Città cablata
La logica, naturale estensione delle istanze funzionali e delle soluzioni operative proposte dall’edificio intelligente a tutto il contesto urbano (non solo edifici, uffici, servizi, industriali, residenziali, commerciali ma anche parcheggi, infrastrutture e strade) ci porta alla cosiddetta “città cablata” un modello finale in cui edifici e connettivi dialogano telematicamente in una completa finale destrutturazione dello spazio fisico.
Gli scenari futuribili che ci si prospettano sono però dominati da una fondamentale ambivalenza: in città sempre più soffocate dalla morsa del traffico, dal contrasto tra centri caotici e difficilmente raggiungibili e periferie dormitorio, dalla dicotomia tra la sicurezza dei nostri interni (case e uffici) e i pericoli degli esterni urbani, la prospettiva di poter trascorrere sempre più tempo all’interno delle proprie case e all’interno dei luoghi di lavoro, di poter sostituire il contratto telematico a quello sociale, incontra crescenti favori. Si pensi al telelavoro, agli acquisti per corrispondenza e via internet, all’istruzione a distanza, alla gestione dei conti bancari per terminale. Ma come evitare che i mass media telematici facciano del villaggio globale di Mc Luhan un insieme di case ripiegate su se stesse?
Città delle periferie
Una risposta a questo inquietante interrogativo può nascere da una rimeditazione della struttura sociale delle nostre città, sui rapporti tra il centro cittadino e quelle periferie delle città che si consolidano e aggregano fino a coagularsi in una vera e propria città delle periferie.
La periferia diventa così quartiere, tanti quartieri che hanno tutte le connotazioni di una vera e propria città. Muta così la configurazione urbana. Sempre più sovente si passa da una forma che ricorda l’ameba (capace di trasferire verso l’esterno la propria identità centrale mediante propaggini informi non disegnate e non disegnabili) a una corona di organismi abbastanza definiti che circondano il centro cittadino. Tanti quartieri periferici che rappresentano altrettante periferie fra loro diverse ma costrette a formare un organismo unitario. Affinché possa realizzarsi questo disegno di aggregazione globale è necessario pensare in modo unitario all’intero agglomerato urbano.
E’ opportuno dare enfasi all’identità dei diversi quartieri la cui dimensione e struttura rimane ancora a livello umano. Bisogna allora cominciare con il considerare i vari quartieri, le diverse periferie come organi di uno stesso complesso sia pure dotati di una loro peculiarità. Occorre immaginare una città che sappia compiutamente delegare il decentramento funzionale ai vari quartieri programmandone e controllandone le attività. Un modello che sempre più viene definito macroimpresa o impresa rete.
Laboratorio di quartiere
Ecco quindi che la tecnologia telematica, la cablatura delle città possono svolgere un ruolo virtuoso nel far crescere qualitativamente le periferie. Ecco dunque riproporsi l’esigenza di progettare e realizzare quella struttura urbana che chiamiamo “laboratorio di quartiere”, per sviluppare presso ciascun polo-quartiere urbano, terminali intelligenti di conoscenza, formazione, informazione atti ad assicurare processi programmati di manutenzione delle strutture fisiche presenti nelle diverse periferie urbane.
Studi esemplari sul concetto di “città cablata” sono stati compiuti da Corrado Beguinot, maestro di Urbanistica all’Università di Napoli. Ha scritto Sergio Los ne “L’organizzazione della complessità” (il Saggiatore): “una città continua da un passato che preesiste e si sviluppa molto lentamente, il suo andamento si prolunga oltre le nostre possibili esperienze nel futuro. Noi governiamo soltanto un piccolo tratto della vita di quella città. Ed è per ciò che diventa molto più interessante seguirne le trasformazioni attraverso un controllo in tempo reale che prefigurare nell’utopia il suo aspetto futuro”.
La rete di terminali intelligenti, di laboratori di quartiere che di nuovo si propone costituisce il sistema nervoso attraverso cui tali informazioni possono essere localmente raccolte, elaborate e distribuite: uno strumento operativo per rendere le nostre città più vivibili, più efficienti nell’amministrazione della cosa pubblica, più efficaci nel soddisfacimento delle esigenze prioritarie di sicurezza, benessere individuale e sociale di tutti i cittadini.
Chi è il prof. Gianfranco Dioguardi
Ingegnere, professore ordinario di economia e Organizzazione aziendale al Politecnico di Bari. E’ autore di numerosi testi e saggi che appartengono all’universo delle idee. Nel volume “Ripensare la città” si è dedicato ad approfondire i temi della conservazione e del recupero senza tralasciare il rinnovamento delle città mediante l’uso delle più moderne tecnologie.
Tra i suoi saggi spiccano:
- La natura dell’impresa
- Organizzazione come bricolage
- L’impresa nell’era del computer
- Economia- ingegneria la nuova alleanza
- Della società e della economia
- L’impresa rete
- Organizzazione, cultura, territorio