Guida Pratica | Affresco

Conservazione: i lavori di restauro del Pantheon di Staglieno

Nella scheda vengono descritte le operazioni eseguite sugli  stucchi del Pantheon del cimitero storico di Staglieno (Genova). L’intervento di restauro sugli stucchi, all’interno della struttura, ha riguardato le lavorazioni di spolveratura preliminare e pulitura con tamponatura di acqua deionizzata.

Nel 2001 la Soprintendenza per i Beni architettonici e per il paesaggio della Liguria ha iniziato un intervento di restauro del Pantheon, realizzando la pulitura dell’altare principale, la pulitura e ripresa di stucchi e il restauro di alcune delle colonne in marmo nero all’interno della chiesa.

Tra il 2003 ed il 2004 il Pantheon è stato oggetto contestualmente di due interventi di restauro realizzati, con due finanziamenti distinti, dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e per il paesaggio della Liguria e dal Comune di Genova.

Il Comune ha eseguito i lavori di restauro dei due campanili laterali sul retro, dei due cavedi tra chiesa e campanili, dello scalone e dei locali sottostanti, mentre la Soprintendenza ha completato l’intervento già precedentemente iniziato nel 2001.

Le stuccature sono state realizzate rispettando le storiche composizioni: gesso per integrare o ricostruire gli stucchi in gesso e impasti di calce e polvere di marmo per quelli a base di calce. Le superfici in stucco lucido a finto bardiglio sono state restaurate in maniera analoga.

La chiesa del Suffragio (o Pantheon) ha pianta circolare, copertura a cupola con rosoni in stucco e lanternino in ferro e vetro. Sedici colonne nere sostengono un camminamento anulare al di sotto del quale è presente un bel soffitto a cassettoni con cornici in stucco. I paramenti murari esterni sono intonacati e colorati con colore verde pastello.

Materiali

Molte informazioni sulla costruzione del Pantheon di Staglieno sono state reperite nei documenti scritti trovati in archivio. Tra le materie prime da portare in cantiere si cita la calce di Sestri fusa, l’arena di mare della spiaggia di ponente «netta e nuova da sostanze eterogenee» e la «pozzolana in natura» utilizzata probabilmente per la formulazione delle malte idrauliche; sabbia d’arena fina, «copertine di cemento idraulico con sagoma», griglie in ghisa, colore e stucco a olio per le parti metalliche. Queste informazioni sono poi state confrontate con quanto osservato e analizzato direttamente in cantiere. Qui di seguito se ne dà una sintesi.

Sono state eseguite analisi mineralogico-petrografiche, analisi stratigrafiche in sezione lucida e in sezione sottile, analisi Sem, analisi spettrofotometriche Ir.

Intonaci

È stato confermato l’utilizzo, già previsto dal progetto iniziale, di diversi tipi di malte per stucchi e finiture; tuttavia sono state rilevate anche alcune sostanziali differenze dovute a ripensamenti in corso d’opera. Nei progetti il «cemento idraulico» era previsto per le zone soggette a forte presenza di umidità (parti seminterrate) o esterne esposte alle intemperie.

La finitura del fondo della facciata e dei fianchi del pronao, in origine, doveva essere a finte bozze in rilievo e acquerello, fu poi integralmente realizzata con lastre di marmo.

Le cornici esterne e il fregio con festoni e candelabre furono realizzati con «cemento idraulico a norma del disegno» compreso «acquerello imitante la pietra di Nizza», tranne quella superiore, realizzata in vera pietra.

Il bugnato all’esterno fu realizzato con una malta idraulica di coloritura non sempre uniforme, probabilmente per la variazione della composizione delle sabbie (in alcuni casi non locali), pozzolana, cocciopesto e argille: colorazione decisamente più giallina sul tamburo e più grigiastra nelle parti inferiori, dove una sabbia più grossolana di provenienza padana fu volutamente lasciata emergere dalla fratazzatura superficiale. Il colore di fondo fu poi utilizzato come base cromatica per la successiva coloritura verde chiaro a calce.

Stucchi in gesso, malta di calce e malta idraulica

Per i rosoni della cupola furono utilizzati stampi e gesso purissimo. Le casseforme erano molto articolate, a causa dei numerosi sottosquadri. Il fissaggio al corpo murario avvenne tramite grosse chiodature di ferro.
L’analisi chimica effettuata ha rilevato un’applicazione superficiale di fissativo o turapori composto da acqua di calce steso sulla superficie degli stucchi.

I pannelli decorativi con candelabre e festoni, furono ottenuti in gran parte a stampo e limitatamente a modellazione diretta, la presenza di residui di un distaccante alterato conferisce in alcune zone una tenue colorazione giallina.

Gli angioletti dei pannelli, recanti simboli della Passione, furono invece realizzati separatamente a modellazione diretta a piè d’opera e quindi assemblati sul fondo liscio. Sempre a piè d’opera o in laboratorio fu realizzato gran parte dell’apparato decorativo in stucco e marmo delle pareti.

Le cornici modellate in loco, come quella alla base della cupola, invece furono realizzate con l’antica tecnica del marmorino di calce su intonaco, poi completata con parti di gesso a stampo (si rintraccia facilmente un modulo ripetuto di circa 40 cm).

Nel fregio sul colonnato gli elementi ripetuti a stampo sono accostati in modo vario ma con grande maestria; alcuni moduli decorativi sono rigorosamente ripetuti in più parti del monumento (teste del cherubino, motivo nastriforme, candelabre).

La chiesa era stata danneggiata all’interno da copiose infiltrazioni di acqua, che avevano rovinato soprattutto alcuni stucchi. Queste avevano determinato distacchi di materiale, mancanze, efflorescenze, disgregazioni.

Coloriture e finiture

All’interno gli intonaci e gli stucchi di cupola e pareti sono rifiniti con un «finimento con intonaco e tinta imitante lo stucco», in stucco lucido sono invece i decori della volta e il basso tamburo alla base della cupola nel ballatoio. Lo stesso intonaco «imitante lo stucco» venne utilizzato per coprire le travi di sostegno delle coperture del deambulatorio e del pronao. Lo stucco lucido in tonalità chiara simula il marmo bianco, e in tonalità grigia leggermente venata il marmo bardiglio.

I cassettoni della cupola, del deambulatorio e del pronao con struttura lignea e canniccio, furono intonacati e stuccati e dipinti con «acquerello» a finto marmo.

Nelle parti di minore importanza e pregio erano previsti intonaci «semplici con imbiancamento», mentre sulle ampie superfici destinate a imitare il marmo si prevedeva «intonaco finito con pasta di calce e acquerello», modellato a «finte bozze o graffito finito con arenino fino fresco e qualità silicea, con tinta imitante la pietra di Nizza oppure quella di La Spezia» oppure un «finimento a stucco lucido composto di smalto con pozzolana imitante la pietra di Nizza» per imitare la superficie e il colore delle pietre adottate nelle parti monumentali del cimitero, ossia la pietra calcarea di La Turbie di una calda tonalità di bianco e la grigia arenaria di La Spezia.

Nel grande settore rettangolare al centro della facciata, che doveva ospitare un fregio ad altorilievo, il rinzaffo dell’intonaco, rimasto a vista per molti anni, fu poi ricoperto, probabilmente alla fine degli anni trenta del Novecento, da una semplice stuccatura liscia acquerellata a finte lastre di marmo bianco; questo strato è uno stucco di gesso e colla, materiale insolito per una applicazione esterna. La mancanza di adesione al fondo di questo strato, ne ha causato il distacco e quindi la perdita quasi totale.

Su tutti gli elementi sia in gesso sia in calce fu applicata una discreta sequenza di coloriture a calce, a volte leggere, in altri casi più coprenti: vi è comunque una perfetta commistione tra marmi e pietre reali, e stucchi e marmorini a imitazione del marmo.

Mentre all’interno i colori variavano dal bianco del marmo statuario al grigio bardiglio e al nero quasi assoluto delle colonne, all’esterno è presente una cromia più ricca, per la maggiore varietà di materiali e coloriture, anche in relazione all’architettura di tutto il camposanto e alla presenza della vegetazione.

Mentre le coloriture interne assecondano e imitano le parti marmoree, all’esterno la cromia terra verde del bugnato si propone come un colore autonomo. Rinvenuta in gran quantità sotto le scialbature gialle del tamburo, e in alcuni punti delle altre murature esterne del Pantheon, è stata integralmente ripristinata con colore a calce.

Intervento di restauro

Sugli stucchi, all’interno della struttura, sono state effettuate le seguenti lavorazioni:

  • spolveratura preliminare
  • pulitura con tamponatura di acqua deionizzata
  • rifinitura a bisturi, per l’asportazione delle polveri dello sporco e per l’eliminazione delle ridipinture a tempera maggiormente solubili
  • impacchi di polpa di cellulosa e carbonato di ammonio (nella cornice alla base della cupola)
  • rimozione a bisturi delle tenaci ridipinture. In generale, però, non sono state trovate stratificazioni consistenti di ridipinture, anzi su ampie zone era ancora visibile la coloritura originale grigio chiara, con tenui velature marmorizzanti; in alcuni casi le vecchie ridipinture sono state mantenute
  • è stato in molti casi necessario integrare le superfici con estese velature, perché impoverite matericamente a causa della perdita delle velature a tempera magra, o perché alterate. Si è sempre avuta l’accortezza di riequilibrare i rapporti cromatici e chiaroscurali tra le partiture in stucco e gli inserti di marmo vero. In alcuni casi sono state recuperate alcune impercettibili sfumature nei chiaroscuri, che servivano ad animare i rilievi.

All’esterno si è intervenuti con analoghi intenti, anche se più grave era il problema delle ridipinture e del degrado da dilavamento. Nell fregio è stato, infatti, integrato quasi completamente lo strato di pittura a calce, perduto, in buona parte, a causa dell’esposizione agli agenti atmosferici.

L’analisi stratigrafica ha messo in evidenza la stesura di più paste di grassello tinto in grigio con pigmento e finite con una stesura superficiale più sottile e chiara.

Chi ha fatto Cosa

Progetto di restauro: primo lotto anno 2000 – secondo lotto anno 2003
Esecuzione in cantiere: Rup arch. Liliana Pittarello lotto anno 2000 – Rup arch. Gianni Bozzo lotto anno 2003
Progettista e direttore dei lavori: ing. Rita Pizzone lotto anno 2000 – 2003
Collaboratori alla progettazione e direzione dei lavori: restauratori sigg. Paola Parodi e Stefano Vassallo lotto anno 2000 – 2003
Ispettore di cantiere: arch. Michele Cogorno lotto 2003
Collaboratori: Rup arch. Michele Cogorno e sig. Giuseppe Burgio lotto anno 2003
Coordinatore per la sicurezza: arch. Augusto Marchioni lotto anno 2000 – 2003
Alta Sorveglianza: Soprintendente Liliana Pittarello lotto anno 2000
Alta Sorveglianza: Soprintendente Maurizio Galletti lotto anno 2003

Riflessioni a margine dell’esperienza di restauro

Questo intervento è stato supportato sin dall’inizio da una attenta analisi dei materiali anche con esami di laboratorio, quando questo era necessario.
Tutto ciò ha permesso d’individuare minute differenze nei materiali e nel loro trattamento di superficie; per esempio le complesse candelabre sono state realizzate all’interno in gesso ed esternamente in malta idraulica. La malta idraulica di colorazione rosata era stata ottenuta con una consistente aggiunta di cocciopesto, il totale dilavamento della tinteggiatura a finta pietra di Nizza ha consentito di apprezzare l’utilizzo d’impasti di preparazione artigianale con differenze tra una gettata e l’altra sui diversi elementi ottenuti a stampo. Le analisi hanno rivelato la presenza nell’impasto anche di gesso, usato forse come accelerante della presa. Le indagini effettuate hanno consentito, inoltre, di individuare in modo corretto segni di lavorazione: per esempio nei pannelli con festoni (stucchi eseguiti a stampo dallo stuccatore Gerolamo Centenaro tra il 1876 e il 1878), prima dell’intervento di restauro, si potevano notare delle velature gialle che a uno sguardo superficiale avrebbero potuto essere scambiate per residui di doratura e che invece, grazie alle analisi, si sono rivelate tracce del materiale utilizzato per facilitare il distacco della matrice dello stucco dalla sua forma. In questo modo, da questi elementi, si sono potute avere anche informazioni sulla modalità di lavoro.
Questi dettagli sono stati conservati mettendo a punto un intervento puntuale e discreto come quello sopra descritto.

Per saperne di più

Ministero per i Beni e le Attività culturali, Soprintendenza per i Beni architettonici e per il Paesaggio della Liguria (a cura di), La cappella dei Suffragi Pantheon del civico cimitero di Staglieno. Studi e Restauri 2001-2004, prefazione di Rita Pizzone, Ideazione e supervisione di Rita Pizzone, ricerche di Luce Tondi, Paola Parodi, Stefano Vassallo, redazione del testo di Stefano Vassallo, Rita Pizzone e Paola Parodi, ed. Ape, Genova 2004.

QUI Guida Pratica | Puliture | Strati sovrammessi: il restauro delle colonne del Pantheon di Staglieno

Daniela Pittaluga,
Università di Genova, Scuola di Specializzazione in Beni architettonici e del paesaggio

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