Punti di Vista | Bruno Gabbiani, Presidente Ala Assoarchitetti

Alcuni mali che affliggono la progettazione delle opere pubbliche

Nell'attuale ddl delega di riforma degli appalti non si trovano riferimenti espliciti a due punti nevralgici delle opere pubbliche: la qualità del progetto e quindi della realizzazione, la trasparenza dei procedimenti e quindi la lotta a ogni forma, anche indiretta, di corruzione.
Bruno Gabbiani | Presidente Ala Assoarchitetti
Bruno Gabbiani | Presidente Ala Assoarchitetti

Il ddl delega proposto da Raffaella Mariani (Pd) licenziato dal Senato, tende a riformare gli appalti, spostando “alla programmazione” l’incentivo del 2% fino a ora riservato ai progetti interni della Pa.
Una linea che è stata più volte proposta nel tempo da Ala, per migliorare la qualità della progettazione delle opere pubbliche e premiare l’efficienza nella programmazione, per cui non possiamo che dirci d’accordo.
Negli anni l’incentivo, nato per operare risparmi di spesa, si è infatti trasformato in una prebenda per gli uffici tecnici, alla quale non corrisponde un servizio, in quanto dalla pa non escono progetti, la cui redazione è semplicemente demandata all’appaltatore e quindi pagata tre volte, prima con l’incentivo, poi con l’aumento del prezzo dell’appalto e infine con la bassa qualità del prodotto.
Non parliamo qui dell’espropriazione di quote di mercato per i liberi professionisti, per i quali le opere pubbliche dovrebbero al contrario essere assieme una palestra e un volano per la crescita qualitativa degli studi.
Ora l’idea del ddl è di mantenere il premio economico ai tecnici dipendenti della pa, ma cambiandone la destinazione, magari per incentivare l’azione essenziale del Rup nel processo di realizzazione dell’O.P. “Il bonus non dovrà più essere riconosciuto per le attività di progettazione – ha spiegato Mariani – ma potrà invece essere attribuito a quei tecnici capaci di raggiungere gli obiettivi programmati, con un recupero di efficienza per le amministrazioni”.
Non è la prima volta che l’incentivo del 2% sul valore delle opere pubbliche riconosciuto per la progettazione svolta dai tecnici della Pa viene messo in discussione. La misura era già contenuta in un decreto varato dal Governo la scorsa estate, ma il Parlamento lo trasformò strada facendo in un fondo, cui le pa attingono al momento della progettazione delle singole opere.
Nell’iniziativa odierna, senz’altro necessaria e positiva, non si trovano tuttavia riferimenti espliciti a due punti nevralgici delle opere pubbliche: la qualità del progetto e quindi della realizzazione, la trasparenza dei procedimenti e quindi la lotta a ogni forma, anche indiretta, di corruzione.
Se è fin troppo ovvio che la qualità del progetto non può essere garantita da uffici tecnici privi di esperienza, struttura e conoscenze adeguate, deve essere evidente che non può essere richiesta nemmeno ai liberi professionisti partecipanti alle gare, se non mettendo un limite tassativo ai ribassi ingiustificabili, che intaccano i puri costi di produzione delle elaborazioni.
Su questo argomento del resto era esplicitamente intervenuto Cantone all’inizio del 2015, esprimendo in modo originale e coraggioso, un rapporto di connessione diretta tra l’eccesso di sconto e i fenomeni di corruzione o almeno di perturbazione delle gare di progettazione.
Questo aspetto cruciale assume del resto aspetti sempre nuovi, seguendo passo passo anche l’evoluzione delle tecniche costruttive.
In questo momento assistiamo a una grande espansione delle costruzioni prefabbricate in legno, particolarmente nel settore dell’edilizia scolastica pubblica.
Ebbene, i tempi assegnati alle gare, divengono spesso assurdamente ristretti, così come i tempi fissati per la redazione delle elaborazioni. Eppure è impossibile immaginare una motivazione corrispondente all’interesse pubblico, che induca a far redigere in pochi giorni progetti che al contrario richiedono molti approfondimenti e complesse elaborazioni, da produrre in équipe.
Il progetto, per i suoi contenuti formali, per le sue implicazioni sociali, economiche, per l’importante influsso che hanno le opere sulla qualità della vita e sull’inclusione sociale degli utenti, è operazione da effettuare con molta cautela e meditazione e possibilmente da riesaminare a mente fredda.
Con le pratiche sopra descritte invece il progetto non potrà che essere schematico e ripetitivo e di fatto la strada è spalancata per le imprese di prefabbricazione, che a volte fanno concorrere, a prezzi stracciati, progettisti a loro collegati ai quali forniscono i propri dettagli e modalità costruttivi standard.
La pa risparmia apparentemente nelle spese del progetto, che vengono invece di fatto spalmate sul prezzo del prodotto industriale, e intanto in questo modo viene favorito il fornitore occulto del progetto dell’opera, che potrà risparmiare sulla produzione e sui ristrettissimi tempi d’esecuzione, rispetto a tutti gli altri concorrenti.
Ma se questo è l’obiettivo vero della pa, non è lecito far investire risorse preziose ai liberi professionisti, che sono già esclusi in partenza, nei riti d’inutili gare di fornitura di servizi.
Temiamo vivamente che il costume nazionale renda inefficaci tutti i tentativi di trasparenza e che anche Cantone ne debba prendere atto, assieme ai Liberi Professionisti italiani.

Bruno Gabbiani, presidente ALA Assoarchitetti

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