L'intervista | Roberto Callieri, Ceo Italcementi

A Rezzato il cemento bianco migliore al mondo

Per Roberto Callieri, Ceo di Italcementi, lo stabilimento bresciano di Rezzato e Mazzano ha un ottimo futuro. Vi si produce il cemento bianco migliore al mondo. Gli obiettivi sono decarbonizzazione e competitività ed è iniziato l’iter per l’utilizzo di combustibili alternativi dai rifiuti.
Roberto Callieri | Ceo Italcementi.

Ottime notizie per il futuro del cementificio bresciano di Rezzato e Mazzano, sulla direttrice che dalla città capoluogo conduce a est, verso il Lago di Garda. Del futuro, oltre che delle positive caratteristiche dell’impianto industriale, ne abbiamo parlato con l’ing. Roberto Callieri, ceo di Italcementi, società del colosso internazionale Heidelberg Cement Group, proprietaria dello stabilimento.

Ingegner Callieri, qual è lo stato dell’arte e quale sarà il futuro dello stabilimento di Rezzato e Mazzano? L’impianto di Rezzato-Mazzano è per noi un fiore all’occhiello del Gruppo – risponde Callieri – trattandosi di una struttura moderna, tra le più avanzate del settore e allo stesso tempo con una solida e profonda tradizione, dove si produce probabilmente il miglior cemento bianco al mondo, considerato un benchmark del settore che custodiamo gelosamente con orgoglio, nella consapevolezza della capacità e dell’impegno di tutti i nostri collaboratori”.

Stabilimento Italcementi a Rezzato.

A ciò si deve aggiungere che le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, in particolare quelle destinate alle infrastrutture del Nord Italia, aprono ottime prospettive per il cementificio di Rezzato e Mazzano.

La struttura bresciana, da sempre considerata una bandiera di Italcementi, sorta nel 1964, è stata protagonista al suo mezzo secolo di vita, nel 2014, in occasione dei 150 anni del Gruppo, di un totale revamping della rinnovata linea produttiva.

Un intervento di oltre 150 milioni di euro, che per i vertici aziendali “Ha reso l’impianto più efficiente e sostenibile, con risultati ambientali che si confermano migliori rispetto al previsto”.

Stabilimento Italcementi a Rezzato.

Lo stabilimento impiega complessivamente 140 persone, alle quali se ne aggiungono altre 250 impegnate nelle attività dell’indotto. Si producono nove tipologie di cementi con una capacità annuale di oltre un milione e duecento tonnellate di cemento.

Il ceo di Italcementi ricorda che dalla fine del decennio scorso il consumo del cemento in Italia è sceso drasticamente, di conseguenza la produzione, passata dalla punta di quasi 47 milioni di tonnellate del 2016 ai 16,2 milioni del 2020.

“Uno scenario che ha richiesto il nostro riposizionamento sul mercato italiano – dice Callieri – con riduzione della presenza, miglioramento delle performance e degli standard ambientali. Strategia che ha rafforzato la posizione di Rezzato, impianto che intendiamo rendere ancor più competitivo e in grado di emettere meno emissioni di CO2.

Stabilimento Italcementi a Rezzato.

A tal proposito, essendo l’unica delle nostre cementerie che non utilizza combustibili alternativi da rifiuti – continua l’ingegnere a capo di Italcementi – abbiamo iniziato l’iter autorizzativo per ottenere tale possibilità, impegnandoci ad applicare un costante processo trasparente con tutti gli interlocutori. Il nostro obiettivo è di garantire la sostenibilità nel tempo dell’impianto di Rezzato”.

Un obiettivo che si inserisce nel più ampio Piano strategico del Gruppo, leader di un settore che nella contingenza richiede ai player che intendono essere e rimanere competitivi l’impegno su due aspetti cruciali: decarbonizzazione e contenimento dei costi e delle emissioni ambientali.

In Italia l’impiego di combustibili alternativi da rifiuti pesa per il 20%, a fronte di una media dell’Ue di oltre il 40% e di paesi dove la percentuale raggiunge anche l’80%. Italcementi ha un legame intenso con la provincia bresciana, che va oltre alla pur rilevante presenza dell’impianto produttivo di Rezzato e Mazzano, comunque intersecandosi con la stessa.

Il ceo di Italcementi, Roberto Callieri, ricorda che il Gruppo Heidelberg è presente in provincia di Brescia anche attraverso Calcestruzzi, azionista di Concrete Italia, una joint-venture con Vezzola spa.

Dalla cementeria dell’est bresciano proviene la materia prima di uno degli ultimi innovativi prodotti del colosso Heidelberg: “i.power Rigenera”, concepito e sviluppato per la rigenerazione delle infrastrutture e strutture esistenti.

È in grado di ridurre drasticamente le necessità di demolizione dei ponti, con il conseguente blocco del traffico e di aumentare la resistenza e la durabilità delle infrastrutture anche nei confronti di eventi sismici.

L’innovativo prodotto è già stato utilizzato per interventi commissionati dalla Provincia di Brescia su due cavalcavia sulla “Gardesana occidentale”: a Bassano Bresciano e Manerbio, primi manufatti in Italia sui quali è stata utilizzata la soluzione di Italcementi, portata sul mercato da Calcestruzzi, per rigenerare ponti, viadotti e dare nuova vita alle infrastrutture.

L’iniziativa rientra nel progetto Mosore (Mobilità sostenibile e resiliente) vincitore di un bando di finanziamento di Regione Lombardia per aumentare la resilienza delle infrastrutture.

Un progetto dal cuore bresciano perché capofila dello stesso è l’Università di Brescia con il professor Giovanni Plizzari referente scientifico, mentre altre realtà bresciane si trovano tra i partner industriali che sono: Fasternet Soluzioni di Networking srl, Ingenera srl, Genesis Gi srl, Imbal Carton srl, Stmicroelectronics srl, Enea e Italcementi.

La gamma Eco.Build

Italcementi ha diviso in tre livelli misurabili il contributo alla riduzione della CO2: contenuto di clinker (il semilavorato che una volta macinato diventa cemento), il contenuto di materie prime seconde provenienti da altri cicli produttivi e le performance ambientale di prodotto, mantenendo la qualità e la sicurezza di sempre e a costi competitivi.

Calcestruzzi ha studiato prodotti in coerenza con i Cam, che prevendono il 5% di materiali riciclato, per arrivare a percentuali di sostituzione più alte per progetti più ambiziosi in cui sono richiesti materiali in grado di soddisfare protocolli di certificazione nazionali e internazionali come Leed, Itaca o Envision.

A questi si aggiungono i prodotti low carbon, studiati prima per ridurre le emissioni di CO2 per poi arrivare poi a calcestruzzo “net zero carbon”. Per Italcementi e Calcestruzzi, la sostenibilità parte dal controllo di qualità che viene fatto sui cementi e sui calcestruzzi e passa anche attraverso la certificazione.

Gli impianti di produzione del cemento e del calcestruzzo certificati Csc, lo standard internazionale del Concrete Sustainability Council, certificano il processo di approvvigionamento responsabile su tutta la filiera di produzione secondo i principi base della Sostenibilità e nel rispetto di cinque categorie di crediti: prerequisiti, gestione, sostenibilità ambientale, sostenibilità sociale e sostenibilità economica. L’obiettivo è quello di validare l’intera filiera di processo: dal trasporto al riciclo delle materie prime.

Adriano Baffelli

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