Punti di Vista | Avv. Lorenzo Perino, Lext Consulting

Verifiche periodiche: è sicurezza effettiva?

Non si comprende davvero perché la Pubblica Amministrazione abbia voluto mantenere una competenza esclusiva in materia di verifiche periodiche quando avrebbe potuto delegare più efficacemente tutto ai privati e occuparsi esclusivamente di controllare che tali privati rispettassero le regole, molto restrittive, a garanzia della correttezza e dell’efficienza del servizio.
Avv. Lorenzo Perino, Lext Consulting.

L’emanazione del decreto ministeriale 11 aprile 2011 sulle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro avrebbe dovuto dare un contributo determinante al miglioramento della sicurezza effettiva sui luoghi di lavoro. La norma in questione però ha accusato problemi applicativi nei mesi successivi alla sua entrata in vigore, avvenuta il 23 maggio 2012, tanto che a più riprese il ministero del Lavoro è dovuto intervenire con successive circolari esplicative per chiarire diversi aspetti.
Questo non ha aiutato gli operatori di mercato che si sono dovuti confrontare con complicazioni burocratiche e aumenti di costi molto rilevanti in un momento economico delicato.
Il decreto ministeriale 11 aprile 2011 in materia di verifiche periodiche è stato emanato in attuazione della previsione dell’articolo 71 comma 11 del dlgs 81/2008 che prevede che alcune categorie di attrezzature di lavoro, ritenute particolarmente pericolose dal legislatore, debbano essere sottoposte a controlli periodici a opera delle istituzioni.
Questa formulazione è stata figlia di un confronto piuttosto duro tra Ispesl (ora Inail) e Regioni che hanno voluto mantenere una competenza in materia e i privati che avrebbero voluto una piena liberalizzazione delle verifiche periodiche. Obiettivo comune di tutte le parti avrebbe dovuto comunque essere il miglioramento dell’effettività della sicurezza sui luoghi di lavoro.
Già prima dell’entrata in vigore della norma la situazione relativa alle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro sul territorio nazionale era molto disomogenea, in alcune Regioni infatti gli enti preposti effettuavano regolarmente le verifiche, in altre Regioni le verifiche non venivano effettuate a causa dell’inadeguatezza delle strutture di Ispesl e Asl (ed Arpa dove previsto) in rapporto al numero di attrezzature da verificare (mi riferisco in particolare alla Lombardia).
Questa disparità di trattamento certamente risultava difficile da giustificare e dava anche luogo a problemi pratici, laddove per alcuni imprenditori risultava praticamente impossibile avere macchinari verificati con l’impossibilità di entrare in cantiere.
Oggi la situazione non sembra molto migliorata e, stando ai racconti degli operatori raccolti su tutto il territorio nazionale, l’applicazione «a macchia di leopardo» ancora caratterizza questa materia. Ma veniamo all’analisi delle ultime novità dettate dal ministero del Lavoro con le circolari emesse nel 2013.
Cominciamo dalla Circolare n. 9 del 5 marzo 2013 che si occupa in prima battuta dei verbali di verifica che devono essere conformi a questo previsto all’Allegato IV del decreto, ma questo interessa relativamente i noleggiatori. Più interessante è la specificazione dell’obbligo del datore di lavoro che, decorsi i termini per l’intervento dell’ente pubblico, decida di affidare la verifica a un soggetto privato abilitato.
Questi deve comunicare il nome del soggetto nel più breve tempo possibile al titolare della funzione. Altra informazione interessante riguarda le tipologie di attrezzature soggette a verifica e, in particolare, viene stabilito che lo sono gli argani installati su aerogeneratori utilizzati nei parchi eolici e non lo sono i loader aeroportuali, le attrezzature destinate alla raccolta rifiuti, i carrelli elevatori a forche sempre che non montino accessori di sollevamento.
Altre indicazioni riguardano il fatto che le attività di verifica svolte dai soggetti pubblici o privati siano soggette a Iva e che le tariffe applicabili alle prestazioni debbano intendersi onnicomprensive di tutte le spese. Da ultimo si puntualizza che la data di decorrenza per l’effettuazione delle verifiche periodiche è quella in cui è stata effettuata la richiesta e non quella in cui è avvenuto il pagamento della tariffa.
Poco tempo dopo è stata emanata una seconda circolare di chiarimento, la n. 18 del 23 maggio 2013 che in primo luogo si occupa della c.d. «indagine supplementare» per le attrezzature messe in servizio da oltre 20 anni. Tale indagine mira a individuare vizi o difetti prodotti nel tempo con l’uso dell’attrezzatura e la vita residua della stessa. La verifica deve constare di esame visivo, prove non distruttive, analisi dei componenti strutturali e funzionali, prove funzionali e prove di funzionamento.
Tutto quanto risulti dall’ispezione deve essere oggetto di registrazione e sulla base di questo saranno stabiliti i cicli residui della macchina. Viene poi fatta chiarezza in tema di carrelli semoventi a braccio telescopico in relazione alla presenza di diversi accessori che ne comporterebbero diverse messe in servizio. La circolare specifica che eventuali successive messe in servizio sarebbero ricomprese in quella originaria previa comunicazione all’Inail.
In tema di Plac (Piattaforme di lavoro autosollevanti su colonna) si specifica che sarà assegnata ed esse una sola matricola di messa in servizio, indipendentemente dal numero di configurazioni previste nel manuale d’uso. Anche queste ultime sono indicazioni volte a semplificare l’applicazione della norma. Da ultimo viene effettuata una precisazione molto importante: le scale per traslochi destinate al trasporto in quota di soli materiali (e non di persone), non sono soggette alle verifiche periodiche di cui all’art. 71 comma 11 del dlgs 81/2008.
Questi sono i chiarimenti emanati dal ministero del Lavoro nel corso del 2013 ma recentemente anche il Governo Letta si è occupato di verifiche periodiche. Infatti all’interno della prima versione del disegno di legge sulle Semplificazioni era presente l’articolo 10 che esplicitamente si occupava di questa materia e, al fine di agevolare lo svolgimento delle verifiche da parte delle imprese, portava da sessanta a quarantacinque giorni il termine entro cui l’Inail è tenuta a effettuare la prima verifica.
Altra novità era l’introduzione dell’obbligo, per soggetti pubblici titolari della funzione, entro 15 giorni dalla richiesta, di comunicare al datore di lavoro la eventuale impossibilità a effettuare le verifiche di propria competenza. Entrambe le modifiche erano volte a velocizzare la procedura di richiesta della verifica visto che i termini stabiliti dalla legge si sono rivelati nella pratica incompatibili con il normale svolgimento dell’attività d’impresa.
Peccato che questa novità sia stata poi eliminata dalla versione definitiva del testo approvato. Una buona occasione persa che avrebbe certamente contribuito a velocizzare le procedure a vantaggio delle imprese. Ricordiamo che oggi non avere macchinari effettivamente verificati comporta l’impossibilità di entrare in cantiere.
Alla luce di tutte queste pronunce successive, la sensazione che si ha è quella di una norma profondamente imperfetta che ha necessitato, necessita e necessiterà in futuro di continui aggiustamenti e chiarimenti in corsa. Come spesso accade quando le norme sono figlie del compromesso tra le istanze di parti contrapposte, la loro applicazione risulta complessa e difficoltosa. Non si comprende davvero perché la Pubblica Amministrazione abbia voluto mantenere una competenza esclusiva in materia di verifiche periodiche quando avrebbe potuto delegare più efficacemente tutto ai privati e occuparsi esclusivamente di controllare che tali privati rispettassero le regole, molto restrittive, a garanzia della correttezza e dell’efficienza del servizio.
Tanto più che in alcune parti d’Italia la vittoria di questa battaglia ha causato enormi problemi organizzativi in relazione alle ristrutturazione della Pubblica Amministrazione (fusione per incorporazione dell’Ispesl nell’Inail) e ai tagli di personale a cui tali enti sono stati sottoposti negli ultimi periodi.
Viene da chiedersi come i grandi noleggiatori abbiano affrontato questo cambiamento epocale, aziende con centinaia o migliaia di macchine che prima non erano soggette effettivamente ad alcuna verifica di parte terza perché gli enti preposti non riuscivano a effettuarle e che quindi non erano neanche soggette al pagamento del corrispettivo delle verifiche stesse. Quindi oggi si ritrovano decine di migliaia di euro di costi in più a fronte di una situazione di mercato in recessione e a un peggioramento drastico dei tempi di pagamento. E non credo che la qualità effettiva dello stato di conservazione dei macchinari e delle manutenzioni effettuate sia cambiata con l’entrata in vigore della norma: chi era attento alla qualità ed efficienza delle proprie attrezzature di lavoro prima lo è anche adesso e chi in quell’attività ha visto sempre e solo un costo anche oggi non avrà cambiato modo di comportarsi. Si prodigherà solo più di prima a fabbricare della carta che possa coprire le proprie mancanze.
In conclusione, i dubbi sul senso di questa norma, così come è stata scritta e come è poi stata applicata, sono molto forti e per i noleggiatori non vedo che svantaggi.
La sicurezza effettiva sui luoghi di lavoro e, in particolare, nell’uso dei macchinari si ottiene con l’elaborazione di regole semplici e dirette che possano essere rispettate da tutti e con controlli puntuali e ripetuti in cantiere. La complicazione normativa e l’inefficienza della Pubblica Amministrazione accompagnati a controlli sporadici e punitivi per chi ha la sfortuna di incapparvi sono l’anticamera del mancato rispetto sistematico delle regole. E questo è il contesto in cui il rischio d’infortuni è più alto.

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