Napoli | Edilizia popolare

Studio online del comune sullo stato dell’abitazione popolare

È stato presentato uno studio particolareggiato sul capoluogo campano, a partire dall’origine dell’edilizia popolare ai giorni nostri, contenente anche norme nazionali e locali che possono favorire l’inquadramento degli aspetti legati alla «situazione casa». 

Uno studio sull’edilizia popolare a Napoli (non esaustivo e in corso di aggiornamento) presenta le principali norme nazionali e locali insieme a documenti e studi che potranno contribuire a inquadrare i diversi aspetti legati alla situazione casa: dall’introduzione delle case popolari nelle grandi città fino alle più recenti norme sull’edilizia sociale.
Sono inoltre disponibili online sul sito del Comune sei fascicoli esemplificativi tratti da uno studio sull’edilizia abitativa popolare a Napoli. La città è stata divisa in 5 zone (centro e colline, occidentale, nord, centro storico e Poggioreale, orientale) e gli interventi in 4 epoche (dall’origine fino al 1943, la ricostruzione post-bellica prima dei Piani ex legge 167/62, i Piani ex legge 167/62 prima della ricostruzione post terremoto, dalla ricostruzione post-terremoto fino a oggi). 
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Campania: prorogato il Piano Casa. La Regione Campania ha prorogato sino al 31 gennaio del 2014 il Piano Casa estendendo la legge statale sulle demolizioni e ricostruzioni e modificando l’art. 3 della legge 1/2011 in materia di suolo industriale. La legge Regione Campania n. 1/2011 approvata nel gennaio 2011 aveva introdotto rilevanti modifiche e integrazioni alla precedente lr 19/2009.
Le novità comprendono la modifica dei limiti dimensionali degli edifici sui quali sono ammessi gli interventi di ampliamento delle volumetrie sino al 20% (viene portato a 1500 metri cubi e viene rimosso il limite dei 3 piani fuori terra), l’eliminazione dell’obbligo di rimozione delle barriere architettoniche, l’ampliamento delle possibilità d’intervento nelle zone agricole, dove la sostituzione edilizia è ammessa anche mediante mutamenti della destinazione d’uso di immobili o di loro parti, l’abrogazione dell’articolo 6, che ammetteva gli interventi di ampliamento e sostituzione sugli edifici condonati nel caso in cui questi contengano unità abitative destinate a prima casa, la rimodulazione e l’ampliamento delle possibilità di sostituzione edilizia.
Negli interventi di demolizione e ricostruzione possono essere mantenute le distanze tra edifici preesistenti, anche se inferiori a quelle previste dalla legge, la semplificazione delle procedure per apertura di cantieri di edilizia sociale e per la riqualificazione delle aree degradate, che può avvenire attraverso la riconversione delle aree industriali dismesse da almeno tre anni, senza più attenersi al limite dei 15 mila metri quadri.
La legge è stata poi integrata dalle normative statali in materia di sostenibilità ambientale.
Il motivo della proroga del Piano è da cercarsi nella possibilità di sfruttare la norma sul recupero di aree e immobili degradate (art. 7) consentendo una ripresa del comparto edile. Il nuovo Piano Casa prevede tra l’altro l’ampliamento del 50% in caso di ricostruzione di un edificio pubblico.

Napoli: 3 interventi sui quartieri degradati? Il comune di Napoli aveva presentato tramite l’Anci alla Cabina Regia del Piano Città un piano di riqualificazione per le aree fortemente degradate.
Si tratta in particolare di 3 interventi su un’area di 2.5 milioni di mq in una zona a est di Napoli caratterizzata da problemi d’inquinamento dovuto a depositi petroliferi oggi non più attivi, tra i quartieri di San Giovanni a Teduccio, Barra, Ponticelli e Poggioreale con un impegno economico stimato in 55 milioni di euro.
Gli interventi presentati riguardano la riqualificazione della strada sul confine portuale e delle aree della Marinella, la realizzazione di infrastrutture di collegamento tra il centro direzionale e le aree adiacenti, il recupero degli edifici storici rappresentativi dell’archeologia industriale siti in San Giovanni Teduccio.
Disponibili intanto 200 milioni di provenienza dei fondi europei per il recupero urbano e 2,5 miliardi provenienti da imprenditori privati per la riqualificazione di aree industriali e artigianali in disuso.
(G. Ca.)

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