Punti di Vista │ Arch. Nicola Montini

«Città in una stanza»

Il rapporto tra popolazione anziana e città è bivalente: da un lato è rilevabile un’attrattiva dei centri urbani per la popolazione anziana e dall’altro l’ambiente urbano è fonte di problematiche socio-relazionali, residenziali, co-abitative, assistenziali e di regolazione sociale.

Gli atti del convegno internazionale, svoltosi a Mendrisio, nell’ ottobre 2008, e intitolato «La città e gli anziani», riportano una serie di riflessioni sul ruolo sociale e le necessità dell’anziano rispetto al vivere contemporaneo. Si evince, infatti, che essendo da sempre la città teatro di forme particolari di aggregazione, ma anche di specifiche segregazioni sociali, le forme di convivenza all’interno dello spazio urbano sono andate differenziandosi rispetto ai modelli in uso nelle società rurali tradizionali.

Arch. Nicola Montini
nella foto con l’arch. Gianluca Zoli.

Il rapporto tra popolazione anziana e città è bivalente: da un lato è rilevabile un’attrattiva dei centri urbani per la popolazione anziana e dall’altro l’ambiente urbano è fonte di problematiche socio-relazionali, residenziali, co-abitative, assistenziali e di regolazione sociale. Vi sono differenti scenari per chi abita ambienti rurali o ambienti urbani. Gli anziani dei centri urbani, pur avendo maggiori probabilità rispetto a quelli delle aree rurali di vivere in solitudine, spesso avevano la possibilità di mitigare i rischi di «de-socializzazione» attraverso forme residenziali senza struttura o di tipo extra-familiare.

Gli spazi urbani sono i luoghi in cui si manifestano queste molteplici dinamiche; è  infatti nelle città che, attualmente, la concentrazione della popolazione anziana è la più elevata. Lo spazio urbano diventa il protagonista in primo piano nell’affrontare alcune emergenze sociali. Nel corso degli ultimi decenni il rapporto degli anziani con il mondo urbano è profondamente mutato. La mutata condizione di vita implica nuovi bisogni psicologici e sociali legati alla percezione dello spazio urbano, in termini di sicurezza e di soddisfazione personale.

I quesiti di tipo sociale e architettonico- urbanistico s’intersecano con la sempre maggiore sensibilità relativa alla relazione tra spazio costruito e qualità di vita, in particolare in relazione allo sviluppo della mobilità e alla separazione degli spazi funzionali. In tale ottica, la città attuale è posta di fronte a nuove sfide dettate dalla domanda di spazi di vita (pubblici e privati), compatibili con le molteplici esigenze della popolazione anziana. Diversi studi recenti hanno mostrato l’importanza del rinnovamento degli spazi pubblici per il miglioramento della vita sociale. Comprendere l’importanza della questione sociale è alla base del progetto che vuole privilegiare lo spazio pubblico e condiviso e di conseguenza stabilire i luoghi dell’abitare, quasi come se fosse un piano urbano a scala architettonica.

A sostegno di questa tesi il punto cardine del progetto è uno schizzo poco noto Louis I. Kahn e Oscar Stonorov, ai tempi soci in uno studio che si occupava prevalentemente di Housing sociale «modernista», che rappresenta il sottile confine a scale differenti che intercorre tra la pianificazione della città e la progettazione di una casa, definendo, inoltre, quali sono gli spazi essenziali e quali gli standard per la vita.

La Casa di riposo paragonata a una città
 Effettivamente la progettazione di una casa di riposo per anziani può essere paragonata a una città, dove il limite-confine è definito dal perimetro delle murature esistenti; gli spazi pubblici quali piazze, boulevard e giardini sono rappresentati dai corridoi e dai patii e dagli orti in copertura; e l’housing è costituito dalle cellule abitative per due persone totalmente autosufficienti.
Si tratta di una forma di housing collettivo, dove le funzioni minime sono a disposizione dell’utente in modo privato, mentre la mensa, le aree di riabilitazione e altro ancora sono in condivisione con l’utenza. Ritornando alla questione dell’urbanità è inoltre interessante capire come lo spazio interno a un edificio esistente offra molte opportunità che nelle città dense e compatte non sono così facili da cogliere.
Infatti, in particolare l’ultimo livello degli edifici permette una forte relazione e intersezione tra lo stesso e la copertura piana. Pensando alle città e al loro sviluppo al di là del limite spesso incarnato da grandi campi coltivati, l’unico sfogo potrebbe essere quello di utilizzare la copertura, fondamentale in quanto può migliorare le caratteristiche energetiche dell’edificio, definire un luogo dello stare e del condividere: come il caso degli orti urbani che svolgono una funzione determinante e danno un senso alle giornate di chi abita queste strutture.
Attualmente vi sono diverse strutture di questo genere che non sfruttano totalmente le possibilità socio- politico- energetico- architettoniche che permetterebbero il riuso di luoghi urbani degradati e inutilizzati. Inoltre la «questione sostenibilità», attualmente molto in voga, potrebbe migliorare in modo sensibile tali edifici e luoghi dello stare. A tal proposito il modello diventa esportabile e riproducibile infinite volte soprattutto come modello concettuale e non esclusivamente architettonico. Il paradosso potrebbe essere quello della: “Città in una stanza”.
L’Associazione italiana progettisti d’interni (Aipi) ha bandito la IV edizione del Concorso internazionale di interior design (2011-2012) avendo per tema «Progetta la nuova casa per la mia terza età». Con gli architetti Alessandro Bucci,Gianluca Zoli, Alessandra Rampazzo capeggiati dall’arch. Marcello Galiotto abbiamo presentato un progetto che si è aggiudicato il primo premio per la categoria professionisti.

Le linee del progetto
La qualità del vivere e dello stare insieme hanno imposto come regola delle cellule abitative da due utenti ciascuna con bagno a disposizione, in grado di dare qualità anche alla vita privata e non solo ai luoghi dello stare. A tal proposito trattandosi di cellule/nuclei, si è sviluppata una struttura in legno indipendente, chiusa su se stessa e termicamente isolata che può essere composta e ricomposta in nuclei aggregativi molto differenti e di contesti più o meno pregiati. Infatti, tali strutture possono non intaccare le murature e i solai esistenti.
L’aggregazione delle stesse avviene attraverso un processo di articolazione secondo una serie di fasi temporali. La struttura basica di partenza che prevedeva aggregazione centrale e spazi verdi sul perimetro, articolandosi rende più interessante lo spazio determinato da restringimenti e aree più ampie che diventano così una sorta di spazio urbano denominato «soggiorno diffuso», preferibile e più simile alla vita della città rispetto a una stanza racchiusa da quattro mura. Secondo questo impianto tutte le funzioni richieste vengono rispettate e la sala teatro sul tetto diventa lanterna spettacolare di giorno e di notte che affaccia sul giardino-orto sviluppatosi con il passare del tempo. La suggestione del patio, altro elemento caratterizzante del progetto, nasce dalla volontà di far dialogare intensamente i due livelli e soprattutto dalla possibilità di creare una buffer zone di contatto tra l’edificio e i nuclei al fine di migliorare le condizioni energetiche degli stessi. Il patio quindi diventa il giardino privato di ogni singola casa, che essendo in una «città in miniatura» molto densa deve essere chiuso, quasi segreto e luogo d’intimità per chi lo abita.

Cromoterapia
La cromoterapia è al centro del progetto che cerca di privilegiare lo stare e il vivere, per questo ogni tipologia di ambiente ha il suo colore.  All’interno di ogni nucleo vi è una parete azzurra, denominata «muro dei ricordi», dove gli ospiti possono appendere i propri oggetti, fotografi e significative, e altro ancora. Essendo strutture molto compatte ma che necessitano di molti contenitori, l’arredo è stato disegnato su misura per ottenere maggiori spazi funzionali possibili e una perfetta integrazione con la struttura scatolare, tanto da diventarne parte integrante.
Sono stati concepiti anche luoghi privati come le nicchie posizionate nella zona filtro con l’esterno che determinano un piccolo angolo meditativo. Ogni abitante può portare alcuni oggetti quali sedie, quadri e altro ancora all’interno della propria «casa» in modo da renderla più vicina al proprio ideale, pur permettendo alla struttura un’omogeneità globale che la rende un quartiere high density compiuto e definito.
Arch. Nicola Montini (nella foto con l’arch. Gianluca Zoli)

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