Punti di Vista | Silvia Nanni, architetto

Appunti per una cultura del recupero del patrimonio edilizio recente: senso del tempo

Con questo “Punto di Vista” proseguono i miei momenti di riflessione che spero possano essere utili a creare una Cultura del Recupero del Patrimonio edilizio recente. Una riflessione puntuale per favorire un vero rilancio delle iniziative di recupero e riqualificazione del patrimonio recente, su come valutare la qualità e l'efficacia degli interventi; perché non si perda l'occasione per saldare un debito con l'ambiente, il paesaggio, la qualità urbana e la vita stessa delle persone.
Silvia Nanni | Architetto.

Il «Senso del Tempo»

«Memoria è il costituirsi del fabbricato presente (…) come una cristallizzazione di tempi passati. Ma se lo rendiamo nuovo, allora cancelliamo il tempo di cui esso ci parla, come di un tempo reso presente esteticamente. Cioè lo riportiamo in una dimensione che non è quella della duratura, bensì l’altra della temporaneità effimera, della successione. Lo restituiamo al nuovo: ma il nuovo, quando è finalizzato come nuovo, non diventa antico, diventa vecchio». (R. Assunto[i])

La ricaduta di un incessante «restituire a nuovo» nel settore del recupero del patrimonio edilizio recente è ancora più profonda; si cancella quel patrimonio immateriale costituito dal portato di memoria, di capacità d’identificazione. Il rinnovo indiscriminato e inconsapevole oblitera, sul nascere, ogni possibilità di sedimentazione e storicizzazione; al contempo, soffoca la capacità collettiva d’identificarsi con gli spazi di vita, impedendo ai luoghi di essere tali e restare, all’infinito di un eterno presente, spazi funzionali privi di significato.

Nel cancellare la possibilità di storicizzare il patrimonio più recente – consentendogli di diventare obsoleto, al massimo vecchio, giammai antico – s’impedisce alle nostre città, alle nostre periferie, di accedere alla loro specifica e unica dimensione temporale.

Orvieto | Torre del Moro

«E quindi una prospettiva di dilatazione temporale e del “sentire” che si possono costruire i termini di una forma di conservazione, tesa al riconoscimento del valore dell’interesse, dell’essere in relazione con le opere e del calore culturale dell’esperienza, dei legami affettivi che s’istituiscono con i luoghi dell’esperienza». (Angela Squassina, op. cit.)

Come osserva Luca Molinari «Ma non è solo abbattendo e segando parte degli edifici che possiamo trovare una soluzione. Cancellare con un tratto di mouse sarebbe a volte così semplice, dimenticando che la maggior parte di queste architetture ormai ha una propria storia, non necessariamente alienante (…). Forse si può usare quella griglia in cemento come una matrice in cui fare spazio a storie inaspettate, e pensare i suoi moduli tutti uguali come luoghi in cui sfondare pareti, aprire i varchi in base a modelli abitativi nuovi e più attenti a un mondo di anziani soli, giovani coppie, genitori separati, famiglie qualsiasi». [ii]

Un rinnovo indiscriminato crea paradossalmente degrado; il degrado nasce dalla mancata identificazione con gli spazi in cui si vive; spazi che, quindi, si subiscono, si tollerano oppure si rifiutano.

Così interi quartieri – nuovi o rimessi a nuovo – stentano a diventare Città, rimanendo aggregati urbani – perché la Città, prima che di mattoni e cemento, è fatta dalle reti sociali che ne costituiscono l’anima.

Un rinnovo indiscriminato lascerebbe le nostre periferie senza anima e percettivamente a-temporalizzate; senza Storia né Memoria.

“Tutti abbiamo bisogno di Tempo. Tutti sentono il bisogno che sia loro concesso un po’ di tempo per potersi appropriare dello spazio, riconoscersi in esso ed esservi riconosciuti”. [iii]

Abbiamo bisogno di tempo per rimettere il nostro fare, come per gli ambienti che costruiamo e viviamo, nella loro dimensione temporale, nella Storia. Le nostre città sono uscite dalla dimensione storica non avendo concesso loro tempo.

La rapidità (e la rapacità) della speculazione edilizia “non ha avuto tempo”.

di Silvia Nanni Architetto

[i]   Cit. in Angela Squassina “Tempo che distrugge tempo che conserva” Il Prato casa editrice, 2012
[ii] Luca Molinari “Le case che siamo” Edizioni Nottetempo 2006
[iii]      Marc Augè “Rovine e macerie – il senso del tempo” Bollati Boringhieri 2004

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