Punti di Vista | Silvia Nanni, Architetto

A proposito di Bim: luci e ombre

Silvia Nanni: «sono molte le aspettative che si stanno concentrando sul Bim, ma non sarebbe corretto chiedere a uno strumento quello che uno strumento non può dare: contenuti… Un edificio non è un semplice "prodotto", ma molto di più e il Bim è un potente strumento che, solo se correttamente indirizzato, può ricondurre il costruire nell'ambito di un servizio alla comunità umana e all'unico pianeta che abbiamo».
Silvia Nanni | Architetto.

Bim è l’oramai a tutti noto acronimo di Building Information Modelling (e Hbim di Heritage Building Information Modelling) ovvero uno strumento tramite il quale gestire tutta la moltitudine di complesse informazioni afferenti a un determinato edificio.

Cuore dello strumento la modellazione 3D del fabbricato tramite CAD parametrico; il modello 3D non è una semplice somma di solidi elementari ma di componenti edilizi con qualità già specificate; un setto murario contiene già le informazioni non solo geometriche (spessore, altezza, lunghezza) ma qualitativa: stratigrafia, materiali, eventualmente colori ecc…

Attraverso il modello si costruisce virtualmente l’edificio nella sua interezza e complessità, fino al dettaglio più minuto, affrontando preventivamente tutte le problematiche realizzative; una una sorta di cantiere virtuale, ologramma del cantiere fisico la cui gestione viene così ottimizzata.

Il Bim esalta la propria utilità nel processo manutentivo o qualora occorra eseguire delle modifiche; ogni componente è tracciato e identificato, agevolando il lavoro di implementazione e modifica dell’edificio.

L’attuale interesse su questo strumento ne mette in luce le peculiarità: dall’incentivazione a una forma più collaborativa dell’elaborazione progettuale, alla riduzione dei costi e soprattutto dei tempi di realizzazione.

Un aspetto che lo strumento Bim mette in risalto è la centralità del progetto e l’importanza di una corretta progettazione esecutiva; riconoscere l’importanza e promuovere la valorizzazione del progetto esecutivo, prima di essere una strategia di management del processo edilizio è una svolta culturale che va a riaffermare la centralità del progetto; un progetto “esatto” – nella correttezza delle scelte, nella ponderazione delle problematiche, nella misura delle soluzioni.

Il Bim e l’Hbim codificano e strutturano una corretta prassi – che una volta chiamavamo “la cultura del progetto“.

Il Bim favorisce anche quella che in effetti è una svolta culturale: la migrazione da una dimensione del progetto dominata da pochi primi attori e molte comparse a una dimensione collaborativa – alter ego della vera natura del cantiere, che è un’opera collettiva.

Sono molte le aspettative che si stanno concentrando sul Bim; ma non sarebbe corretto chiedere a uno strumento quello che uno strumento non può dare: i contenuti.

Un brutto edificio, una previsione urbanistica sbagliata, rimarranno tali anche se sviluppati con una piattaforma Bim; il Bim ne potrà ridurre i costi, i tempi realizzativi, i gap gestionali ma non eliminare il “peccato originale”; il brutto edificio rimarrà tale, la previsione urbanistica sbagliata un errore di valutazione grande quanto è vasto il territorio interessato.

Il Bim e il mondo che gli sta gravitando intorno nascondono alcune ombre.

La prima più che un’ombra è il timore che dietro la promozione del Bim possa insinuarsi il tentativo di ridurre il progetto ad un “copia-incolla”, una produzione seriale, industrializzata, non solo dei componenti ma anche degli interi edifici.

La digitalizzazione diverrebbe quindi strumento dell’ultimo colpo di coda dell’epoca fordista, messa al servizio della speculazione edilizia più subdola e infame, perpetrando così la logica per cui la città è e rimane “un artefatto industriale, un prodotto che si usa perché sia prodotto, non perché serva ad alcunché (…) una visione della città, che può essere spacciata per realistica e funzionale allo sviluppo economico, si rivela sempre più insensata. E a tutti evidente e la città è una “dismisura”, un “illimite”, che non cresce in ragione di bisogni da soddisfare, ma cresce per nutrire la stessa bocca che la divora.”[i]

Un edificio non è un semplice “prodotto”, ma molto di più; il Bim è un potente strumento che, solo se correttamente indirizzato, può ricondurre il costruire nell’ambito di un servizio alla comunità umana e all’unico pianeta che abbiamo.

[i]    Alessandro Bosi in aa.vv. “Qualificare le città, rigenerare le periferie” Monte Università Parma Editore 2018

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