Punti Di Vista | Bruno Gabbiani, Presidente Ala Assoarchitetti

Dal Codice degli Appalti a un codice per il progetto delle opere pubbliche

Il presidente Gabbiani passa in rassegna le nuove norme e indica cosa è essenziale ancora modificare per mettere a punto un processo di produzione delle opere pubbliche, che ci avvicini agli standard internazionali senza dimenticare il mercato degli incarichi privati che hanno l’esigenza di dare vita a opere di qualità, soprattutto in funzione del rispetto dell'ambiente e del paesaggio.
Bruno Gabbiani | Presidente Ala Assoarchitetti
Bruno Gabbiani | Presidente Ala Assoarchitetti

Se potessimo dimenticare per un attimo lo stato miserando degli studi italiani d’architettura e d’ingegneria, potremmo esprimere alcune non secondarie considerazioni positive, sui provvedimenti che il Governo Renzi ha varato per migliorare la normativa sull’affidamento degli incarichi professionali pubblici.

Si tratta, per inciso, di provvedimenti per i quali Ala Assoarchitetti s’è battuta da sempre e sui quali, questa volta, s’è concordemente impegnato l’intero sistema delle professioni d’architetto e ingegnere, nelle sue componenti di Cnappc, Cni, Inarcassa e sua Fondazione.

Se assunti al momento giusto e accompagnati dagli altri, altrettanto essenziali di cui diciamo più avanti, questi provvedimenti avrebbero evitato il tracollo degli studi di progettazione, le conseguenti perdite di posti di lavoro e di mercati internazionali, il passivo della bilancia dei pagamenti del settore e infine, anche la diaspora all’estero dei giovani progettisti.

Passiamo quindi in rassegna cos’è cambiato con le nuove norme e soprattutto cosa è essenziale ancora modificare, per mettere a punto un processo di produzione delle opere pubbliche, che ci avvicini agli standard internazionali.

Il nuovo Codice ha finalmente indebolito l’istituto dell’affidamento dell’incarico al massimo ribasso, propendendo per la scelta della “prestazione economicamente più vantaggiosa”. Questo concetto, come disciplinato dalla nuova legge, non tiene però ancora conto della componente essenziale, costituita dal valore intellettuale e quindi creativo della prestazione: quel valore aggiunto che fa la differenza tra un onesto progetto tecnico e una vera opera d’architettura, destinata a durare nel tempo e a formare il gusto di coloro che la utilizzeranno o semplicemente la visiteranno.

Beninteso, non stiamo qui affermando l’importanza di privilegiare contenuti meramente estetici, sulla cui valutazione oltretutto ciascuno può legittimamente dire la sua, ma bensì che scuole, ospedali, uffici pubblici, teatri, aeroporti e stazioni ferroviarie d’adeguata qualità architettonica, oltre che essere meglio utilizzabili e più duraturi, oltre che essere degni di costituire la città del XXI secolo, favoriscono quel senso di rispetto civico e d’appartenenza sociale, che il nostro popolo ha urgente necessità di ri-acquisire e che opere troppo sciatte hanno invece contribuito ad affievolire.

La speranza è anche che il provvido spostamento degli incentivi concessi ai tecnici interni della P. A., dalla progettazione alla programmazione delle opere, riesca a ricostituire quel volano di lavoro, che in altri Paesi consente agli studi di progettazione di strutturarsi adeguatamente, per competere anche all’estero.

Rimane anche necessaria una più completa separazione dei ruoli tra chi commissiona l’opera, chi la progetta e dirige e chi la costruisce, tutti attori che portano per propria natura, interessi in legittimo conflitto e che pertanto non possono sovrapporsi, senza compromettere il buon risultato dell’opera stessa.

Da questa sommaria analisi risulta che il Governo dovrà ancora rimettere mano al settore e a nostro avviso, lo potrà fare efficacemente soltanto emanando un nuovo codice specifico per gli incarichi d’architettura, che prenda atto della fondamentale differenza che esiste tra la prestazione di servizi in genere e la prestazione intellettuale e quindi riconosca, con tutte le conseguenze del caso, soprattutto la centralità del progetto.

Prendendo atto di tale specificità, il codice dovrà anche stabilire, sempre nel pubblico interesse, che nessuna prestazione possa essere fornita sotto costo e quindi dovrà estendere il principio d’anomalia dell’offerta ai contratti di fornitura delle prestazioni professionali.

Su analoghi principi del resto s’è recentemente espressa anche l’Anac, alla quale per la loro delicatezza, è stato affidato il controllo di questi appalti.

Saranno poi le associazioni professionali, come avviene in Usa e Germania, a formulare dei listini dei costi di produzione delle prestazioni, che tengano costo delle spese di struttura e di adeguate remunerazione del personale degli studi. Non si tratterebbe di tariffe minime, ma di riferimenti derivati da calcoli induttivi, che consentirebbero alle commissioni aggiudicatrici degli incarichi pubblici di non avallare involontariamente manovre oscure, mascherate da una pretesa, ma non reale, capacità di concorrenza.

Infine e di riflesso, si potrebbe iniziare a mettere ordine anche nel mercato degl’incarichi privati, che oggi è perturbato dalla sovrabbondanza dell’offerta. Anche in questo campo, che qualcuno vorrebbe circoscritto al solo interesse privato e agli accordi tra committente e progettista, è al contrario presente un fondamentale interesse pubblico, costituito dall’esigenza di ottenere opere di qualità in senso lato, soprattutto in funzione del rispetto dell’ambiente e del paesaggio, della sicurezza e dei risparmi energetici.

Pertanto le trasformazioni del territorio non possono rimanere abbandonate all’esclusivo arbitrio degli interessi particolari, senza provocare nuovi danni all’ambiente e al paesaggio.

Bruno Gabbiani, Presidente Ala Assoarchitetti

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