Dibattito | Digitalizzazione

A che punto è la strategia di digitalizzazione delle costruzioni?

Alla vigilia della nuova edizione di Digital&Bim Italia per il prof. Ciribini occorre verificare che sussistano effettivamente le condizioni per una rivisitazione digitale del settore. Ecco le sue riflessioni.
Angelo Luigi Camillo Ciribini | Professore Ordinario, Dicatam, Università degli Studi di Brescia.

Digital&Bim Italia, in origine, era stato immaginato dal sottoscritto, assieme a Lorenzo Bellicini e ad Antonella Grossi, ai quali sono legato da antica militanza scientifica e da sincera amicizia personale, al fine di contribuire, attraverso il passaggio epocale della digitalizzazione, a riconferire al SAIE l’antico ruolo di motore di politiche che avessero l’industrializzazione al centro.

Per me questo obiettivo era decisivo, allo scopo di onorare il lascito familiare, poiché mio padre e mia madre in esso giocarono un ruolo non trascurabile.

Non si dimentichi, infatti, che, a lungo, il vocabolo «industrializzazione» era risultato così imbarazzante e desueto per il comparto da essere stato rimpiazzato dal termine «innovazione».

Per questa ragione, sin dall’inizio, la «I» di SAIE era stata intesa come icona della «nuova industrializzazione», vale a dire della definitiva introduzione del pensiero, della cultura e della prassi industriale nel settore (che non esclusivamente coincidono con manifattura e prefabbricazione).

Io penso, a titolo puramente personale, perciò, che alla vigilia della nuova edizione di Digital&Bim Italia occorra porre e porsi alcuni basilari interrogativi, allo scopo di verificare che sussistano effettivamente le condizioni per una rivisitazione del settore.

L’anno zero della digitalizzazione

Nonostante che una quantitativamente esigua porzione del comparto abbia già conseguito una certa maturità digitale, nei metodi e negli strumenti, la gran parte degli operatori professionali e imprenditoriali è ben lungi dall’aver avviato il processo di digitalizzazione.

In che termini ciò possa avvenire ordinatamente illustrando correttamente a essa che cosa sia davvero la digitalizzazione, a prescindere dall’abuso e dalla banalizzazione dell’acronimo «BIM», su cui molti improvvisati soggetti intendono lucrare, è un’urgenza prioritaria, non solo perché si tratta, comunque, di richiedere notevoli investimenti in risorse culturali, umane e strumentali, ma, soprattutto, in quanto si tratta di un fenomeno per nulla neutrale che comporta pesanti conseguenze sugli assetti del mercato.

Non è, infatti, assolutamente credibile continuare a sostenere che si tratti di un mero efficientamento delle pratiche correnti e consolidate.

Il ruolo della Domanda

La convinzione che, nei processi digitali, che sono processi numerici, in larga parte basati sulla computazionalità, e che richiedono la capacità di approntare modelli e strutture di dati, di possedere, cioè, una sufficiente dimestichezza col dato, la Domanda, pubblica e privata, oggi sembra quasi sempre ignara del significato ultimo della propria identità digitale.

Può essere che, almeno per la committenza pubblica, le prossime scadenze relative agli obblighi legislativi risultino maggiormente stimolanti, ma, allo stato attuale, chiunque conosca minimamente le condizioni effettive delle componenti tecniche e amministrative delle amministrazioni pubbliche è ben consapevole delle difficoltà intrinseche che la digitalizzazione è destinata a incontrare.

Non è possibile ritenere che la committenza pubblica possa davvero digitalizzarsi al di fuori di una strategia complessiva, le cui difficoltà Luca Attias (ndr: commissario per l’Agenda digitale) ha recentemente sottolineato. Lo stesso ha fatto The European House – Ambrosetti.

La questione del valore

Il Cresme, nel nuovo rapporto congiunturale 2020, sottolinea la centralità del tema del valore dell’ambiente costruito, vale a dire dell’estensione ragguardevole che il nuovo settore dilatato della costruzione e dell’immobiliare sta raggiungendo.

È chiaro, però, che questa nuova centralità implica una formalizzazione oggi assente sotto il profilo delle scienze sociali ed economiche, anche al cospetto dei decisori politici e delle istituzioni finanziarie, ma forza gli operatori, altresì, ad acquisire una consapevolezza inedita sulla dimensione del «servizio» che il «prodotto» immobiliare e infrastrutturale sta acquisendo progressivamente, grazie alla sempre più intensa interazione digitale tra fruitori e cespiti.

È evidente, del resto, che ciò trasli il settore da un ambito a modeste marginalità a un contesto di elevate marginalità. Tutto questo, tuttavia, chiama in causa la necessità di snaturare parzialmente il proprio modo di pensare e di agire, anche in considerazione della rilevanza dei temi ambientali, circolari, climatici, sostenibili: nel ciclo di vita e delle vite.

La questione della dimensione e dell’identità dell’Offerta

Nonostante che il settore inizi a trovarsi, entro un paesaggio di mercato profondamente differente rispetto al 2008 e agli anni successivi, in uno stato convalescenziale, i paradigmi dell’aggregazione e della collaborazione, retoricamente esibiti in continuazione, appaiono smentiti dai fatti, come testimonia il rapido declino delle reti di impresa.

È palese il fatto che, come dimostra, per alcuni versi, un caso eclatante in fieri, la digitalizzazione abiliti, o almeno contribuisca a farlo, processi di concentrazione, o almeno d’integrazione: l’illusione di poter efficientare isolatamente le micro e le piccole realtà committenti, professionali e imprenditoriali si profila sempre più nettamente come tale.

Non sarebbe meglio, pur conservando uno spirito critico nei confronti dei processi aggregativi e pur riconoscendo le peculiarità strutturali della Domanda in ambito nazionale, affrontare esplicitamente e dettagliatamente un’analisi dei sistemi di convenienze che ostano a ciò, nonché a quelli che potrebbero agevolarne l’inverarsi?

Mi pare un interrogativo ormai indifferibile, a cui si unisce la sfida identitaria che proprio la servitizzazione dei prodotti, connaturata alla digitalizzazione, accelera.

È sostenibile ancora a lungo, dal punto di vista della cultura industriale, la distinzione netta (di ruoli e di responsabilità) tra professionisti e imprenditori, ma anche tra l’essere Domanda e Offerta, in causa, contro-parti contrattuali?

La questione del rischio

È chiaro che, anche in termini di andamento del mercato edilizio e immobiliare (al netto, in parte, di quello infrastrutturale), avanzi a grandi passi il Metodo-Modello Milano, ergendosi a exemplum per il Paese, in virtù della sua crescita «esponenziale».

A prescindere dal fatto che tale fenomeno potrebbe significare l’esito di una polarizzazione delle risorse di attrattività nazionali in un’ottica scarsamente sistemica, tale Metodo-Modello evidenzia una serie di limitazioni per gli operatori, scarsamente capitalizzati, in termini finanziari, specificamente, ad esempio, di bonding capacity.

Ora, è evidente che la digitalizzazione, oltreché all’incremento della produttività, pertiene principalmente alla mitigazione del rischio.

È fondamentale, perciò, che il settore della costruzione e dell’immobiliare acquisisca una cultura del dato in grado di permeare, senza mediazioni, le logiche degli investitori e dei finanziatori con maggiore efficacia, a titolo esemplificativo, in termini di bancabilità, tanto più in un momento, in cui, tra l’altro, il Digital Banking sta affermandosi in termini di Platformization.

Per fare questo occorre porre in atto rigorose strategie di digitalizzazione dei processi e delle organizzazioni.

di Angelo Luigi Camillo Ciribini, DICATAM & eLux Lab, Università degli Studi di Brescia

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