Anniversari | Centro Acros, Fukuoka

Centro Acros: l’architettura in simbiosi con la natura

L’edificio di 100.000 mq situato nel centro della città di Fukuoka, in Giappone, progettato dall’architetto argentino Ambasz, festeggia in questi giorni il suo 25° anniversario. Un’architettura innovativa che ha instaurato una relazione simbiotica con la natura, restituendo agli abitanti spazi pubblici aperti, e che ha fortemente suggestionato alcuni dei più importanti architetti contemporanei, tra cui Renzo Piano, Jean Nouvel e Tadao Ando.

Il centro Acros di Fukuoka firmato da Emilio Ambasz è il frutto di una ricerca e di una visione innovative iniziate quarant’anni fa. Un’intuizione che ha influenzato e aperto la strada a una nuova architettura basata sulla convivenza tra architettura e natura.

Il progetto, che si è aggiudicato il prestigioso American Institute of Architects’ Business week/Architectural Record Award e il primo premio dell’Istituto giapponese di Architettura, si basa sul concetto del “verde sopra il grigio” ispirato dalla volontà dell’architetto di restituire alla comunità tutto il terreno su cui sorge l’edificio.

Il centro Acros sorge nel centro della città giapponese di Fukuoka. Grazie al progetto del “verde sopra il grigio” non sono stati sottratti ai cittadini spazi aperti pubblici ma semplicemente ricollocati.

I 14 grandi giardini terrazzati che caratterizzano la struttura, ritmati da vasche e corsi d’acqua – nonché il belvedere panoramico sul tetto che offre una vista mozzafiato sul porto e i dintorni della città – sono, infatti, aperti al pubblico, così come il terreno antistante.

Il centro Acros (acronimo di Asian CrossRoad Over the Sea) è riuscito a conciliare gli interessi della committenza, il bisogno di nuove costruzioni e la necessità di spazi verdi aperti e pubblici, andando oltre e instaurando un rapporto simbiotico tra una grande struttura urbana e l’inestimabile risorsa di spazio pubblico aperto.

Una simbiosi certificata anche da un’indagine di misurazione dell’ambiente termico condotta da Takenaka Corporation, Kyushu University e Nippon Institute of Technology, secondo cui la realizzazione di Ambasz contribuisce in modo significativo all’abbattimento dell’isola di calore circostante, contribuisce alla riduzione del consumo di energia, di emissioni di Co2, e garantisce nelle stagioni calde una differenza di 15° C tra l’esterno e l’interno della piramide.

L’interno si sviluppa su oltre 97mila mq di spazi polivalenti con sala espositiva, museo, teatro da 2.000 posti, aule congressi, uffici governativi e privati, centro informazione culturale per turisti, spazi commerciali e 4 livelli sottoterra. Un vero e proprio punto di riferimento per la cittadinanza e i visitatori.

All’inaugurazione del centro, 25 anni fa, erano presenti 76 varietà vegetali e 37.000 piante. Attualmente si contano 120 varietà e 50.000 piante.

Emilio Ambasz, poeta e pioniere della green architecture sin dagli anni Settanta, ancora oggi continua la sua ricerca in cui naturale e artificiale si fondono e confondono e continua a costituire un punto di riferimento per il suo pensiero innovativo, portatore di un patto di ricucitura tra natura e costruito.

Il suo fortissimo legame con l’Italia – testimoniato da una grande attenzione editoriale, premi e riconoscimenti ottenuti, nonché dall’assegnazione, nel 2014, della “Stella al merito della Repubblica italiana” concessa dal presidente Giorgio Napolitano – lo ha portato spesso a soggiornare nel Belpaese, a partecipare a diverse Biennali di Architettura a Venezia e a progettare, tra i tanti, l’edificio della Fondazione Banca degli Occhi (Ve), l’Ospedale di Mestre, riconosciuto come il primo “giardino della salute”, e il primo giardino-bosco verticale (1998) per la sede Eni a Roma.

Emilio Ambasz | Architetto.

Emilio Ambasz | Architetto

«L’edificio è al centro di una città che aveva una piazza di 2 ettari e che ha ancora una piazza di 2 ettari. Il concetto dominante per cui «le città sono per gli edifici e le periferie sono per i parchi» è un errore. È scontato relegare il verde nella periferia lasciando il grigio in città: è un’idea che manca totalmente di immaginazione. Per costruire un palazzo che salvaguardi l’ambiente ci vuole tecnologia, ma per fare Architettura con la A maiuscola ci vuole Arte. Non si devono mai confondere, infatti, le acrobazie tecnologiche d’un palazzo che rispetta l’ambiente e risparmia energia con i sentimenti che suscita un’opera d’architettura che muove il cuore. Se c’è una forza nelle mie idee architettoniche, deriva dal fatto che credo che l’architettura debba essere non solo pragmatica, ma anche muovere il cuore. Ogni costruzione costituisce un’intrusione nel regno vegetale, ed è una sfida alla natura: dobbiamo concepire un’architettura che si erge come l’incarnazione di un patto di riconciliazione tra natura e costruzione, progettare edifici così intrinsecamente legati al paesaggio circostante che è impossibile che si disimpegnino l’uno dall’altro. È un obbligo etico: dimostrare che è possibile un altro futuro. Affermare un diverso modello di vita per non perpetuare il presente». (vb)

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