Edilizia Residenziale | Serravalle Pistoiese, Pistoia

Casetta nell’oliveto: condono estetico e design delle soluzioni

Nata come una baracca di legno, ricovero per gli animali, divenne successivamente una casetta di mattoni forati e tetto in cemento armato. Nel passaggio di proprietà il suo destino sarebbe stato la demolizione prima del passaggio notarile, ma perché mai dover produrre quintali di macerie quando si può tentare un riuso? Quello che presentiamo è il tentativo, riuscito, di «condono estetico», come recita il titolo, operato dall’architetto milanese Nicola Brembilla che ne ha curato progettazione e direzione lavori.

Arch. Nicola Brembilla | Zero forma, molta materia

Arch. Nicola Brembilla | Progettista e direzione lavori.

«Serravalle Pistoiese è un luogo antico dominato da archetipi agricoli ancestrali. Tra torri di pietra e bellissime scale a pioli ricavate dallo stesso legno degli alberi al quale si poggiano, segni leggiadri d’antropizzazione radicati in una tradizione millenaria, ci troviamo a operare su di un abuso edilizio. Una delle tante piccole casette ‘irregolari’ di cui è disseminato il territorio italiano. Nata come una baracca di legno, ricovero per gli animali, divenne in un momento non ben precisato una casetta di mattoni forati e tetto in cemento armato. Nel passaggio di proprietà il suo destino sarebbe stata la demolizione prima del passaggio notarile, ma perché mai dover produrre quintali di macerie quando si può tentare un riuso?
Come essere certi che anche la platea fondativa in cemento armato sarebbe stata effettivamente eliminata? Applicando il cosiddetto ‘design delle soluzioni’, prima ancora di qual si voglia progetto architettonico, è stata condotta una trattativa con l’ufficio tecnico comunale per fare in modo che il cliente non perdesse il bene acquisito e che il paesaggio potesse essere redento dall’abuso. Si è pensato che la preesistenza, oscena nella sua nudità fatta di laterizi forati murati approssimativamente e tegole marsigliesi un po’ fuori contesto, potesse essere ammantata di una veste lignea, camaleontica per rapporto alla tonalità della terra, dei tronchi nodosi degli ulivi e dei cipressi circostanti. La casetta doveva cercare d’essere parte del paesaggio, non più inaccettabile intrusione. Niente di più dello stretto necessario: zero forma, molta materia. In questa architettura mimetica, di selva, di boscaglia, la pelle della casa non avrebbe imitato la corteccia d’albero ma sarebbe stata natura lignea essa stessa
».

La casetta resa parte del paesaggio con un’architettura mimetica, di selva, di boscaglia, in cui la pelle della casa assume natura lignea.

L’intero perimetro murario della casetta, copertura compresa, è stato rivestito da balle di paglia disposte dentro telai di legno. Ciò ha permesso d’inglobare gli sporti di falda portando a un livello di astrazione elevato la geometria prismatica della casetta. Le balle di paglia sono state raccolte nei campi circostanti, il loro essere a km zero è totale. Successivamente al loro compattamento dentro una griglia di assi lignee è stato posto un telo tecnico con funzioni di freno vapore e isolamento dalle acque meteoriche.

Copertura, in assi da ponte è disaccoppiata dalla massa muraria e sopra l’assito inguainato che sigilla la paglia un interstizio di ventilazione lascia ombreggiata e al fresco tutta la sezione muraria sottostante.

Data la sua incompatibilità con l’acqua e l’umidità, il cappotto di paglia non tocca mai il terreno. Fino a circa mezzo metro di altezza l’isolamento è costituito da vetro cellulare in grani. A chiusura dell’involucro edilizio sono state avvitate sui telai d’abete delle assi da ponte riciclate e passate a fiamma per aumentarne la resistenza nel tempo, facendo così rivivere un’antica tecnica contadina sprofondata nell’oblio. La copertura è anch’essa in assi da ponte e diventa all’occorrenza una piattaforma per prendere il sole. L’incredibile valore d’isolamento termico raggiunto da questo cappotto spesso 25 cm ha reso possibile un utilizzo del riscaldamento limitato a 15-20 giorni tra i mesi di gennaio e febbraio. Anche per quel che riguarda la tenuta al calore estivo si sono raggiunte ottime performance.

Cappotto termico esterno con balle di paglia compattate in una griglia di assi lignee e telo tecnico con funzioni di freno vapore e isolamento dalle acque meteoriche.

La nuova copertura in assi da ponte è infatti disaccoppiata dalla massa muraria. Al di sopra dell’assito inguainato che sigilla la paglia è stato lasciato un interstizio di ventilazione ove scorre l’acqua meteorica, perciò le assi da ponte sono l’unico elemento che si surriscalda ai raggi del sole, lasciando ombreggiata e al fresco tutta la sezione muraria sottostante. Gli infissi, prodotti a misura da una falegnameria locale, sono in pino di Svezia tinto testa di moro, montano vetricamera 33.1-12-4 e sul lato esterno sono stati rivestiti delle medesime assi da ponte bruciate.

Spazialità e finiture interni

Spazialmente l’interno si presentava con un balzano dislivello che divideva in due parti l’ambiente, di cui quella inferiore senza porte d’accesso: una mostruosità edile probabilmente originata dalla pendenza del terreno. Si è deciso di tramutare questo paradossale handicap in un elemento di singolare unicità. Collocando sul ciglio del dislivello il mobile cucina, si è separato in due ambiti la casetta senza dover ricorrere a una balaustra che avrebbe enfatizzato la preesistente stranezza spaziale. Il mobile cucina a un estremo diviene tavolo a sbalzo, dall’altro s’incastra nel profondo imbotte della finestra, cosicché grazie al riflesso del vetro si prolunga idealmente all’aperto.

Il lavabo del bagno nasce dal recupero di una sezione basamentale del tronco di un cipresso.

Se gli esterni restituiscono le scure tonalità dei tronchi e della terra, l’interno è un abbagliante scrigno dorato al quale si demanda in qualche modo il ricordo dell’occultato involucro di paglia. Gli intonaci di calce sono ricavati da argille scavate nei campi circostanti e applicate con molti passaggi e grande sapienza artigianale. Per irrobustirne la consistenza sono stati inseriti filamenti di paglia. Per i pavimenti e per tutte le superfici del bagno è invece stata usata l’antica tecnica del cocciopesto, conferendo all’ambiente un’assoluta idrorepellenza e resistenza al deterioramento. La cucina e le scale che connettono i due livelli sono in legno di castagno, un’essenza tipica del pistoiese che ben si abbina all’intonaco utilizzato.

Le lampade sono state disegnate appositamente e realizzate nell’officina dello studio Hypnos a Milano. Riprendono forma e materia delle torce e di altri arnesi contadini. L’acciaio di cui sono fatte è stato lasciato al grezzo e protetto da cera d’api. Pure con finitura al grezzo, benché verniciati con trasparente a forno, sono il calorifero e lo scaldasalviette, appositamente realizzati dalla Brem. Tra le particolarità del design degli interni vi è il lavabo del bagno che nasce dal recupero di una sezione basamentale del tronco di un cipresso che, ammalorato, andava abbattuto perché rischiava di crollare sulla casetta stessa. Dopo lo scavo dell’incavo per l’alloggiamento della bacinella in acciaio inox, il tronco è stato oliato fino a completa saturazione dei pori. Pure di cipresso è la pedana doccia incassata nella muratura.

Chi ha fatto Cosa

Casetta nell’oliveto: via Cagnano 4, Serravalle Pistoiese, Pistoia
Superficie: 50 mq
Committente: privato
Progettista e direttore dei lavori: Hypnos, arch. Nicola Brembilla, Milano
Bioedilizia (involucro paglia, legno e cocciopesto interno): Davide Albizzati
Impresa edile (murature, sistemzioni esterne): Gropasi Shkelqim, Pistoia
Impianto elettrico: Marco Vas, Pistoia
Impianto idraulico: Giuseppe Lopez
Mobile cucina e scale in legno: Falegnamerie Cecchi, Pistoia
Infissi: Scarabeo srl, Marliana, Pistoia

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