L'intervista | Thomas Miorin, amministratore delegato di Edera

Edilizia off-site: «serve un cambio di paradigma»

Thomas Miorin, amministratore delegato di Edera, impresa no-profit per la decarbonizzazione e rigenerazione dell’ambiente costruito, e uno dei maggiori esperti di industrializzazione del prodotto edilizio, risponde alle domande di Imprese Edili ribadendo che per far decollare l’off-site in Italia serve innovazione e, per avere impatto in tempi brevi, serve la grande scala, servono i grandi numeri, serve la replicabilità.
 Thomas Miorin, amministratore delegato di Edera.
Thomas Miorin | Amministratore delegato di Edera.

«La decarbonizzazione non può aspettare». Ci accoglie con queste parole Thomas Miorin, uno dei pochi, veri conoscitori dell’edilizia off-site made in Italy, vale a dire di quell’edilizia che si realizza in stabilimento e che vede il cantiere come luogo di montaggio a secco di componenti prodotti in fabbrica. La chiacchierata con lui, che è stato per anni l’animatore di quel think tank che fu REbuild, segue l’intervista che Imprese Edili giorni fa ha realizzato con Giovanni Spatti, ad di Wood Beton, altro predicatore del verbo dell’edilizia che si realizza fuori dal cantiere.

Gli anni trascorsi a discutere di off-site negli appuntamenti annuali di Riva del Garda sono oggi riversati in Edera, una società no-profit con sede a Milano, nell’incubatore di Cariplo Factory di via Bergognone.

«Edera è un’impresa sociale impegnata nella riqualificazione delle periferie urbane. Siamo un centro per la decarbonizzazione e la rigenerazione dell’ambiente costruito: dei facilitatori di nuove soluzioni per le costruzioni. Ci occupiamo di deep regeneration». A Miorin abbiamo chiesto di raccontarci i primi passi di questa nuova avventura. Ecco cosa ci ha detto.

«Edera, l’acronimo sta per Enabling Deep Regeneration – abilitare la rigenerazione in profondità -, è nata poco più di due anni fa. È un soggetto privato sociale, che ha importato nel nostro Paese il modello, prima olandese ora europeo, di Energiesprong. Promotori sono Ance, Fondazione Housing Sociale e Redo Sgr, una società benefit che vede tra i propri soci Fondazione Cariplo, impegnata nel recupero delle periferie, Cassa depositi e prestiti, Intesa e Investire Sgr, che gestisce un fondo immobiliare».

In questi due anni, quali risultati avete conseguito?

Oltre ad aver lavorato con le più interessanti esperienze europee sul tema, abbiamo messo a punto sette progetti pilota – Porto Mantovano, Treviglio, Vicenza, Comun Nuovo, Thiene e Milano – per testare soluzioni innovative su diverse tipologie costruttive tra cui edifici a torre, scuole e periferie urbane. Si tratta, per ora, di progetti finanziati con il 110%. Vogliamo dimostrare che anche con il Superbonus, se si vuole, si possono mettere in campo soluzioni differenti e innovative. Il nostro obiettivo è aggregare la domanda omogenea di riqualificazione per fare emergere, grazie a un processo di innovazione aperta, soluzioni sempre più efficienti e sostenibili da replicare su larga scala. In generale, vogliamo mettere a disposizione abitazioni riqualificate con costi contenuti e performance sostenibili, garantite nel tempo con standard allineati agli obiettivi climatici al 2050. Ci muoviamo nel campo dell’edilizia residenziale, con un target orientato a quella pubblica e sociale e alle periferie, ma stiamo esplorando interessanti opportunità anche nel residenziale privato.

Di recente avete realizzato il primo intervento di edilizia off-site…

Esatto. A Corte Franca, in Franciacorta, a pochi chilometri dal lago d’Iseo, abbiamo realizzato un piccolo ma significativo evento: il primo cantiere italiano di riqualificazione energetica e di adeguamento sismico con componenti realizzati off-site. Un esempio minore – il prototipo è una palazzina di cinque alloggi di due piani fuori terra -, che dimostra che anche nel Sud Europa è possibile industrializzare la produzione edilizia e che si è in grado di farlo in tempi e a costi contenuti.

La soluzione presentata a Corte Franca è il primo risultato di un percorso di innovazione a cui hanno aderito 22 imprese – a2a, Alpac, Caparol, DQG, Exrg, Glass Group, Halfen, Innova, Manni Group, Planet Smart City, Pozza Matteo, Prelco Italia, Rehau, Rockwool, Saint-Gobain, Seriana Edilizia, Sto, Structurama, SunCity, Teicos Group, Wood Beton e Wolf Haus -, tutte in vario modo impegnate nella realizzazione di prodotti industrializzati.

I quasi due anni di lavoro nell’incubatore milanese hanno prodotto un’altra novità: un’analisi di fattibilità finalizzata a migliorare gli interventi di nuova edificazione, attraverso un approccio modulare, che Edera realizzerà per due sviluppatori, uno nazionale, l’altro internazionale. Un’analisi dettagliata, che parte dal progetto tipologico e arriva a definire il processo di produzione dei componenti edilizi, verificandone la reddittività, la riduzione dei tempi di realizzazione e la ricaduta ambientale e sociale.

In che cosa consiste quest’altra attività?

È un lavoro decisamente interessante in cui accompagniamo alcuni sviluppatori nello sviluppo dell’off-site residenziale, secondo una logica industrializzata. Non solo affrontiamo le classiche analisi tecnico-finanziarie tipiche dei progetti complessi, ma ci occupiamo dell’organizzazione della produzione all’interno dello stabilimento in cui verranno realizzati i componenti edilizi.

Cos’altro avete in cantiere?

Oltre al confronto aperto con le imprese interessate ad aderire a Energiesprong Italia sviluppando nuove soluzioni, abbiamo avviato un rapporto con le realtà che gestiscono grandi patrimoni immobiliari per aggregare una domanda omogenea di edifici da riqualificare. Lavoriamo insomma su due fronti: la selezione di nuovi progetti pilota e lo sviluppo di una domanda di retrofit adeguata.

Cosa sta avvenendo in Francia, Germania e Inghilterra, Paesi in cui l’esperienza di Energiesprong ha germogliato, e soprattutto, esiste una via italiana dell’idea olandese?

Edera ha importato in Italia l’esperienza olandese, oggi diffusa in Europa e negli Stati Uniti. Dal momento dell’avvio, nel marzo 2020, il mio lavoro e quello di Marco Dal Mas, cto di Edera e altro esperto di mercato, si è concentrato sulle possibili applicazioni di Energiesprong anche sulle nuove costruzioni, mostrando subito delle differenze con l’esperienza olandese. All’estero il processo è iniziato a partire dalla domanda, da noi questo non è stato possibile. La domanda c’era, ma era disaggregata, diffusa, di bassa qualità. Abbiamo così deciso di cominciare a lavorare sul fronte dell’offerta, selezionando le imprese più interessanti, capaci di fornire idee e soluzioni per realizzare interventi industrializzati. Oggi il nostro staff è cresciuto, insieme all’interesse per Energiesprong, e ora siamo in sei, alla costante ricerca di nuove professionalità.

Una realizzazione di Factory Zero in Olanda. Si tratta di una start-up nata dal progetto InterregNWE (credits, Energiesprong International)
Una realizzazione di Factory Zero in Olanda. Si tratta di una start-up nata dal progetto InterregNWE (credits, Energiesprong International).
Factory Zero, Olanda. Fasi di installazione del modulo energetico industrializzato (credits, Energiesprong International).
Factory Zero, Olanda. Fasi di installazione del modulo energetico industrializzato (credits, Energiesprong International).

Quali sono i caratteri dell’esperienza francese?

La differenza principale sta nel ruolo dello Stato. In Francia, ad esempio, nell’ambito del Recovery Plan 2021-2022, il ministero della Transizione ecologica ha stanziato 40 milioni di euro nel programma MAssiRenò per finanziare progetti di riqualificazione energetica di housing sociale sulla base dell’approccio Energiesprong, quindi basati su contratti a performance garantite, economicamente sostenibili e con potenziale di innovazione e industrializzazione. Lo Stato, con la sua domanda, contribuisce attivamente e consapevolmente a innovare il sistema dell’offerta.

…e in Germania?

In Germania, nel contratto di governo dell’alleanza Spd, Verdi e Liberali c’è un punto del programma che si richiama alla “riqualificazione seriale”. Su quella base, l’Agenzia tedesca per l’Energia, per conto del ministero federale dell’Economia e della protezione del clima, ha avviato il progetto Serielle Sanierungslösungen (letteralmente ristrutturazione edilizia in serie; nda) per la riqualificazione su larga scala del patrimonio immobiliare residenziale attraverso la progettazione digitalizzata e l’industrializzazione del processo costruttivo.

Mentre in Inghilterra?

In Inghilterra, con il supporto finanziario della Greater London Authority e dell’European Regional Development Fund è nato il London Retrofit Accelerator, un programma rivolto ad affrontare l’emergenza climatica e la povertà energetica attraverso riqualificazioni off-site in grado di rendere gli edifici più efficienti, sostenibili e confortevoli.

Tre casi da cui si evince il ruolo della mano pubblica?

Esatto. Si tratta di casi in cui sono stati introdotti degli acceleratori di domanda. Lì lo Stato dimostra che si può ragionare in modo differente. Dobbiamo guardare la domanda anche come leva d’innovazione.

E in Italia, c’è speranza nel ruolo dello Stato?

Rispondo con una domanda: come colleghiamo il crescente gap tra il costo degli interventi e la disponibilità di risorse economiche di cui i soggetti, pubblici o privati, possono disporre? Gli incentivi non saranno certo sufficienti: serve lavorare sulla produttività del processo edilizio e sulla leva energetica tramite garanzia di prestazione. Se sugli incentivi lo Stato ha dimostrato di esserci, dal lato della produttività invece non si è registrato il benché minimo cambiamento. Una stasi che contraddice invece l’interesse che molte amministrazioni pubbliche hanno dimostrato, ad esempio introducendo nei bandi di gara il ricorso all’off-site. Penso al comune di Milano e a MM. Ciò che manca ai vari livelli è la capacità di strutturare un percorso che possa garantire degli obiettivi all’off-site e che richiede l’attivazione di un volume di domanda omogenea e una politica industriale adeguata.

Cosa serve per far decollare l’off-site in Italia?

Serve innovazione e, per avere impatto in tempi brevi, serve la grande scala, servono i grandi numeri, serve la replicabilità, nel rispetto delle specificità. Determinante in questo è il ruolo dei nostri soci, che hanno colto la sfida e messo a disposizione il know how accumulato in questi anni e la volontà di dare un forte impulso all’innovazione.

In definitiva, cosa serve per decarbonizzare il settore?

Occorre aumentare la produttività, triplicare la velocità, raddoppiare l’efficacia e la profondità energetica degli interventi di riqualificazione. Per il settore è un cambio di paradigma: la risposta alla necessità di minimizzare i consumi energetici non può concretizzarsi solo negli incentivi. Dobbiamo investire in innovazione per andare oltre a ciò che è possibile fare oggi. Migliorando la produttività, abbassiamo la nostra dipendenza dagli incentivi pubblici e rendiamo il nostro comparto più efficiente, competitivo e aperto ai giovani. Serve insomma un balzo in avanti energetico: energiesprong, come si dice in olandese.

intervista a cura di Pietro Mezzi

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