Indagine | Guamari

Classifica edilizia privata 2021: al primo posto Techbau

La quarta edizione del Rapporto Guamari sull'edilizia ha come principale novità l’ampliamento della classifica dalle prime 50 alle prime 55 imprese scelte tra le 58 che hanno fornito i dati). Per fatturato 2021 la classifica vede al primo posto Techbau e si chiude con Building (che fa il suo ritorno dopo un anno di assenza). Il “podio” al vertice è completato da due imprese generali (Cmb e Rizzani de Eccher) seguite da Impresa Percassi. Le altre imprese generali (meno attive nell’edilizia privata) sono rispettivamente sesta (Itinera), ottava (Carron) e undicesima (Pizzarotti).

È stato dato alle stampe il Rapporto predisposto dalla società di ricerca Guamari dedicato, per il quarto anno, a un segmento specifico dell’offerta italiana di costruzioni: l’edilizia privata (prevalentemente in conto terzi ma in alcuni casi anche in conto proprio) realizzata dalle prime cinquantacinque imprese che nel 2021 hanno fatturato almeno una ventina di milioni.

Di ognuna di queste si pubblicano (e commentano) i principali dati di bilancio (alcuni dei quali aggiuntivi rispetto a quelli pubblicamente consultabili al Registro Imprese), in una serie storica quinquennale. Illustrando anche posizionamento di mercato, strategie imprenditoriali e le commesse recenti più significative.

I numeri e i commenti pubblicati in questo Rapporto saranno lo spunto per un approfondimento delle prospettive dell’imprenditoria previsto in un incontro-dibattito tra i principali operatori della domanda e dell’offerta (privata) ospitato a Milano da Assimpredil Ance il 30 novembre 2022 (mattina).

Lo scenario di mercato

Venendo alle analisi congiunturali secondo l’Ance il settore delle costruzioni ricomincia a crescere nel 2021 chiudendo l’anno con un più 20,1 percento in termini reali (con aumenti generalizzati in tutti i comparti) rispetto al 2020 che, ancora più significativo, si era limitato a diminuire del 6,2 percento rispetto al 2019 (anno “prepandemico”).

Ripartendo i dati 2021 per comparti, gli investimenti in abitazioni (in larga prevalenza privati) crescono del 21,7 percento (e pesano per il 36,6 percento del totale nella manutenzione straordinaria e per il 10,4 percento nella nuova edificazione); le costruzioni non residenziali si incrementano del 18,6 percento (e pesano per il 33,3 percento le private e per il 19,7 percento le pubbliche, sostanzialmente infrastrutture).

Quanto alle previsioni per il 2022 gli investimenti in costruzioni dovrebbero crescere di un altro 12,1 percento: 18,1 percento nelle abitazioni (di cui la manutenzione straordinaria pesa per il 39,8 percento e la nuova edificazione per il 9,7 percento) quelli nelle costruzioni non residenziali sono attesi espandersi del 6,6 percento (di cui l’edilizia non residenziale privata pesa per il 32,2 per cento sul totale e la pubblica, cioè le infrastrutture, del 18,3 percento).

Malgrado questi numeri è dall’inizio del 2020 che il mercato delle costruzioni deve far fronte a situazioni emergenziali che mettono a dura prova la capacità degli imprenditori di essere al contempo reattivi e resilienti.

Questo è soprattutto vero nel mercato internazionale (dove però le nostre imprese, con qualche rara eccezione, si cimentano assai poco per quanto riguarda l’edilizia privata), nel quale la globalizzazione è ostacolata in molti modi (sia nei flussi di attività in uscita che in entrata) con riflessi significativi anche sul mercato nazionale.

Esattamente due anni dopo l’improvviso manifestarsi di una  pandemia sanitaria ancora latente (che ha, tra gli altri guasti, imposto mesi di arresto ai cantieri per adeguarsi alle nuove norme e pratiche sanitarie, e inferto un primo grave colpo alla crescente mobilità internazionale degli operatori) è scoppiata nel centro stesso dell’Europa una guerra (l’attacco della Russia all’Ucraina) che non si sa dove porti ma ha già sconvolto gli equilibri macroeconomici a livello mondiale (causando imprevista inflazione, carenze di materie prime e, soprattutto, mettendo in crisi la fiducia tra sistemi Paese senza la quale la globalizzazione non può che arretrare).

Se la prima crisi (pandemica), a volerne cogliere gli aspetti positivi, oltre a uno sforzo benvenuto di miglior organizzazione dei cantieri dal punto di vista della sicurezza (sanitaria, ma non solo) sta portando a nuovi comportamenti nell’uso dell’ambiente costruito (in particolare con una “banalizzazione” dei luoghi di residenza per renderli sempre più adatti anche al lavoro da remoto) la seconda crisi (bellica e geopolitica) è foriera solo di incognite e di minacce (a cominciare da  un’improvvisa impennata dell’inflazione dopo un lungo periodo di deflazione).

La speculazione che accompagna ogni evento bellico sta scaricando su un settore ad alta intensità sia di manodopera che di materie prime (con le relative problematiche di trasporto) come quello delle costruzioni una condizione talmente “fluida” che mina alla base ogni certezza contrattuale e impedisce sia a committenti che a imprenditori di far programmi (e sperare di rispettarli).

La famosa triade “costi/tempi/qualità” che dovrebbe equilibrare i rapporti tra domanda e offerta sulla base di una progettazione davvero esecutiva perde ogni attendibilità a fronte delle quotidiane fluttuazioni dei corsi delle forniture (materiali ma anche immateriali).

Di conseguenza ogni contrattazione (soprattutto nel settore privato, non regolamentato come il pubblico) si trova esposta a un’arbitrarietà che rischia di disincentivare gli investimenti. A meno che un rapido sforzo di accordarsi su “regole del gioco” condivise non riesca a ristabilire una qualche fiducia tra le parti.

Oggi più che mai formule contrattuali collaborative tra domanda e offerta (del tipo “win-win” nella terminologia anglosassone) sono l’unica speranza di affrontare l’incertezza con la resilienza cumulata di tutti gli attori delle costruzioni.

Qui la classifica 2022 

Quanto alle evidenze della nostra indagine sul mercato dell’edilizia privata così come è riuscito a prosperare finora malgrado un quadro insoddisfacente di regole grazie al buon senso e alla concretezza sia dei committenti che degli appaltatori, la quarta edizione del Rapporto ha come principale novità l’ampliamento della classifica dalle prime 50 alle prime 55 imprese scelte tra le 58 che hanno fornito i dati).

Anche per fatturato 2021 la classifica vede al primo posto Techbau e si chiude con Building (che fa il suo ritorno dopo un anno di assenza). Il “podio” al vertice è completato da due imprese generali (CMB e Rizzani de Eccher) seguite da Impresa Percassi. Le altre imprese generali (meno attive nell’edilizia privata) sono rispettivamente sesta (Itinera), ottava (Carron) e undicesima (Pizzarotti).

Le imprese attive esclusivamente in edilizia privata si confermano in minoranza (22) a cui se ne aggiungono 11 che pur non raggiungendo la totalità dei ricavi fatturano oltre l’85 percento in edilizia privata.

Le maggiori crescite di cifra d’affari appartengono a GSE Italia (unica filiale di un gruppo straniero che fattura due volte e mezzo rispetto al 2020), CDS Costruzioni (che cresce di 2,4 volte) e Devero Costruzioni (più 111,1 percento).

A spiccare per i maggiori utili (rapportati al fatturato) sono tre imprese che lavorano esclusivamente in edilizia: Guffanti A. (gruppo Ginvest) dalla forte componente immobiliare (14,5 percento), Sa-Fer, specializzata nel comparto commerciale (12,5 percento) ed Edil Pietro (10,5 percento).

I maggiori portafogli ordini a fine 2021 (sempre in rapporto al fatturato) spettano a tre realtà fortemente attive nei lavori pubblici come De Sanctis Costruzioni (con commesse che valgono 8,2 volte il giro d’affari), Rizzani de Eccher (4,8) e Pizzarotti (4,6), mentre tra le specializzate in edilizia privata svettano Building (4,6), Techbau (4,3) e Colombo Costruzioni (3,7).

I numeri d’insieme 

Nel 2021 le 55 imprese in classifica fatturano in totale 8,4 miliardi (in crescita su base annua del 20,8 percento) e nella sola edilizia privata 4,2 miliardi (più 19,1 percento) con una lieve riduzione della sua quota da 51,6 a 50,8 percento. Un aumento che conferma la ripresa del settore dopo un 2020 segnato da un blocco temporaneo dei cantieri.

L’attività in edilizia privata è ancora limitata nella maggioranza dei casi al territorio nazionale (spesso regionale) tanto che solo nove imprese dichiarano una quota (anche minima) di fatturato internazionale per committenti privati raggiungendo un export del 12,2 percento trainato da tre big come Pizzarotti, Rizzani de Eccher e Itinera che dichiarano quote rispettivamente del 90,5, 85,8 e 82 percento.

Se alcune società lamentano marginalità ridotte dovute al generale aumento dei costi (del lavoro, delle materie prime, dei trasporti, ecc.), a livello totale la redditività mostra miglioramenti nelle sue diverse voci: l’ebitda aumenta del 29,8 percento, l’ebit è quasi due volte e mezza superiore al valore 2020 e il risultato netto passa da una perdita di 72,1 milioni a un utile di 8,9 milioni.

L’indebitamento finanziario netto del campione si riduce del 7,4 percento e vale meno della metà del patrimonio netto, in aumento del 2,2 percento anche grazie alla presenza di 19 imprese che possono vantare una posizione finanziaria netta attiva.

Il portafoglio ordini a fine 2021 (il cui dato è fornito da sole 41 imprese) vale 25,6 miliardi (più 11,1 percento) con una quota nel privato che sale dal 34,1 al 35,2 percento.

Nel 2021 le top 55 impiegano 15,9 mila addetti, dato in crescita del 7 percento su base annua.

I numeri del privato 

A differenza delle altre edizioni, quest’anno l’andamento delle 33 imprese specializzate in edilizia privata è sì positivo ma non denota una differenza così marcata rispetto ai dati dell’intero lotto.

Questo campione ridotto fattura 2,3 miliardi nel privato, evidenziando un incremento del 27,2 percento, con una quota di cifra d’affari internazionale scesa dal 2,2 al solo 0,9 percento.

I dati reddituali mostrano miglioramenti minori rispetto all’insieme delle top 55 imprese, ma questo si spiega anche col fatto che già nel 2020 queste imprese risultavano in buona salute: dai nostri calcoli l’ebitda aumenta del 22,5 percento, l’ebit del 22,7 e l’utile netto del 42,2 percento.

Sono invece ottimi i numeri dello stato patrimoniale perché l’indebitamento finanziario netto si riduce del 59,8 percento (13 sono le posizioni finanziarie nette attive) risultando quasi 20 volte inferiore al patrimonio netto, salito del 12,4 percento. Questo malgrado il fatto che alcune imprese, operando anche in conto proprio, sono più indebitate delle altre.

Il portafoglio ordini delle 22 società che hanno fornito il dato si incrementa del 14 percento, mentre la forza lavoro (delle 33 che l’hanno indicata) cresce del 5,3 percento.

servizio a cura di Aldo Norsa e Stefano Vecchiarino

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