiche delle vallate meridionali delle Alpi.Si tratta generalmente di stalle, fienili e alloggi temporanei storicamente utilizzati durante le migrazioni stagionali di mandrie e pastori verso gli alpeggi. Nel Novecento, con la crisi dell’allevamento tradizionale, abbandoni e interventi inappropriati (come demolizioni e ricostruzioni in stile) hanno violentemente modificato il carattere del paesaggio d’alta quota. Si tratta oggi di difendere i pochi manufatti che ancora testimoniano un paesaggio storico che va scomparendo.

Il cantiere ha voluto assumere una valenza dimostrativa, testimoniando la fattibilità di un intervento conservativo anche in condizioni molto precarie della preesistenza. Il progetto è stato patrocinato dall’associazione Furfulera per lo studio, la conservazione e la valorizzazione delle dimore rurali italiane, che ha già realizzato altri interventi sul patrimonio rurale alpino in Val Tartano e nelle Orobie valtellinesi.

Le murature in pietra a secco hanno richiesto un’opera di consolidamento che garantisse la stabilità dell’involucro e della copertura. Uno dei caratteri che si è cercato di conservare è quello della forte consistenza muraria, con pochissime aperture di dimensioni limitate.

Stato di fatto

La baita oggetto d’intervento consisteva in una stalla con fienile sovrapposto, con strutture murarie in pietra a secco e copertura in legno. All’interno presentava un solaio con una sola trave rompitratta e palanche di larice. La struttura del tetto era anch’essa costituita da travi sbozzate di larice, travetti di larice e assito.

La copertura originaria era in scandole di larice a spacco, nel tempo parzialmente sostituite con lamiere zincate ondulate. La dimensione dei blocchi di pietra delle murature era notevole, fino a rasentare l’aspetto di un muro ciclopico. Le pietre erano inoltre ricoperte, sul lato nord, da licheni rossi. Notevole appariva anche la dimensione della trave di colmo in larice, con un diametro superiore a 40 centimetri.

L’edificio nel 2013 era in precario stato di conservazione. La copertura era in gran parte crollata e le scandole di larice superstiti erano cadute all’interno, mentre un displuvio in lamiera, aggiunto probabilmente negli anni ’60, ancora proteggeva la trave di colmo.

Il piano seminterrato era originariamente adibito a stalla, con un’altezza del soffitto molto esigua e a misura di bovino (circa 160 centimetri). La stalla era completamente priva di finestre e vi si accedeva da una porta molto bassa, dal lato verso valle. Il piano superiore era adibito a fienile, con una cucinaccia (una cucina rustica molto spartana) ricavata in un angolo.

L’accesso al piano rialzato avveniva dal lato verso monte, sfruttando la topografia del terreno per superare il dislivello. Erano presenti solo due piccole finestre, di circa 50 centimetri di lato, che servivano ad aerare il fienile più che a dar luce all’interno. Non esisteva la canna fumaria, il fumo della stufa usciva da un foro praticato nel muro. L’edificio si presentava nel 2013 in precario stato di conservazione.

La copertura era in gran parte crollata a causa del deperimento del manto. Le scandole di larice superstiti erano cadute all’interno, mentre un displuvio in lamiera, aggiunto probabilmente negli anni ’60, ancora proteggeva la trave di colmo.

Esposti alle intemperie, anche gli orizzontamenti interni erano in gran parte crollati. L’interno della baita era in stato di completo abbandono. Le uniche parti originarie dell’edificio che si conservavano in buono stato erano le murature perimetrali in pietra e la trave di colmo.

Il tema del riuso si è posto insieme e non in contrasto rispetto al desiderio di alterare il meno possibile il manufatto originario nella parte esterna.

Linee generali del progetto

Tra gli obiettivi del progetto c’era quello di conservare un’architettura rurale nei suoi caratteri originali, armoniosamente integrati col paesaggio. Si è dunque tentato di mantenere intatto l’involucro esterno in muratura di pietra a secco, limitando al massimo nuove aperture o altre modifiche del tessuto murario esistente.

Venuta meno la funzione agricola, l’utilizzo da parte del committente come rifugio per le vacanze, a pochi chilometri dalla residenza di fondovalle, appariva come unica possibilità di recupero. Il programma è stato quello di ricavare un alloggio minimo che permettesse brevi permanenze nei mesi estivi. Il tema del riuso si è posto insieme e non in contrasto rispetto al desiderio di alterare il meno possibile il manufatto originario nella parte esterna.

La nuova copertura ha mantenuto la medesima sagoma e la stessa orditura dell’originale.

Le dotazioni abitative richieste erano infatti essenziali e commisurate ai brevi periodi da trascorrere nel rifugio. Non v’era la pretesa, in altre parole, di realizzare i comfort normalmente previsti per le seconde case delle località turistiche. Per consentire l’abitabilità degli spazi si è operato dall’interno, ricavando entro l’involucro esistente una cellula abitativa.

Nel rifacimento della copertura, purtroppo perduta, si è tentato di riproporre una tipologia di tetto che richiamasse i tratti dell’originale copertura in scandole di larice. Il progetto si è fondato sul bilanciamento tra conservazione e contemporaneità.

Questa mediazione ha mirato a un risultato unitario, nel tentativo d’integrare il rispetto dell’autenticità materiale dell’edificio storico, la sua immagine di dimora rurale e la relazione dialettica con gli elementi della nuova cellula abitativa interna. Un altro criterio seguito nel restauro è stato quello del riciclo e del riuso dei materiali della precedente costruzione.

La trave di colmo è stata conservata e sono state aggiunte altre travi stondate in larice come dormienti e terzere.

Consolidamento strutturale e risanamento

Le murature in pietra a secco hanno richiesto un’opera di consolidamento che garantisse la stabilità dell’involucro e della copertura. Tale consolidamento è stato realizzato dall’interno, costruendo una controparete in calcestruzzo nella parte seminterrata.

La contro-muratura ha garantito stabilità al muro controterra, che presentava qualche spanciamento, ed è stata sfruttata per l’appoggio delle travi in legno di larice del soppalco interno. Le parti di muratura fuori terra sono state riparate (con metodo scuci e cuci) e in parte ricostruite con la tecnica della pietra a secco.

Superiormente è stata posata una lamiera grecata graffata. Le contropareti interne hanno una geometria precisa, contrapposta all’andamento irregolare dei muri in pietra, e sono rivestite con intonaco di calce.

L’interno dell’edificio era molto umido, con infiltrazioni d’acqua dagli interstizi della muratura. Si è preferito evitare uno scavo in trincea sulla parte esterna fino all’altezza delle fondazioni, per scongiurare cedimenti della muratura esistente e per via della contiguità con una strada vicinale.

È stato quindi realizzato un drenaggio superficiale per limitare la penetrazione di acqua verso il seminterrato, mentre per sanare in modo definitivo il problema dell’umidità nel seminterrato è stata realizzata un’ulteriore controparete in muratura all’interno della contromuro in calcestruzzo, con un intercapedine di areazione. Tale controparete, che occupa tre lati del piano seminterrato, è stata infine rivestita con un intonaco di calce, mentre le restanti pareti interne conservano la pietra a vista.

Per ovviare al problema dell’umidità di risalita dal terreno, si è realizzato un vespaio areato sotto il piano di calpestio interno. Approfittando dello scavo, è stato realizzato un ribasso di circa 30 centimetri della quota di pavimento, ottenendo un’altezza interna consona alle nuove esigenze abitative.

I pavimenti del piano seminterrato sono in listoni di larice, con un breve stacco dalle murature esistenti in pietra.

Aperture e illuminazione

Uno dei caratteri che si è cercato di conservare è quello della forte consistenza muraria, con pochissime aperture di dimensioni limitate. Le aperture sono state mantenute il più possibile fedeli all’originale, commisurando tuttavia questa intenzione all’esigenza di ottenere una buona illuminazione naturale degli ambienti interni.

La porta d’ingresso al seminterrato, sul lato est, è stata mantenuta nella posizione originale, incrementando di 20 centimetri l’altezza. Le due finestrelle superiori sono state invece mantenute in dimensioni pressoché analoghe alle precedenti, anche se sono state rifatte le spalle e gli architravi. È stata realizzata una nuova piccola apertura sul lato sud, poco visibile e piuttosto defilata.

La porta d’ingresso al piano rialzato è stata mantenuta nelle dimensioni, anche qui con un leggero incremento d’altezza. Entrambe le porte sono state dotate di ante in legno di larice con apertura verso l’esterno e di una porta finestra completamente vetrata verso l’interno.

Realizzazione degli interni.

In tal modo l’illuminazione degli spazi interni è risultata notevolmente incrementata, avendo guadagnato tramite le porte circa 4 metri quadrati di superficie finestrata. Per incrementare ulteriormente l’illuminazione interna, sono stati infine installati due tunnel solari che portano luce al seminterrato.

Esternamente, sulla copertura, sono visibili solo due piccoli oblò, mimetizzati entro il manto di copertura. Si è evitato di frazionare eccessivamente lo spazio interno, in modo da sfruttare uniformemente l’illuminazione naturale disponibile, proveniente soprattutto dal piano rialzato.

L’esigua altezza interna ha inoltre sconsigliato la realizzazione di due piani abitabili e suggerito l’organizzazione di un unico ambiente abitabile a tutta altezza, con una parte a soppalco nella metà controterra. Una soluzione che si rifà alla tipologia dei fienili con soppalco, detti “crapene”, presenti in questa zona delle Alpi.

Copertura e canne fumarie

La nuova copertura ha mantenuto la medesima sagoma e la stessa orditura dell’originale. La trave di colmo è stata conservata e sono state aggiunte altre travi stondate in larice come dormienti e terzere. L’orditura secondaria è costituita da nuovi correnti in larice di sezione 11 x16 cm, su cui è posato un assito di tavole in larice maschiate con superficie interna a vista.

Superiormente è stata posata una lamiera grecata graffata, su cui si sono fissati i listelli per la posa del nuovo manto in scandole di larice. Le acque meteoriche sono raccolte da due grondaie in legno di larice, sporgenti di circa un metro dalla linea di facciata e scaricanti direttamente al suolo. L’edificio, come già ricordato, era privo di canne fumarie. È questa una caratteristica importante delle dimore rurali in molte aree alpine, ma che è irrealistico riproporre in un’abitazione contemporanea. Per la nuova cellula abitativa si è resa infatti necessaria l’installazione di due canne fumarie, una per il camino e l’altra per la stufa economica.

Si è pensato di collocare il camino nella parte centrale della cellula abitativa, sia perché questo consente una più razionale diffusione del calore, sia perché questa caratteristica si avvicina maggiormente alle tipologie tradizionali di camini presenti nelle Alpi. Ciò ha ovviamente comportato la realizzazione di fumaioli sulla copertura.

Scartata l’opzione di un vero e proprio comignolo in muratura, che con la sua pesante mole avrebbe segnato il carattere esterno dell’edificio, si è preferita l’istallazione di due piccoli fumaioli in rame. Questi due elementi si connotano chiaramente come aggiunte, anche se con la loro leggerezza non risultano troppo invadenti e non compromettono la pulizia di disegno della copertura.

Servizio igienico e impianti

Sotto il soppalco, al piano seminterrato, è stato ricavato un piccolo locale bagno/servizio igienico dotato di lavabo, doccia e wc. Il locale è separato da una parete divisoria in legno e da una porta recuperata dalla preesistente «cucinaccia». L’illuminazione è integrata da un tunnel solare, mentre l’areazione è garantita da una finestrella comunicante con una griglia esterna. In una baita di montagna le dotazioni impiantistiche sono semplici e spartane.

In questo caso si sono limitate all’allacciamento all’esistente acquedotto, tramite una derivazione dal pozzetto dell’esistente fontana collocata poco più a monte, e alla realizzazione di un impianto di smaltimento delle acque reflue. Le acque grigie e nere sono convogliate mediante una tubatura interrata in una vasca settica monolitica di tipo Imhoff, dimensionata per 4 persone.

La fossa è del tipo a tenuta stagna, escludendo ogni rischio di inquinamento della falda. È stato installato un caminetto monoblocco con canalizzazione per la diffusione del calore e una cucina economica con boiler integrato per la produzione di acqua calda sanitaria. I due apparecchi sono in grado di temperare l’ambiente nelle giornate fredde d’estate o nei mesi primaverili e autunnali, quando la baita potrebbe ancora essere utilizzata.

Finiture interne

Sulle murature a secco, nella parte esterna, si è evitata la stilatura dei giunti e si è avuto cura di conservare la naturale sedimentazione di licheni rossi sul lato nord. Sul lato interno delle murature, per realizzare un minimo isolamento, la stilatura dei giunti è invece stata eseguita con malta di calce. Le ante e i serramenti in larice sono lasciati al naturale, così come il manto di scandole in copertura.

Le finiture interne si distinguono invece come elementi di un progetto contemporaneo, denunciando la loro natura di elementi aggiunti. I pavimenti del piano seminterrato sono in listoni di larice, con un breve stacco dalle murature esistenti in pietra.

Le contropareti interne hanno una geometria precisa, contrapposta all’andamento irregolare dei muri in pietra, e sono rivestite con intonaco di calce. Il pavimento del soppalco è in assoni di larice, come i gradini della scala interna con struttura in legno. Il parapetto del soppalco è realizzato con montanti in ferro grezzo e trefoli d’acciaio.

Riciclo e riuso | Arredo con i materiali della preesistenza

Gli elementi di arredo sono realizzati recuperando pezzi e materiali dalla preesistenza. Il tavolo della cucina è realizzato reimpiegando il telaio del vecchio portone per le gambe e il portone stesso come pianale, sormontato da un cristallo temperato. La cucina riutilizza per la struttura e gli sportelli i resti delle travi del tetto e del solaio interno, al di sopra dei quali è gettato un piano in cemento grigio lisciato e trattato con resina trasparente. In generale, tutto il legname recuperato all’interno della precedente costruzione è stato riutilizzato per la realizzazione di arredi o serramenti, secondo una filosofia di riciclo come pratica creativa.

Planimetria generale di progetto e prospetti di contesto.

Aree esterne

Le sistemazioni esterne hanno cercato di mantenere l’integrazione armoniosa tra l’edificio e l’andamento naturale del circostante pascolo, evitando di aggiungere pavimentazioni esterne, recinzioni e altri elementi estranei. Sul lato nord sono stati conservati gli esistenti gradini in pietra, semplicemente appoggiati sul terreno, che superano il dislivello tra l’accesso al piano seminterrato e quello al piano rialzato.

Dettaglio costruttivo.

Chi ha fatto Cosa

Per le parti in muratura, per le opere di consolidamento e per la posa dell’orditura principale della copertura sono stati coinvolti artigiani locali.

In particolare, l’opera di ricucitura, consolidamento e ricostruzione di parti della muratura in pietra a secco è stata possibile grazie all’abilità degli artigiani provenienti dalla vicina frazione di Frontale, custodi di un sapere che si tramanda da generazioni, ma che rischia oggi di scomparire.

Sono artigiani che ancora sanno scegliere a colpo d’occhio tra pietre di diversa natura, intuire la vena attraverso cui spaccarle, individuare il masso più idoneo per comporre il mosaico.

Il montaggio dell’orditura principale del tetto, visti i pesi da movimentare, si è svolto con l’aiuto di una squadra di muratori-carpentieri e con l’ausilio di una piccola gru, trasportata in loco con mezzi fuoristrada. Altre operazioni sono state eseguite da artigiani locali, come riportato nell’elenco qui sotto.

Sezione trasversale prima-dopo il restauro.

Progetto, direzione lavori, opere di falegnameria: arch. Giacomo Menini
Lavori edili e di carpenteria: Edilalpi snc, di Cossi Giuseppe & C., Sondalo (So)
Fornitura carpenteria lignea e scandole di larice: segheria Praolini, di Praolini Luigi & C., Bormio (So)
Lattoneria e canne fumarie: Panizza Giovanni Pietro lattoniere, Tirano (So)
Parapetti e altre opere in ferro: carpenteria metallica, di Carnevali Ermes, Sondalo (So)
Impianti idraulici: Termoidraulica Codazzi, Sondalo (So)

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