Siteb | Mercato del comparto

Forza e criticità dell’industria del bitume

Bene l’export soprattutto verso il nord Africa e il bacino del Mediterraneo. Mercato interno con più ombre che luci. Le imprese che lavorano per gli enti pubblici restano in forte sofferenza a causa di mancati pagamenti e assenza di commesse.

Continua l’approfondimento sulla filiera «bitumi, asfalti e strade» in particolare gli aspetti che riguardano in Italia le tre anime dell’industria del bitume: la produzione e distribuzione, i lavori stradali, la produzione di membrane. Con gli aspetti critici che si legano alla pubblica amministrazione, al difficile accesso al credito e al fresato d’asfalto da non considerarsi come rifiuto. La filiera «bitumi, asfalti e strade» rappresentata dal Siteb>>come noto, è composta da più comparti, ma i 3 settori primari direttamente collegati all’industria del bitume sono i seguenti:

  • produzione e distribuzione del bitume (compagnie petrolifere e rivenditori);
  • produzione e posa in opera di conglomerati bituminosi comunemente detti «asfalti» (imprese di costruzioni stradali, specializzate nella manutenzione delle strade);
  • produzione di membrane bituminose destinate all’impermeabilizzazione di tetti, impalcati di ponti, viadotti e gallerie (produttori e applicatori)

Mercato italiano. Si evidenziano più ombre che luci nel mercato del bitume Italia nel 2014: sebbene la produzione totale di bitume abbia raggiunto 2.781.000 t (+4,9% rispetto al 2013), il 2014 è caratterizzato da un ulteriore calo dei consumi interni (la vendita del bitume in Italia, è scesa a 1.477.000 tonnellate con una riduzione dell’1,5% rispetto al 2013).
Mercato estero. In controtendenza invece l’export di bitume a dimostrazione che il nostro paese, nonostante la crisi mondiale e la chiusura recente di alcune raffinerie, resta comunque un grande produttore di bitume destinato prevalentemente al nord Africa e al bacino del Mediterraneo. Sui mercati esteri l’esportazione di bitume prodotto in Italia ha raggiunto quota 1.153.000 tonnellate pari al 46,9% dell’intera produzione nazionale e con un incremento del 13,1% rispetto all’anno precedente. Dato emblematico e significativo del 2014 resta quello del basso tasso di utilizzo della raffinazione (appena il 68% della capacità produttiva nazionale).
Raffinerie. La crisi della raffinazione non è solo un fenomeno italiano, ma riguarda gran parte dell’Europa occidentale caratterizzata da raffinerie di concezione obsoleta e con costi eccessivi per il rispetto dei parametri ambientali sempre più severi e restrittivi. Attualmente in Italia sono in produzione 12 raffinerie di cui solo 7 producono bitume.

dati sul mercato del conglomerato bituminoso in Italia
Dati Siteb sul mercato del conglomerato bituminoso in Italia

Cali e risalite. Il dato sul calo della domanda interna di bitume si ripercuote necessariamente sulle opere di manutenzione stradale e anche sulla produzione di conglomerato bituminoso. Nel 2014 tuttavia si è registrato una situazione di stasi sostanziale del mercato. La produzione di conglomerato bituminoso che nel 2013 aveva segnato il minimo storico (22.265.000 t) è leggermente risalita a 22.302.000 t segnando un modestissimo +0,2% rispetto all’anno precedente. La causa di ciò è imputabile esclusivamente alla realizzazione e al completamento di alcune grandi opere nel nord Italia che hanno richiesto quantitativi notevoli di bitume modificato. Tra queste vanno annoverate: il completamento dell’autostrada BreBeMi, il rifacimento della pista di volo dell’aeroporto di Orio a Serio (Bg) e il completamento della nuova viabilità intorno all’Expo di Milano. I dati relativi al 2015 si presentano stabili rispetto al 2014. Il numero di impianti di conglomerato bituminoso regolarmente in funzione in Italia, resta pari all’anno precedente (480 unità contro le 650 normalmente in attività prima della crisi).

Il bitume industriale per le membrane impermeabilizzanti
Il bitume industriale
per le membrane impermeabilizzanti

Bitume industriale. Non va meglio nel comparto del bitume industriale: le membrane impermeabilizzanti (vanto della tecnologia italiana nel mondo) hanno subito una riduzione complessiva delle vendite pari al -5,1% rispetto al 2013. Continua l’acquisto di aziende italiane da parte di grossi gruppi esteri nel mercato italiano delle impermeabilizzazioni; per la prima volta si sono affacciati operatori esteri provenienti dalla Russia che hanno acquisito i marchi e i pacchetti di maggioranza di storiche aziende del settore.
Unità produttive e fatturato. Complessivamente le unità produttive in attività in Italia sono oggi 507 (7 raffinerie di bitume, 10 trasformatori di bitume, 480 impianti d’asfalto, 10 stabilimenti per le membrane). Avendo già scontato in passato la riduzione del personale, il numero degli addetti è rimasto sostanzialmente stabile con 34.000 lavoratori diretti e un indotto di 350 mila persone. La produzione della filiera è destinata totalmente al settore delle costruzioni.
Il fatturato complessivo di filiera è composto dalla vendita del bitume (bitumi stradali, bitumi industriali, modificati, ossidati), dalla produzione di conglomerato bituminoso per la realizzazione di sovrastrutture stradali, aeroportuali, idrauliche e ferroviarie e dalle vendite di membrane bituminose per la realizzazione prevalentemente di tetti e coperture. La sommatoria delle vendite dei 3 comparti è pari nel 2013 a € 2.990 milioni di euro con una riduzione rispetto al 2012 del 2,9 %.
Mancati pagamenti e carenza di commesse. La situazione in Italia resta difficile; il patrimonio della rete stradale per mancanza di manutenzione, si sta degradando rapidamente. Le imprese di settore che lavorano per gli enti pubblici sono in forte sofferenza per assenza di lavori e per i mancati pagamenti. Nonostante le attese e le promesse, le grandi opere infrastrutturali non sono ancora partite e l’andamento dei primi sei mesi del 2015, non alimenta concrete speranze di recupero nel breve periodo.
Malessere generale. Leggermente migliore è la situazione nel comparto delle esportazioni di bitume sui mercati esteri che è in crescita rispetto all’anno precedente. Il prezzo medio del bitume, collegato all’andamento del prezzo del petrolio, è notevolmente diminuito, ma il calo degli investimenti in opere pubbliche, ha di fatto più che dimezzato la manutenzione ordinaria delle strade in tutto il paese con risultati evidenti e sotto gli occhi di tutti. La mancata manutenzione ordinaria si ripercuoterà necessariamente su maggiori costi per il rifacimento di sovrastrutture stradali irrimediabilmente compromesse. La domanda interna, la mancanza di risorse economiche, il ritardo dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione, sono e restano le cause primarie di un malessere ormai generalizzato che ha visto un forte calo anche nel numero delle imprese di settore per lo più di piccole dimensioni collegate agli appalti pubblici.
stradaPUNTI DI FORZA
Sostenibilità ambientale.
A dispetto di quanto erroneamente si creda, bitumi e conglomerati bituminosi dispongono oggi di un contenuto tecnologico significativo e sostenibile. Sono prodotti riciclabili al 100% e possono essere reimpiegati nei processi produttivi numerose volte. Il fresato d’asfalto proveniente dalla demolizione della pavimentazione stradale è disponibile in grandi quantità e può essere totalmente riutilizzato nelle realizzazioni della stessa pavimentazione. Lo stesso dicasi per gli scarti e le demolizioni delle membrane bituminose che impermeabilizzano tetti e impalcati.
Facilità d’uso. Raramente viene messa in evidenza, ma la facilità d’uso del bitume e dei suoi derivati è un’altra prerogativa vincente del comparto. Le pavimentazioni stradali si realizzano in asfalto (conglomerato bituminoso) non solo perché è un ottimo materiale che conferisce aderenza al pneumatico, sicurezza nella guida, silenziosità, ma anche perché è facile da mettere in opera e soprattutto è estremamente facile da riparare e mantenere.  Le pavimentazioni realizzate con materiali diversi (porfido, cemento, terra battuta, ecc.) generano sempre numerosi problemi e costi proibitivi quando si tratta di fare manutenzione. Non è un caso che il 95% delle pavimentazioni stradali del mondo venga realizzato in asfalto.
Innovazione. L’innovazione tecnologica che caratterizza asfalti, bitumi e membrane impermeabilizzanti, non ha paragone con nessun altro materiale da costruzione. Ai bitumi tradizionali si sono aggiunti i bitumi modificati con polimeri e quelli che utilizzano polverino da pneumatici fuori uso. Ai conglomerati classici per le pavimentazioni si associano ora quelli ad alte prestazioni come i conglomerati drenanti, i fonoassorbenti, i conglomerati ad alto modulo e quelli con spiccate caratteristiche di aderenza. Anche le tecnologie relative alle impermeabilizzazioni con membrane bituminose (nate e sviluppate in Italia negli anni ’60), restano allo stato attuale tra i sistemi di più facile ed economica applicazione. Le innovazioni recenti riguardano le modalità di incollaggio senza uso di fiamme libere e l’introduzione di tecniche autoadesive. Oggi la ricerca sui conglomerati bituminosi è orientata verso gli asfalti «tiepidi» e «a freddo» con riduzione della Co2 anche del 90%.
CRITICITA’
L’eccesso di capacità produttiva e il calo della domanda si confermano i fattori di debolezza strutturale del comparto.
Accesso al credito. La prima criticità per il comparto è diventata l’accesso al credito e il ritardo dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione. L’asfalto è collegato quasi esclusivamente alle strade che sono prevalentemente di gestione pubblica. Il mercato privato dell’asfalto è assai contenuto (per lo più piazzali e parcheggi di supermercati, centri commerciali e distributori di benzina).
La seconda criticità resta quella dell’imprevedibilità del costo del bitume. In tempi normali, l’incidenza economica del bitume sul conglomerato bituminoso raggiunge anche il 40 – 50% e non può essere ignorata anche se oggi, a seguito del calo del petrolio, è leggermente diminuita. E’ impensabile realizzare opere dove è previsto l’impiego del bitume senza prevedere un sistema di revisione prezzi o di compensazione della materia prima che riduca le tensioni innescate dal costo di un materiale che sfugge ad ogni logica di previsione.
fresato bassaIl fresato d’asfalto non è un rifiuto ma una materia prima seconda. Nessuna legge dice espressamente che il fresato d’asfalto è un “rifiuto”, ma l’interpretazione prevalente di gran parte degli Enti preposti alle autorizzazioni ritiene che lo sia. Ciò è causa di un disagio profondo. Nonostante la tecnologia, ogni anno una massa enorme (9-10 milioni di t) di materiali che invece potrebbe essere facilmente riutilizzata va ad accrescere la quantità dei rifiuti da costruzione e demolizione, a causa dell’eccesso di burocrazia che uccide il Paese. Pur essendo tecnicamente un «materiale perfetto», nonché il miglior componente di base per un buon conglomerato bituminoso, il fresato d’asfalto trova in Italia ostacoli al riciclaggio dovuti ad una normativa eccessivamente severa che ne mortifica l’impiego e ci rilega agli ultimi posti in Europa.

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