Edilizia residenziale | Santo Stefano di Cadore, Bolzano

Recupero rispettoso di un tabià, edificio tipico delle Dolomiti

Il committente ha recuperato il tabià per farne un punto di appoggio per brevi soggiorni, sia d’estate sia d’inverno, chiedendo di mantenere la spazialità e la materia storica dell’edificio. L’intervento ha quindo adottato un approccio conservativo, adattando il tabià all’uso contemporaneo nel rispetto della sua storia e scegliendo le soluzioni progettuali, le tecniche e i materiali più appropriati. Per l’involucro esterno si è scelto di mantenere l’immantellato di scorzoni, rendendolo apribile in alcune parti e tamponandolo in altre.

L’intervento interessa un tabià, cioè un edificio rustico tipico delle Dolomiti, costruito solitamente in sasso e legno, e composto di una stalla al piano terra, di un locale per il fieno al primo piano e di una soffitta, spesso avvolto da un ballatoio esterno di legno.

Pur essendo parte di una tradizione molto antica, i tabià attuali risalgono a un periodo compreso tra la fine del Settecento e la prima metà del Novecento e sono considerati patrimonio storico per queste vallate.

Il tabià oggetto dell’intervento è posto a quota 1.300 metri slm nel comune di Santo Stefano di Cadore (Val Comelico, Bolzano), in una posizione molto panoramica. Sopra la stalla seminterrata, costruita in muratura di sasso intonacata, più antica, insiste la struttura lignea del fienile, che risale ai primi anni del Novecento.

Ai due angolari in muratura verso monte si giustappone il telaio formato da ritti e controventi in abete e larice, chiuso con un immantellato in tavole e scorzoni e circondato su due lati dal tipico ballatoio grigliato.

Il committente chiedeva di poter ricavare nel tabià un punto di appoggio per brevi soggiorni, sia d’estate sia d’inverno, ed era esplicitamente interessato a mantenere la spazialità e la materia storica dell’edificio.

I telai metallici del sistema di apertura.

Stato di conservazione e scelte d’intervento

L’intervento adotta un approccio conservativo, adattando il tabià all’uso contemporaneo nel rispetto della sua storia scegliendo le soluzioni progettuali, le tecniche e i materiali più appropriati. Per far questo il progetto ha fatto propri alcuni principi, che elenchiamo di seguito.

Per intervenire su questo patrimonio, è necessario innanzitutto conoscere la tradizione costruttiva locale, le sue tecniche, i suoi materiali; condurre un esame approfondito della geometria del manufatto, verificarne con estrema cura lo stato di conservazione, gli eventuali fenomeni di dissesto e di degrado e individuarne le cause più probabili.

Un approfondito esame preliminare delle condizioni fisiologiche e patologiche del manufatto, sul modello dell’anamnesi in campo medico, è indispensabile per sviluppare interventi appropriati e ponderati, per non cadere in certi «accanimenti terapeutici» dannosi per la conservazione dei valori dell’edificio storico.

Ogni tabià ha una storia, che si legge sulle sue superfici. La “materia storica” (le travi in legno bruciate dal sole o incise dagli abitanti, gli intonaci e le malte consumati dalle intemperie, le porte delle stalle consumate dal passaggio degli animali, i pavimenti calpestati dagli scarponi chiodati) registra il passaggio del tempo.

L’intervento di restauro aggiunge un capitolo a questa storia, ma non scrive la parola “fine”. Guidate da questa consapevolezza le scelte progettuali e di cantiere sono state orientate a inserire il nuovo con discrezione e a non cancellare completamente le tracce dei “capitoli” precedenti, per non spezzare il filo del racconto.

La sostituzione dellamateria storicaè dunque mantenuta al minimo, per prolungare il più possibile la vita degli elementi nel tempo, rimuovendo le sole parti ammalorate.

Di fronte a un elemento (una trave, un pilastro, un tamponamento…) che non riesce più a soddisfare completamente la propria funzione (portare, sostenere, chiudere) invece che sostituirlo si può giustapporgli un nuovo elemento che lo affianchi nella sua funzione, o lavori al suo posto. Il vecchio elemento rimane come testimone degli eventi passati e il nuovo elemento aggiunge un capitolo della storia dell’edificio senza perdere quelli precedenti.

La configurazione spaziale degli edifici rurali è determinata dagli usi agricoli, che spesso oggi non ci sono più, ma che fanno parte della storia dell’edificio. Il progetto distributivo dovrà pertanto rinunciare a una spazialità convenzionale contemporanea (le camere, la cucina, il corridoio…) e adattare il progetto alla spazialità storica.

Infine, anche l’aspetto esterno è importante. Spesso i tabià vengono recuperati per la loro posizione e per la vista che da lì si gode sul paesaggio. Ciò si traduce generalmente nella richiesta di aprire sulle pareti del manufatto delle finestre che un tempo non c’erano.

Anche in questo caso è necessario investire in immaginazione, cercando di contemperare l’esigenza del “vedere” con quella dell’“essere visti”. Cosa significa? Gli edifici rurali sono una componente caratteristica del paesaggio alpino, spesso estremamente visibili sui versanti: gli interventi hanno riflessi ben più ampi del singolo edificio e interessano un vasto pubblico, non solo il singolo proprietario.

Interventi che snaturano completamente le forme, le cromie e le superfici dei materiali storici (apertura di finestre, sabbiature, sostituzioni estese di immantellati in tavole, rifacimenti maldestri dei giunti di malta, tinteggiature improprie…) sono visibili da lontano e possono persistere per molti anni o per sempre. Essere consapevoli di come l’interventoviene vistodallesterno aiuta anche a rispondere nel modo meno invasivo alla lecita richiesta del committente di “vedere fuori”.

L’accurata analisi dello stato di fatto ha verificato la buona conservazione generale delle strutture portanti principali, ma ha anche evidenziato alcune criticità localizzate: sacche di umidità nel muro a monte contro-terra, attacchi fungini al tavolato esterno esposto a nord, la caduta di parte degli intonaci, estesi fenomeni di marcescenza alle travi di banchina.

Muro controterra

Nei tabià il muro verso monte controterra è un punto debole, in cui si manifestano degradi ricorrenti. Per contrastare il problema dell’infiltrazione d’acqua dal terreno la tecnica d’intervento più consolidata è quella della trincea drenante a protezione del muro controterra e, a seconda dei casi, il consolidamento del muro stesso.

Nel cantiere sono state adottate entrambe le tecniche: dopo uno scavo a ridosso della muratura posteriore per mettere a nudo la pietra è stata effettuata una pulizia generale con scarnificazione dei giunti di malta ammalorati.

Successivamente è stata realizzata una controparete in getto di cemento con rete elettrosaldata per consolidare le pietre componenti la tessitura del muro. È questa l’unica parte dell’intervento in cui si è fatto uso di calcestruzzo.

A ulteriore protezione è stata applicata una guaina bituminosa saldata a caldo e una guaina bugnata. La trincea è stata riempita con ghiaia per facilitare il drenaggio delle acque attraverso un tubo microforato rivestito di Tnt.

Interventi sulle strutture lignee

In merito alle strutture lignee ammalorate, gli interventi distruttivi sono stati ridotti al minimo, preferendo gli interventi in aggiunta/accostamento. Le sole parti marcescenti delle travi di banchina sono state sostituite. L’operazione di sostituzione e messa in opera delle parti nuove è stata effettuata semplicemente rialzando, senza smontarla, la struttura superiore.

Per poter sfilare le travi marcescenti dai pilastri (svincolando l’incastro mortasa-tenone) e inserire le nuove travi, tutto il castello ligneo del piano primo e del sottotetto è stato rialzato con l’utilizzo di martinetti idraulici di circa 10 cm. Una volta posizionate correttamente le nuove travi, il castello ligneo è stato fatto scendere lentamente per poter controllare gli allineamenti fino al ritorno nella posizione iniziale.

Tale operazione è stata possibile grazie all’esiguo peso della struttura in legno. Sono stati in seguito effettuati consolidamenti localizzati delle strutture lignee mediante inserimento di viti autofilettanti per bloccare gli incastri a secco tra travi nelle parti più soggette a sforzi statici. Le viti sono andate ad affiancare le clamere, ossia i ferri piegati a forma di U, usati tradizionalmente per tenere in posizione le travi sovrapposte.

Un altro intervento eseguito anche con funzioni di consolidamento è stato lo smontaggio delle travi del solaio del fienile (piano primo); queste sono state pulite completamente dai residui di materia organica e di calce (utilizzata per disinfettare periodicamente la stalla sottostate) e rimontate fissandole alle strutture esistenti.

All’esterno del manufatto alcune delle mensole lignee che sostengono il ballatoio presentavano fenomeni di cedimento sull’incastro al muro. Seguendo il principio dell’affiancamento, e adottando in questo caso una tecnica tipica della tradizione, si è semplicemente puntellato con puntoni lignei le strutture cedevoli, che hanno potuto così essere conservate in situ.

Travi squadrate a mano

Tutti gli interventi di sostituzione sono stati realizzati con travi nuove squadrate a mano secondo le antiche tecniche costruttive locali. Questa scelta non è stata dettata solo da motivi estetici: al contrario è stata animata dalla consapevolezza che la squadratura a mano conferisce maggior durabilità alle strutture in legno rispetto al taglio a sega, dal momento che l’azione di spacco lascia integre le fibre del legno esposte agli agenti atmosferici e all’umidità di risalita.

Con questo tipo di lavorazione il legno inizia rapidamente e in modo naturale ad assumere la caratteristica “patina del tempo” integrandosi con il resto dell’edificio.

Distribuzione degli spazi

Un’altra tematica di assoluto rilievo per la progettazione è stata quella della distribuzione interna degli spazi e delle funzioni. Al piano delle stalle si sono ricavati un bagno e un grande spazio di deposito, mentre al piano del fienile si sono ricavati le zone living.

Planimetricamente il living si sviluppa in un unico ambiente contenente l’ingresso, il “punto fuoco” (la zona cottura), la zona soggiorno e la zona pranzo. Queste funzioni hanno richiesto un attento lavoro di recupero dellinvolucro edilizio, per adattarlo alle esigenze abitative.

Interventi sull’involucro esterno

Nei tabià il piano del fienile è tipicamente aperto al passaggio dell’aria per una migliore essicazione del fieno. Vista la zona climatica del territorio (zona F, 4.141 gg) uno dei primi nodi è stato quindi quello di chiudere le pareti al passaggio dellaria e di renderle termicamente efficienti.

A questa esigenza imprescindibile si sovrapponevano altre due richieste: quella dei committenti di poter godere della vista panoramica e quello che l’edificio rinnovato non fosse paesaggisticamente impattante. La scelta è stata dunque quella di mantenere limmantellato di scorzoni, rendendolo apribile in alcune parti e tamponandolo in altre.

Il tamponamento ha consentito di isolare termicamente alcune parti dell’edificio (potendo quindi garantire una maggiore efficienza) e di gestire il problema dello stoccaggio tramite arredi fissi (armadi contenitori) integrati alle pareti.

Per salvaguardare la spazialità interna tradizionale tutti gli arredi fissi sono stati concentrati lungo il perimetro, rispettando così la percezione dell’open space del fienile; gli arredi fissi ospitano al loro interno lisolamento termico e gli impianti, evitando così d’intaccare con tracce in rottura le pareti in sasso e in legno.

La facciata apribile

Nella parte affacciata verso valle, dove sono situati la zona pranzo e il soggiorno, l’immantellato è stato smontato e rimontato su una struttura metallica apribile. Le tavole che componevano l’immantellato esterno sono state numerate prima dello smontaggio e accuratamente pulite, è stato fatto un rilievo accurato delle strutture in legno delle facciate e sviluppato un progetto di dettaglio per la realizzazione dei telai metallici che compongono il sistema di apertura.

I telai di forma rettangolare, due per ogni campitura strutturale, si aprono a ribalta orizzontale verso l’alto e verso il basso. Si tratta in sostanza di una facciata apribile: quando è chiusa l’edificio non denota la sua funzione residenziale, mentre quando gli scuri sono completamente aperti l’edificio prende vita e la luce inonda gli interni.

Quando il proprietario è presente l’immantellato viene aperto, rivelando la presenza delle vetrate; quando è assente l’aspetto esterno del tabià è intatto. Per godere della vista sul paesaggio si è scelto di addossare alla struttura lignea e all’immantellato un tamponamento interno interamente vetrato.

All’interno perciò le pareti sono chiuse da grandi serramenti alzantiscorrevoli che permettono di avere una panoramica a 180° del paesaggio della valle. I serramenti sono in larice lamellare non verniciato, dotati di doppi vetri (con lato interno basso emissivo) e intercapedine saturata di Argon.

I serramenti poggiano su una panca perimetrale, che assolve anche alle funzioni di cavedio tecnico per parte dell’impianto elettrico, per la canalizzazione dell’aria di riscaldamento, come contenitore e come supporto per l’isolamento termico.

La scala

Il tabià presentava in origine un solo collegamento con scala a unica rampa in legno tra il fienile e il sottotetto, mentre tra il fienile e il piano terra un semplice foro permetteva il passaggio del fieno da dare agli animali.

Per un utilizzo residenziale, e visto il posizionamento al piano terra del servizio igienico, la realizzazione del collegamento interno tra piano terra e piano primo diventava assolutamente necessaria.

Anche in questo caso le preesistenze dell’edificio hanno aiutato la progettazione. La rampa esistente è stata modificata inserendo un nuovo pianerottolo intermedio alla rampa esistente; per collegare piano primo e piano terra si è semplicemente allargato il foro di passaggio del fieno, senza toccare le travi del solaio esistente. La nuova rampa inserita al piano terreno è costituita da una trave a ginocchio in legno con gradini a sbalzo.

Il bagno in giustapposizione

Il principio della giustapposizione è stato applicato anche nel caso dell’inserimento del servizio igienico al piano della stalla; l’operazione si è svolta accostando alle pareti esistenti una controparete a struttura lignea isolata termicamente, senza intaccare gli intonaci esistenti. Le tubazioni di adduzione e scarico sono state inserite a fianco del vecchio canale di scolo dei liquami animali, che è stato con l’occasione smontato, ripulito e rimesso in opera.

Gli impianti

Ledificio prima dell’intervento non era dotato di alcun impianto interno. Per poterlo adattare alla nuova funzione è stato necessario infrastrutturarlo completamente.

Impianto idrosanitario

Dopo aver derivato dalla vicina conduttura pubblica l’adduzione dell’acqua potabile è iniziata la costruzione del servizio igienico al piano terreno. Lo spazio destinato alla funzione è stato ricavato nella porzione posteriore dell’edificio corrispondente all’ex stalla degli animali di taglia più piccola.

Sempre nell’ottica dell’aggiunta la stanza da bagno è stata ricavata inserendo una struttura lignea addossata alle pareti in pietra delledificio; questo ha permesso innanzitutto d’inserire l’isolamento termico nello spessore della struttura e di poter ricavare lo spazio per il passaggio delle tubazioni dellimpianto senza dover manomettere la struttura originaria.

Struttura lignea addossata alle pareti in pietra per il ricavo della stanza bagno.

Questa particolarità, oltre che per ragioni di conservazione, risulta particolarmente utile perché la manomissione di murature in pietra composte di elementi di grandi dimensioni è particolarmente oneroso in termini di manodopera e di complessità della lavorazione. Il punto fuoco è stato posizionato incolonnato con il servizio igienico per minimizzare la complessità dell’impianto e facilitare il montaggio delle tubazioni di adduzione e scarico.

Impianto termico

Il programma funzionale stabilito con la committenza prevedeva un utilizzo molto saltuario dell’immobile in tutte le stagioni, dalla primavera all’inverno. Alle altitudini dell’immobile non vi sono problemi estivi, mentre quelli invernali sono rilevanti.

L’analisi delle varie alternative impiantistiche (tipologia di combustibile, tipologia di corpi scaldanti…) ha portato alla conclusione che la semplicità costruttiva dellimpianto e la rapidità di messa in temperatura dellimmobile fossero le variabili più significative da tenere in considerazione.

Uno dei due generatori di calore a biomassa con ventilazione meccanica.

L’impianto che coniugava questi risultati è stato realizzato installando due generatori di calore a biomassa con ventilazione meccanica come vettore di riscaldamento. Il primo generatore, a pellet di legno, è stato installato al piano terreno con due canali di ventilazione: il primo per riscaldare il servizio igienico adiacente, il secondo per riscaldare parzialmente il piano primo attraverso una conduttura che attraversando il primo solaio di legno entra nella panca sul fronte dell’edificio e tramite delle bocchette porta l’aria calda nella zona living.

Il secondo generatore, a legna in ciocchi, è situato al piano primo. È un inserto con porta scorrevole a ghigliottina con doppio canale di ventilazione; il primo porta l’aria calda direttamente in ambiente a completare il riscaldamento del piano, mentre il secondo porta l’aria calda al sottotetto per stemperare la temperatura dell’ambiente, comunque isolato termicamente (pareti e copertura).

I passaggi dei cavidotti elettrici posti sotto il pavimento.

Impianto elettrico

Anche l’impianto elettrico è stato realizzato exnovo. La progettazione è stata sviluppata di pari passo con la progettazione di tutti gli altri ambiti realizzando così una sinergia complessiva. In particolare, i passaggi dei cavidotti elettrici sono stati realizzati all’interno delle pareti esterne tamponate e isolate, all’interno di scomparti dedicati negli arredi fissi posti sulle pareti esterne dell’edificio o sotto il pavimento, evitando così qualsiasi manomissione delle murature esistenti.

Gli alloggiamenti delle prese elettriche sono stati posizionati lungo lo zoccolo della panca perimetrale, zoccolo poi dipinto con lo stesso colore delle placche per non renderle evidenti. I punti comando degli apparecchi di illuminazione sono stati concentrati in pochi punti, sfruttando la presenza degli arredi fissi.

Arch. Andrea Turato | Patchwork studiartchitettura.

Arch. Andrea Turato | Progettista

«Ogni tabià ha una storia, che si legge sulle sue superfici. La «materia storica» (le travi in legno bruciate dal sole o incise dagli abitanti, gli intonaci e le malte consumati dalle intemperie, le porte delle stalle consumate dal passaggio degli animali, i pavimenti calpestati dagli scarponi chiodati) registra il passaggio del tempo. L’intervento di restauro aggiunge un capitolo a questa storia, ma non scrive la parola «fine». Guidate da questa consapevolezza le scelte progettuali e di cantiere sono state orientate a inserire il nuovo con discrezione e a non cancellare completamente le tracce dei «capitoli» precedenti, per non spezzare il filo del racconto. La sostituzione della «materia storica» è dunque mantenuta al minimo, per prolungare il più possibile la vita degli elementi nel tempo, rimuovendo le sola parte ammalorate».

CHI HA FATTO COSA

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