Consiglio di Stato | Sentenza 1534/14

Scia: rivelatrice di abusi edilizi

Il caso: sanato l’abuso edilizio che aveva dato il via all’ordine di demolizione del solaio rivelatosi più alto di 60 centimetri rispetto al dovuto.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1534/14 pubblicata dalla quinta sezione, ha ritenuto che è da considerarsi sanato l’abuso edilizio che aveva fatto scattare l’ordine di demolizione del solaio rivelatosi più alto di 60 centimetri rispetto al dovuto, con l’ente locale che non ha più interesse ad agire.Consiglio di StatoIn questo modo la Scia è spia d’abuso edilizio e si deve ritenere che la segnalazione certificata di inizio attività abbia valore confessorio dell’irregolarità commessa dal proprietario dell’immobile. Se il comune non interviene entro 30 giorni a bloccare i lavori scatta il titolo abilitativo in sanatoria come effetto previsto dalla legge indipendentemente da un’eventuale diversa volontà delle parti.

Manufatto difforme rispetto alla documentazione. A far partire l’ordine di demolizione in questa vicenda è stato l’accertamento che il manufatto risulta difforme rispetto ai grafici allegati alla concessione edilizia. Ma ora viene dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso proposto dall’amministrazione contro la sentenza di annullamento pronunciata dal tribunale amministrativo regionale dell’Umbria. Il comune non contesta che sia effettivamente trascorso il termine di 30 giorni dalla presentazione della Scia senza che sia stato adottato e comunicato alcun provvedimento di divieto di prosecuzione dell’attività.

Sanato l’abuso. Oggi il solaio dispone di un titolo abilitativo, sia pure in sanatoria, dell’attività edilizia in origine abusiva. Si configura quindi la sopravvenuta carenza di interesse all’appello principale da parte del comune che impugnava la sentenza del Tar, favorevole al proprietario dell’immobile. La successiva Scia in sanatoria ha comunque sanato l’abuso dal quale è scaturita la controversia e sono venute meno nelle more del giudizio le condizioni dell’azione che devono persistere per tutto il tempo della controversia. Non ha gioco l’ente locale a porre la questione dell’ipotetico risarcimento in caso di rovesciamento del verdetto di primo grado.

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