Punti di Vista | Bruno Gabbiani, Ala Assoarchitetti

Decreto legge 32/2019: massimo ribasso e offerte anomale

Ci sembra che il Governo abbia preferito dare risposte semplificate a temi di straordinaria complessità, come dimostra la reintroduzione dell’affidamento mediante concessione, destinato a causare nuovi squilibri, in un settore già da tempo in sofferenza. Ritorneremo sul tema una volta che il decreto legge sarà stato convertito, nella speranza che le motivate posizioni espresse dalle categorie interessate siano adeguatamente considerate da Governo e Commissioni.
Bruno Gabbiani | Presidente Ala Assoarchitetti.

Una battaglia comune ad appaltatori, professionisti e cittadini

Il Governo Conte-Di Maio-Salvini ha emanato alcuni provvedimenti in materia d’appalto d’opere e di servizi, poi sfociati nel dl 32/2019, ora in fase di conversione in legge.

Il provvedimento appare anche critico nei confronti dell’Anac, che negli anni ha prodotto una mole di provvedimenti che, se sono stati fattore d’ulteriore complicazione per tutti gli operatori (stazioni appaltanti, progettisti, costruttori), sono anche lo specchio della complessità raggiunta dal settore.

Con questo decreto legge, il “Governo del rinnovamento”, dichiarando di voler velocizzare il sistema degli appalti, incrementa il ricorso a mezzi e procedimenti informatici, ma punta ancor più sulla ri-attribuzione di un ruolo centrale nella progettazione, agli uffici tecnici interni alla pa.

Un indirizzo ispirato alla L. 109/94 (ministro il democristiano-ulivista Francesco Merloni, nel Governo Ciampi), che fino a ora era il provvedimento più statalista del settore degli appalti.

In questa sede, più che trattare degli aspetti tecnici del provvedimento, già autorevolmente commentati, c’interessa comprendere cosa sta dietro a un provvedimento così incisivo, per il settore delle opere pubbliche, che rimane nevralgico per l’intero Paese, oltre che per architetti e ingegneri liberi professionisti e imprese di costruzione.

Nello sviluppare un ragionamento attorno a questi temi, chiediamo però al lettore d’accreditarci della buona fede d’esprimerci in nome della necessità, per il Paese di disporre di un sistema d’attribuzione degli incarichi di progettazione, direzione e costruzione delle opere, finalizzato alla qualità delle opere pubbliche (e quindi all’interesse degli utenti d’ottenere qualità e servizi) e non per interesse corporativo dei soggetti interessati (liberi professionisti, dipendenti pubblici, appaltatori).

Concentriamoci sui punti più incisivi. Con il dl 32/19 è abolito il tetto del 30% da attribuire al punteggio economico, nelle gare per i servizi di progettazione e così il massimo ribasso ritorna il fattore d’assegnazione dell’appalto.

Ma questa è la “la madre di tutti gli errori”: non si ripeterà mai abbastanza che il massimo ribasso non è quasi mai il giusto prezzo per le costruzioni, opere delicate, destinate a durare a lungo e delle quali si potrà apprezzare il vero valore, soltanto quando ormai saranno, irrimediabilmente da tempo entrate in esercizio.

Una buona legge sui contratti deve invece operare sui meccanismi e sui controlli, sulla moralizzazione degli operatori, sulla professionalizzazione delle stazioni appaltanti, deve disciplinare a priori in modo inequivocabile, l’obiettivo della pa.

Solo così si potranno avere opere di qualità, remunerazioni equa e dignitosa per tutta la filiera (operai, subappaltatori, appaltatori, tecnici) sicurezza nei cantieri, efficienza e durabilità delle opere. Analogamente, il concetto d’offerta anomala, come meccanismo d‘esclusione automatica, dev’essere esteso agli appalti di servizi.

L’offerta anomala spesso non riesce a compensare nemmeno i costi di produzione del progetto e della messa in opera ed è una pratica anti concorrenziale, che un mercato regolato deve rifiutare.

Su questi due temi, s’innestano il ripristino dell’incentivo del 2% per gli uffici tecnici pubblici, nelle attività di progettazione e la Centrale unica di progettazione. In proposito, l’opinione pubblica deve sapere che nessun libero professionista può sperare d’ottenere un margine del 2%, nelle attività di progettazione di opere pubbliche.

Il provvedimento si basa quindi sulla vana aspettativa d’ottenere risparmi, che non si potranno verificare, poiché, nei fatti, gli uffici tecnici della pa, che sono già stipendiati, costeranno semplicemente di più, senza poter dare un servizio provvisto della qualità necessaria.

Per redigere progetti adeguati infatti, oltre a possedere doti di creatività, l’architetto e l’ingegnere progettisti devono essere in possesso di una struttura tecnica adeguata e aggiornata, delle necessarie doti d’intraprendenza, della disponibilità ad accettare il rischio d’impresa e le relative responsabilità civili e penali, essere capaci di mantenere nel tempo una squadra composita di collaboratori formati ed efficienti.

E tutto questo e altro ancora, valgono ovviamente anche per la Centrale unica di progettazione. Anche soltanto a fronte di questa sommaria sintesi, è evidente che si tratta di una tematica che richiede interventi prudenti e lungimiranti e non repentini cambi d’indirizzo, che si spiegano soltanto con finalità elettoralistiche.

Ci sembra che il Governo abbia invece preferito dare risposte semplificate a temi di straordinaria complessità, come dimostra anche la reintroduzione dell’affidamento mediante concessione, destinato a causare nuovi squilibri, in un settore già da tempo in sofferenza.

Ritorneremo sul tema una volta che il decreto legge sarà stato convertito, nella speranza che le motivate posizioni espresse dalle categorie interessate siano adeguatamente considerate da Governo e Commissioni.

di  Bruno Gabbiani, Ala Assoarchitetti

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