Il quadro messo in evidenza dall’osservatorio del Cerved mostra il continuo aumento d’imprese costrette a chiudere a causa della crisi: 12mila fallimenti, 90mila liquidazioni e 2mila procedure non fallimentari più del 2,1% rispetto al 2011.
Il 2012 è stato l’anno più duro della crisi per il numero d’imprese che hanno chiuso. Si parla di 12mila fallimenti, 90mila liquidazioni e 2mila procedure non fallimentari: in totale sono state 104mila le aziende perse, con un incremento del 2,1% rispetto al 2011.
Lo affermano dati Cerved, secondo i quali è in corso un boom dei concordati preventivi dopo l’introduzione della nuova normativa fallimentare entrata in vigore a settembre: nel solo quarto trimestre 2012 sono state presentate circa 1.000 domande.
Altro dato considerevole è che se consideriamo l’inizio della crisi nel 2008, nel 2012 l’aumento del default è stato del 64% e in questi quattro anni le imprese fallite sono 45.184, raggiungendo una cifra di 104mila se si prendono in considerazione concordati e accordi di ristrutturazione dei debiti.
Una situazione che ci riporta al 2001 quando ancora non esisteva la riforma del diritto fallimentare del 2006 e i fallimenti erano di più.
2012: anno peggiore per la crisi. Prosegue anche nel terzo trimestre del 2012 la corsa dei protesti levati alle società italiane, che ormai hanno abbondantemente superato i livelli raggiunti durante la recessione del 2009.
Il deterioramento delle condizioni finanziarie delle aziende è confermato anche dai dati sui ritardi nei pagamenti tratti da Payline, il database di Cerved Group che monitora le transazioni commerciali di oltre 2 milioni di imprese.
Tra luglio e settembre dell’anno sono state protestate quasi 22 mila società: si tratta di un valore record in tutto il periodo osservato, cui corrisponde un incremento del 13% rispetto allo stesso periodo del 2011 e del 4,3% rispetto ai massimi del 2009.
Nello stesso periodo dell’anno è scesa quasi ai minimi la percentuale di aziende puntuali nei pagamenti (41,7%) ed è aumentata quella di aziende che hanno accumulato ritardi di oltre due mesi rispetto agli impegni presi con i fornitori, casi che spesso sfociano in mancati pagamenti.
Dal punto di vista settoriale, la maggiore diffusione dei gravi ritardi nei pagamenti e l’incremento dei protesti non ha risparmiato alcun macrosettore, ma mentre nell’edilizia e nei servizi il numero di società protestate nel 2009 è stato abbondantemente superato (rispettivamente del +10% e del +8%), nell’industria rimane ancora al di sotto dei picchi di tre anni fa (-8%). Un’analisi di maggiore dettaglio condotta sulle tendenze dell’ultimo anno osservate nei singoli settori consente d’individuare quelli in cui è più aumentata la presenza d’imprese in grave ritardo e il numero di società protestate: costruzioni, sistema casa, logistica e trasporti, industria dei prodotti intermedi si caratterizzano per tendenze particolarmente negative su questi due fronti e per una diffusione dei protesti particolarmente elevata (rappresentata nel grafico dalla dimensione del cerchio).
La chimica e la produzione di altri beni di consumo sono invece gli unici settori in controtendenza, evidenziando un miglioramento sia sui protesti, sia sui ritardi nei pagamenti.
Edilizia: è ora di voltare pagina
Paolo Buzzetti, presidente dell’Ance (Associazione nazionale dei costruttori edili) avverte che da studi fatti dall’associazione i fallimenti delle imprese edili sono oltre 10mila, ragion per cui fa bene il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, a chiedere alla politica interventi concreti per dare finalmente quelle risposte al settore che l’Ance attende ormai da oltre due anni. Perché le associazioni è da tempo che hanno lanciato l’allarme: tutto il mondo delle costruzioni riunito negli Stati Generali, infatti, si era già rivolto alla politica nel 2010 segnalando la caduta vertiginosa degli investimenti e dell’occupazione nel settore e chiedendo un cambio di passo con una manifestazione di protesta davanti a Montecitorio.
I dati del comparto segnalano ormai da tempo un dramma che non è solo economico ma anche sociale perché investe le famiglie e rischia di spazzare via un settore industriale che insieme all’export rappresenta il vero traino dell’economia nazionale.
Situazione per regioni. Dal punto di vista geografico, è proseguita la corsa a due velocità dei protesti, con aumenti del 16-18% nel Centro-Sud – in cui i livelli del 2009 sono stati già superati – e incrementi più moderati nel Nord (3-4%), area in cui la situazione rimane meno grave rispetto alla precedente recessione. Ad eccezione di Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna, in cui i protesti sono in calo su base annua, in tutte le altre regioni italiane si osservano aumenti sia del numero di società cui è stato protestato almeno un titolo, sia dei gravi ritardi nei pagamenti.
Le situazioni più preoccupanti sono proprio tra le regioni del Centro-Sud: Sicilia, Campania, Sardegna, Lazio, Puglia e Basilicata fanno registrare aumenti maggiori della media nazionale nelle due dimensioni e una diffusione dei protesti che ha già superato i livelli di guardia. A queste va aggiunta la Calabria, in cui i protesti sono aumentati nel corso dell’ultimo anno meno rispetto alla media nazionale, ma in cui la diffusione del fenomeno è la più alta tra quelle osservate in tutte le regioni italiane.
Chi è Cerved
Cerved è uno dei marchi di Cerved Group. Il Gruppo è stato costituito nel 2009 e nel contesto del Gruppo, Cerved è la business unit dedicata ai servizi per le banche e per le finanziarie. Offre soluzioni per valutare la solvibilità di imprese e persone, con una gamma di prodotti che spazia dalle informazioni camerali a informazioni commerciali integrate. Queste informazioni consentono di valutare la struttura economico-finanziaria e l’affidabilità delle imprese, di costruire liste intelligenti di società per fini di marketing e di studiare il posizionamento delle aziende sui mercati.
Cerved offre risposte a chiunque abbia bisogno di informazioni attendibili, aggiornate, puntuali e tempestive per valutare la solvibilità e la struttura economico-finanziaria di un’impresa, per ottimizzare le politiche di gestione del rischio di credito, per definire con accuratezza le strategie di marketing, per valutare il posizionamento delle imprese sui mercati.