Decreto del Fare | Provvedimenti

Demolizione-Ricostruzione: si torna alla norma originaria

Sulla modifica della sagoma degli edifici nei casi di demolizione-ricostruzione è stata annullata la soluzione del Governo che prevedeva l’intervento semplificato con presentazione della Scia. Ora per ricostruire gli edifici cambiandone la sagoma servirà ancora il permesso di costruire.

Cattive nuove per il Governo, per i costruttori e per i privati: è stato approvato dalle commissioni Affari Costituzionali e Bilancio-Programmazione un emendamento presentato dalla senatrice Lucrezia Ricchiuto (del Pd) che con il più classico dei colpi di spugna cancella uno dei più imponenti provvedimenti presi dal Governo Letta nel decreto Del Fare in materia di semplificazione.

Per ricostruire un edificio dopo i lavori di demolizione, cambiandone la sagoma, sarà ancora necessario avere il nulla osta alla costruzione: l’intervento semplificativo proposto dal Governo, ovvero tramite Scia (provvedimento facente parte del pacchetto del decreto legge del Fare) veniva in questo modo cancellato.
Il confronto tra le forze di maggioranza su questo tema era stato affrontato a viso aperto tant’è che una soluzione di compromesso era stata presentata dallo stesso Pd tramite il deputato Morassut (già assessore all’urbanistica del comune di Roma), soluzione che prevedeva di non affossare la semplificazione nei centri storici a condizione che l’ente pubblico dichiarasse le zone della città in cui questo era possibile.
C’è da dire che la norma era ritenuta di difficile interpretazione e il dl spostava dalla categoria della ristrutturazione urbanistica a quella di manutenzione straordinaria l’intervento di demolizione-ricostruzione con modifica della sagoma.
Prima del decreto legge era considerata nella manutenzione straordinaria la demolizione-ricostruzione con volumetria e  sagoma invariate e apparteneva alla categoria della ristrutturazione urbanistica la demolizione-ricostruzione nella quale volume e sagoma fossero modificate.
La norma che è stata azzerata consentiva di mutare sagoma rimanendo nello status di manutenzione straordinaria e, appunto, per la manutenzione straordinaria si poteva procedere con i lavori 60 giorni dopo aver presentato la segnalazione certificata d’inizio attività.

Estensione legge Sabatini
Sempre in tema di provvedimenti, ricordiamo che è stata approvata l’estensione della nuova legge Sabatini: ora anche gli investimenti in tecnologie digitali (hardware, software…) saranno inclusi tra i beni per i quali le pmi possono utilizzare il credito agevolato tramite un fondo di 2,5 miliardi che saranno anticipati agli istituti bancari dalla Cassa depositi e prestiti.

Fondo di garanzia
Anche per quanto riguarda il Fondo di garanzia per il credito il provvedimento è stato modificato ripristinando la riserva del 30% delle risorse per operazioni di garanzia dei Confidi così come è stata ripristinata la riserva dall’80 al 50% sulla quota da riservare a interventi non oltre i 500mila euro d’importo garantito per l’impresa.

Il nostro commento | Semplificazioni: siamo ancora fermi!
(di Livia Randaccio). I costruttori ci avevano sperato, e con loro i professionisti del processo costruttivo, resta il fatto che con il Governo sconfitto sulla modifica della sagoma degli edifici nei lavori di demolizione-ricostruzione potrebbe riaprirsi un nuovo capitolo per il Governo e per il rilancio del comparto edile nel suo insieme.
Pesante considerazione la nostra? Mica poi tanto se pensiamo che, a conti fatti, è rimasta impantanata la più consistente semplificazione contenuta nel decreto Del Fare per quanto concerne l’edilizia privata.
A parole tutti si sono dichiarati per lo sviluppo del Paese ma nei fatti sembra che si stia ragionando con i soliti preconcetti e, nel caso specifico del provvedimento, che ci si arrocchi su posizioni che lasciano il tempo che trovano. Ed è un tempo pessimo.
Tutti siamo consapevoli che il territorio sia un bene da preservare, che vi sia un limite al consumo di suolo, che la qualità del costruire debba essere uno standard irrinunciabile, che le architetture dell’oggi siano il frutto del saper fare e del fare bene ma siamo altrettanto consapevoli che occorre tentare tutte le soluzioni possibili per semplificare e rimettere in moto il comparto delle costruzioni, molto sofferente, anzi allo stremo dopo 5 anni di decrescita.
Restare a bocce ferme e ripristinare il passato può alla fine rivelarsi un boomerang per l’intero universo delle costruzioni. La semplificazione proposta dal Governo, e respinta dall’emendamento di una senatrice di un partito facente parte della maggioranza di governo, permetteva in un’azione di demolizione-ricostruzione di demolire un edificio e poi ricostruirlo utilizzando, appunto, la semplificazione della Scia, la segnalazione certificata d’inizio attività, senza attendere il nulla osta da parte dell’ente comunale. La serietà dell’impostazione c’era tutta anche perché il documento Scia necessitava della redazione di un progetto con relativa dichiarazione di conformità asseverata da un professionista titolato e l’ente comunale, comunque, aveva tutto il tempo necessario (ben 60 giorni) per bloccare l’intervento o provvedere all’eventuale modifica.
Fra l’altro, nel caso della proposta governativa, un’azione che possiamo definire di mediazione, era stata già proposta da Roberto Morassut, proponente la possibilità d’intervenire anche nei centri storici ma solamente se sono i comuni a decidere.
Sul tanto discusso Piano casa, proposto a suo tempo dal Governo Berlusconi, si perse tempo prezioso e si avviò una «macchina» fatta di provvedimenti regionali che snaturarono la misura governativa sino al punto d’indebolire la sua logica propositiva (provvedimenti rapidi, ossigeno immediato per imprese e occupazione) e renderla inapplicabile.
Ora con la bocciatura della semplificazione per la ricostruzione degli edifici siamo tornati al «già visto», al punto di partenza e, soprattutto, alla faccia delle semplificazioni. Non è sicuramente questo il modo di dare certezze a chi s’impegna ogni giorno per dare risposte concrete alle problematiche che la crisi economica impone.

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