Guida Pratica | Conservazione

Risarcitura del paramento lapideo delle facciate del Duomo di Trento

Interventi di risarcitura nel paramento lapideo e piccole integrazioni negli elementi lavorati in pietra nel Duomo di Trento. L’attenzione e la cura di questo restauro si vedono anche dai particolari: l’attenzione alla scelta del campionamento e le cautele nel lasciare opportuni riscontri per poter nel tempo effettuare una conservazione programmata.

Il delicato cromatismo dei diversi materiali lapidei impiegati nelle varie epoche storiche alle facciate del Duomo di Trento è stato possibile grazie al Progetto Generale di Restauro «Giubileo 2000», promosso con il sostegno della Provincia autonoma di Trento. Con l’Alta Sorveglianza della Soprintendenza per i Beni Architettonici, fu allestito un cantiere pilota (attività dal 1998 al 2008); premessa per un intervento complessivo all’interno del Duomo.

Il prospetto nord è caratterizzato da una grande ricchezza decorativa; spiccano il loggiato, la Porta del Vescovo e il rosone chiamato Ruota della Fortuna. Il fronte sud è invece più disadorno, ma caratterizzato da una serie di peducci di notevole pregio architettonico.
Il prospetto nord è caratterizzato da una grande ricchezza decorativa; spiccano il loggiato, la Porta del Vescovo e il rosone chiamato Ruota della Fortuna. Il fronte sud è invece più disadorno, ma caratterizzato da una serie di peducci di notevole pregio architettonico.

Il progetto affidato a Maria Antonietta Crippa e a Giovanna Alessandrini del Politecnico di Milano, ha riguardato:
– Il restauro dell’intero manto di copertura della costruzione
– Il restauro di vaste superfici del paramento lapideo esterno, a esclusione del transetto e absidi esterne comprese le parti scultoree, dove era già stata attuata una serie di interventi in diretta amministrazione, da parte della stessa provincia Autonoma di Trento
– Il restauro all’interno della seicentesca Cappella Alberti
– Il rifacimento del pavimento con l’inserimento di impianto di riscaldamento.

In questa scheda vengono descritte le operazioni di risarcitura sul paramento lapideo delle pareti e su elementi scultorei in pietra.

Il duomo di Trento, dedicato a S. Vigilio (355-405 d.C.), presenta un impianto che si deve al Principe Vescovo Federico Vanga (nel 1212 egli affidò il compito di riprogettare il Duomo ad Adamo d’Arogno). La costruzione è proseguita per secoli, con importanti trasformazioni fino al XIX secolo a cui risale l’assetto definitivo.
È una eccezionale fabbrica ecclesiastica romanico-gotica, secondo l’accreditamento ufficiale di molti studiosi (tra la fine del XVIII secolo e la prima metà del XIX, è stata celebrata nella cultura austriaca come il più fulgido esempio di architettura romanica dell’area mittel-europea); essa tuttavia non è solo un importante edificio medievale, ma anche un organismo con apporti costruttivi e stilistici plurisecolari diversi degni di nota.

Il materiale lapideo utilizzato è in prevalenza un calcare marnoso nodulare locale, Pietra del Lessino, nelle sue qualità bianca e rosata; la muratura è a conci regolari di diverse dimensioni, la disposizione è a filari, senza soluzione di continuità su tutti i lati del complesso.
Il materiale lapideo utilizzato è in prevalenza un calcare marnoso nodulare locale, Pietra del Lessino, nelle sue qualità bianca e rosata; la muratura è a conci regolari di diverse dimensioni, la disposizione è a filari, senza soluzione di continuità su tutti i lati del complesso.

STATO DI CONSERVAZIONE
I paramenti lapidei esterni dell’edificio monumentale risultavano, al momento del campionamento, in un precario stato di conservazione; tale condizione era molto simile, in termini di leggibilità dell’opera e aspetto generale del litotipo.
Dei problemi relativi al deposito del particellato /croste nere e delle fessurazioni/fratturazioni si è già trattato in schede precedenti (vedi Guida Pratica in Imprese Edili n. settembre 2015 e n. dicembre 2015). Nella presente scheda si affronta un altro fenomeno di degrado piuttosto diffuso, quello relativo a mancanze piccole e grandi nei giunti di malta o in parti lapidee.
In diverse parti tali problemi erano già presenti in passato tanto da richiedere interventi di risarciture di giunti e di stuccature in elementi lapidei. In molti casi queste operazioni erano state eseguite con materiali non idonei o in altri casi, pur essendo effettuati con materiali compatibili con quelli storici, presentavano, a loro volta, distacchi, fessurazioni e disgregazioni.

Le operazioni che si sono dovute considerare, quindi, in questi casi, sono state anche quelle di rimozioni di materiali non idonei o non più tali:

Rimozione di stuccature. La rimozione di vecchie stuccature è stata eseguita solo dove strettamente necessario; è un’operazione preliminare di particolare delicatezza in un contesto quale quello del Duomo di Trento. È stata eseguita completamente a mano, dotando il personale di utensili di varie dimensioni che dovevano essere utilizzati a seconda del tipo di rimozione da effettuarsi.
La scelta del tipo di utensile, il suo peso e a sua dimensione ma anche il mantenimento del suo stato ottimale, sono stati tutti elementi vagliati in modo meticoloso e oggetto di una specifica attenzione.
Gli utensili usati sono stati le martelline e gli scalpelli.
Le martelline, che commercialmente si trovano da 800 grammi sono state fatte modificare in officina in modo da averne di tre tipi: da 150-250 e 350 grammi. Si è ottenuta in questo modo una più ampia versatilità in base al tipo di stuccatura da rimuovere. I ricorsi di malta, infatti, avevano uno spessore molto piccolo.
Gli scalpelli al widia utilizzati avevano uno spessore da 3 a 10 mm, ogni operatore è stato dotato di doppia serie di scalpelli da riarrotare in giornata, per mantenere la stessa cura e precisione durante le fasi di rimozione.

Il materiale lapideo utilizzato è in prevalenza un calcare marnoso nodulare locale, Pietra del Lessino, nelle sue qualità bianca e rosata; la muratura è a conci regolari di diverse dimensioni, la disposizione è a filari, senza soluzione di continuità su tutti i lati del complesso. Campionature. Compiute le operazioni di pulitura, sono state programmate e realizzate le campionature per individuare le caratteristiche cromatiche che avrebbe dovuto avere la nuova malta da stuccatura. La zona destinata alle campionature era il fronte posteriore del campanile incompiuto, prospiciente il tetto della navata laterale; questa, infatti, era una zona priva di impalcature e con sufficiente estensione e campo visivo e dunque rappresentava la situazione ideale per testare l’effetto finale delle malte campionate.
Sulla base di prove di lavorabilità in cantiere e analisi di laboratorio, si è optato per un legante costituito da grassello di calce (Moranti Bordot, Treviso); gli aggregati, costituiti da pietre frantumate e diversamente pigmentate, sono stati forniti dalla ditta Pesaresi di Rimini.

Il cantiere approntato per il restauro delle superfici esterne della Cattedrale di San Vigilio è stato articolato in tre fasi, corrispondenti a parti diverse e ben identificabili della fabbrica: il prospetto sud e il tiburio, il fronte ovest e il campanile. Si è trattato di una suddivisione anche temporale.
Il cantiere approntato per il restauro delle superfici esterne della Cattedrale di San Vigilio è stato articolato in tre fasi, corrispondenti a parti diverse e ben identificabili della fabbrica: il prospetto sud e il tiburio, il fronte ovest e il campanile. Si è trattato di una suddivisione anche temporale.

Realizzazione delle nuove stuccature. Le malte prescelte per le diverse finalità, avevano le caratteristiche composizionali schematizzate. Per la risarcitura dei giunti di malta del paramento lapideo, a esclusione della zona del tiburio, sono state impiegate 1 parte di grassello di calce, 1 parte di Rosso Verona (K6), 1 parte di Bianco Verona (K6) ed 1 parte di Giallo Mori (K6), nei giunti del tiburio ad 1 parte di Grassello di calce vengono aggiunte 2 parti di sabbia del Po, solo 0,5 di Rosso Verona (K000) e 0,5 di Giallo Mori (K000).

Il cantiere approntato per il restauro delle superfici esterne della Cattedrale di San Vigilio è stato articolato in tre fasi, corrispondenti a parti diverse e ben identificabili della fabbrica: il prospetto sud e il tiburio, il fronte ovest e il campanile. Si è trattato di una suddivisione anche temporale. Anche negli interventi con microstuccature e riconfigurazione nelle disposizioni per il confezionamento della malta si è tenuto conto della particolare cromia del concio su cui si andava a intervenire. Nelle microstuccature dei conci rosati il dosaggio della malta è stato di 1 parte di grassello di calce, 0,5 di Rosso Verona (K6), 2,5 parti di Giallo Mori (K6) e 0,1 di Nero Ebano (K00); in quelle invece dei conci verdastri l composizione della malta è stata la seguente 1 parte di grassello di calce, 0,25 Rosso di Verona (K6), 2,5 Giallo Mori (K6) e 0,25 Nero Ebano (K00).

I criteri principali di questo progetto di restauro sono il perseguimento continuo del massimo rispetto per l’autenticità di ogni testimonianza fisica della storia dell’edificio, un orientamento strettamente conservativo e un’attenta considerazione degli interventi di restauro.
I criteri principali di questo progetto di restauro sono il perseguimento continuo del massimo rispetto per l’autenticità di ogni testimonianza fisica della storia dell’edificio, un orientamento strettamente conservativo e un’attenta considerazione degli interventi di restauro.

Nella tabella seguente vengono sintetizzate altre prescrizioni date per la confezione delle malte di risarcitura e stuccatura dei conci della cattedrale.

Conci della zona d’intervento Dosaggi (per parti) Materiale utilizzato
conci chiari della Cappella Alberti 1 Grassello di calce
0,25 Rosso Verona (K6)
1,25 Giallo Mori (K6)
0,25 Nero Ebano (K00)
1,25 Grigio Venato (K00)
conci beige 1 Grassello di calce
0,25 Rosso Verona (K6)
2,45 Giallo Mori (K6)
0,25 Nero Ebano (K00)
conci del tiburio 1 Grassello di calce
2,5 Rosso Verona (K6)
0,5 Giallo Mori (K6)
0,1 Nero Ebano (K00)

Stesura del protettivo. A completamento del lavoro è stato applicato a spruzzo come protettivo il prodotto Wacher 290 L (Wacher Chemie) diluito in White Spirit in rapporto 1/20.
Si segnala infine che, nell’ottica di una futura conservazione programmata, si è avuto cura di lasciare, in zone diverse del manufatto non particolarmente a vista ma facilmente raggiungibili, quanto può servire per un futuro controllo dell’efficacia idrorepellente del protettivo applicato.

I criteri principali di questo progetto di restauro sono il perseguimento continuo del massimo rispetto per l’autenticità di ogni testimonianza fisica della storia dell’edificio, un orientamento strettamente conservativo e un’attenta considerazione degli interventi di restauro.RIFLESSIONI A MARGINE DELL’ESPERIENZA
Se si ha ben chiaro l’obiettivo a cui deve giungere l’intervento di restauro, si arriva anche, come nel caso descritto, a modificare o a dare prescrizioni particolari anche per utensili piuttosto semplici quale può essere una martellina.
Nel caso in esame infatti si è ritenuto necessario avere ben tre differenti martelline con pesi diversi per poter agire con pressioni variate e intervenire quindi nel modo più delicato possibile sulle stuccature da rimuovere. Espressione di una analoga cura del dettaglio è la decisione di dotare ogni operatore di una doppia serie di scalpelli da riarrotare in giornata in modo da ottenere elementi lavorati sempre con la medesima cura.
È da sottolineare che nell’effettuare le risarciture dei giunti e le stuccature di piccole mancanze, così come si è posto cura nell’attenta rimozione di quelle parti che potevano essere incompatibili o molto degradate, si è avuta attenzione anche nel dosaggio particolare della malta in modo che fosse adeguata e compatibile dal punto di vista meccanico ma anche che la colorazione finale fosse studiata e si armonizzasse con la tenue cromia dell’insieme.
Si è voluto cioè allo stesso tempo mantenere a una visione ravvicinata la percezione del concio e del giunto storico ma armonizzare l’intervento di restauro con le preesistenze per una visione a distanza che facesse cogliere nel migliore dei modi l’armonia dell’insieme.

Completata l’operazione di attenta stesura della risarcitura, questa infatti deve raccordarsi perfettamente con la preesistenza ma nello stesso tempo lasciare percepire ciò che è storico da ciò che è frutto della riparazione, deve inoltre essere trattata in modo che permetta un corretto ruscellamento dell’acqua, non permettere a questa di infiltrarsi al confine tra la porzione riparata e la restante parte del giunto di malta o dell’elemento lapideo. L’attenzione e la cura di questo restauro, inoltre, si vedono anche dai particolari: l’attenzione alla scelta del campionamento e le cautele nel lasciare opportuni riscontri per poter nel tempo effettuare una conservazione programmata.

PER SAPERNE DI PIU’
Duomo di Trento, I restauri, Numero speciale di Arkos, supplemento al numero 11/2005 di Arkos, Nardini editore, 2005.
In particolare M. A. Crippa, Inquadramento storico, profilo generale del progetto, opere realizzate nel primo lotto dei lavori, in Arkos 11/2005 pp.5-28, G.Alessandrini, R.Bugini, C.Colombo, A. Sansonetti, I materiali lapidei e il degrado, in Arkos 11/2005 pp.39-56 e N.Falcini, P. Pecorelli, Interventi di restauro sulle superfici esterne, in Arkos 11/2005 pp.57-59
S. F. Musso, Consolidamento e rinforzi in P.B. Torsello, S.F. Musso, «Tecniche di restauro», ed. Utet, Torino, 2003.

Chi ha fatto Cosa
Committente: Curia Diocesana di Trento
Progetto e Direzione Lavori: Prof. Arch. Maria Antonietta Crippa
Collaboratori: Prof. Dott. Giovanna Alessandrini, Dott. Arch. Michelangelo Lupo, Dott. Arch. Ivo Maria Bonapace
Coordinamento indagini scientifiche: Ing. C. Ferrari da Passano; consulenti: proff. U. Zezza, G. Braga, A. Giussani, L. Cadrobbi, Cnr Gino Bozza
Finanziamento: Legge speciale nel Piano Straordinario di opere e di interventi di significativa rilevanza, 1999- Giunta Provinciale di Trento.
Alta Sorveglianza: Soprintendenza per i Beni Architettonici di Trento, arch. A. Adamoli

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