Corte di Cassazione | Distanze tra edifici

Deroga alle Regioni solo per interesse pubblico

La Corte di Cassazione ha stabilito che la materia è di esclusiva responsabilità statale a meno che vi sia la giustificazione dell'esigenza di soddisfare un interesse pubblico legato al governo del territorio.

A stabilire quali debbano essere le distanze tra edifici è il Parlamento che se ne occupa attraverso l’emanazione di norme, sono concesse deroghe a favore delle Regioni solo quando ricorrano esigenze di governo del territorio d’interesse pubblico. Si tratta quindi di finalità di carattere urbanistico e si rimette l’operatività dei precetti a«strumenti urbanistici funzionali a un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio».
Se non vengono rispettate le suddette considerazioni s’incorre in un reato. È quanto ha stabilito con sentenza 6/2013 la Corte Costituzionale dichiarando illegittimo l’articolo 1, comma 2, della legge regionale Marche 31/1979.
In base alla legge, un Comune può ampliare un edificio in apposite zone con destinazione residenziale.
Un cittadino aveva dunque effettuato un ampliamento secondo normativa, andando incontro alla richiesta di demolizione da parte del vicino.
La Corte di Cassazione, chiamata a risolvere la disputa, ha riletto la questione della legittimità delle norme regionali.
Per i giudici, la norma era in contrasto con il decreto ministeriale 1444/1968 secondo cui le distanze minime vanno in base alle dimensioni stradali. La deroga delle distanze, quindi, è accolta solo nel caso in cui vi siano interessi pubblici, e come ordinamento civile, è esclusiva la competenza dello Stato. La Regione, in tutto questo, non ha dunque legittimità e ogni intervento è di esclusiva responsabilità statale.

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