Norme e Prassi | Ing. Pier Luigi Gianforte

Il contratto a corpo: patologie e rimedi

La riflessione di Pier Luigi Gianforte sui contratti a corpo che suggerisce un ripensamento anche di carattere legislativo al fine di evitare il proliferarsi di un contesto legato alle carenze progettuali (in particolare al difetto di stima) introducendo per gli appalti pubblici un'esistente e a oggi non riconosciuta responsabilità del progettista.
Dott. ing. Pier Luigi Gianforte Ph.D
Dott. ing. Pier Luigi Gianforte Ph.D

Sulla genesi e sugli effetti del contratto a corpo sono stati pubblicati molti articoli, tuttavia in sede operativa continua, forse in maniera interessata, un utilizzo dell’appalto a corpo incoerente e confuso rispetto all’attuale dettame normativo.

LE CARATTERISTICHE SALIENTI DI UN CONTRATTO A

Nell’appalto a corpo l’appaltatore è obbligato a eseguire l’opera, come risultante dai disegni di progetto e dalle specifiche di capitolato, per il corrispettivo pattuito che, come detto, è fisso e invariabile;  non si procede quindi a misurazioni contabili di dettaglio nel corso dei lavori .

Nella pratica si possono appalesare tuttavia situazioni differenti che portano a diversi comportamenti delle stazioni appaltanti, non sempre condivisibili e che richiedono necessarie puntualizzazioni:

  • lavorazioni sottostimate nel computo metrico estimativo rispetto ai disegni;
  • lavorazioni sovrastimate nel computo metrico estimativo rispetto ai disegni;
  • lavorazioni impreviste e legittime.

LAVORAZIONI SOTTOSTIMATE

Nell’appalto a corpo vengono introdotti, quindi, elementi di alea a carico dell’appaltatore, perché il corrispettivo resta invariato sia che lo stesso realizzi una data quantità di lavorazioni preventivate in sede di offerta e sia che, invece, sia costretto ad effettuarne quantità superiori (o inferiori) per realizzare quanto disegnato.

L’appaltatore è quindi chiamato in sede di offerta a valutare con attenzione in progetto correggendo le stime qualitative effettuate dall’amministrazione.

Sul punto si richiama  la deliberazione Avcp n. 51 del 21/02/2002:

«Nel contratto di appalto i cui corrispettivi sono stabiliti “a corpo”, l’offerente formula la propria offerta economica, attraverso la determinazione, a proprio rischio e sulla base dei grafici di progetto e delle specifiche tecniche contenute nel capitolato speciale d’appalto, dei fattori produttivi necessari per la realizzazione dell’opera, così come risulta dal progetto, finita in ogni sua parte (quantità e costi dei materiali occorrenti, produttività e costi delle maestranze e dei tecnici nonché modalità esecutive)».

Nonostante quest’obbligo non sono rari i casi in cui a fronte di computi gravemente sottostimati e non eccepiti o corretti in fase di gara  l’operatore si interroghi sulla possibilità (negata dalla norma) di rivendicare  tali carenze posto la ritenuta concorrenza nel danno della committenza in fase di redazione del progetto e di validazione dello stesso, questo , se non altro, a titolo di indebito arricchimento.

In altri termini ci si domanda come si possa trasferire un onere così ingente nell’esecutore a fronte del maggior lasso di tempo a disposizione dei progettisti, del Rup e del validatore per verificare ed accertare eventuali incongruenze.

Su questo tema estremamente delicato debbo testimoniare da parte dei molti legali interessati e specializzati in materia di lavori pubblici un atteggiamento prevalentemente pessimistico e comunque improntato alla prudenza; i giudizi sono in corso e l’esito il più delle volte  è quello di giungere ad una transazione in corso di causa.

È certamente rilevabile comunque l’aspetto non secondario di possibili contestazioni al computo posto a base di gara di soggetti estranei a fronte della sottoscrizione del contratto con l’operatore economico a cui è stato sottaciuta tale circostanza.

LAVORAZIONI SOVRASTIMATE

In una prospettiva diametralmente opposta (ovvero quando le lavorazioni progettate risultino, nei fatti, inferiori a quelle computate) si assiste, il più delle volte, a una gestione a misura dell’appalto da parte della Dl con riduzione, indebita, della parte computata in eccedenza.

Trattasi, anche in questo caso di una patologia a cui tuttavia l’imprenditore può opporsi con maggiore efficacia rispetto alla prima fattispecie descritta apponendo riserva sugli atti amministrativi.

Le stazioni appaltanti, pro domo sua, tendono a confondere la sottilissima distinzione, nel contratto a corpo, tra le minori lavorazioni eseguite che non possono incidere sull’aspetto economico e la minore consistenza dell’opera nel suo complesso.

Sul punto ci sovviene, per meglio comprendere tale concetto, la deliberazione Avcp n. 51 del 21/02/2002.

«Nel contratto di appalto i cui corrispettivi sono stabiliti “a corpo”, l’offerente formula la propria offerta economica, attraverso la determinazione, a proprio rischio e sulla base dei grafici di progetto e delle specifiche tecniche contenute nel capitolato speciale d’appalto, dei fattori produttivi necessari per la realizzazione dell’opera, così come risulta dal progetto, finita in ogni sua parte (quantità e costi dei materiali occorrenti, produttività e costi delle maestranze e dei tecnici nonché modalità esecutive)».

Da ciò discende la immodificabilità del prezzo determinato “a corpo”, con assunzione a carico dell’appaltatore dell’alea rappresentata dalla maggiore o minore quantità dei fattori produttivi che si renda necessaria rispetto a quella prevista nell’offerta.

Il concetto di immodificabilità del prezzo “a corpo” non è però assoluto e inderogabile, trovando il limite nella pedissequa rispondenza dell’opera da eseguire ai disegni esecutivi ed alle specifiche tecniche (che comprendono le prestazioni tecniche dei vari materiali e componenti e le relative modalità esecutive) entrambi forniti dalla stazione appaltante e sulla base dei quali l’offerente ha eseguito i propri calcoli e proprie stime economiche e si è determinato a formulare la propria offerta, ritenendola congrua e conveniente rispetto alle prestazioni da eseguire….

… Per gli appalti a corpo, quindi, i lavori in variante, riguardanti le lavorazioni ricomprese nell’appalto principale, possono essere disposti esclusivamente per le opere in più o in meno rispetto alle previsioni di progetto con la conseguenza che la perizia non deve rielaborare le quantità dei lavori non interessanti le variazioni supplementari o riduttive, anche se le quantità originarie, previste nei computi metrici del progetto, sono di valore differente rispetto alle quantità risultanti in fase di esecuzione; in caso contrario si cadrebbe nell’equivoco di trasformare in sede consuntiva un appalto a corpo in un appalto a misura.

Equivoco sul quale non è infrequente, poi, imbattersi per contratti stipulati a corpo pervenendo a contabilità effettuate a misura soprattutto, appunto, laddove la stima progettuale sia stata sovrastimata nella redazione del computo metrico determinandosi in sede di contabilità quantità inferiori di realizzazione rispetto a quelle previste nel computo metrico.

Come sopra evidenziato, tale eventualità costituisce una prassi illegittima, quand’anche illogica e contraddittoria, che sovverte il sinallagma contrattuale.

Come è noto l’equilibrio del negozio giuridico si definisce nel rapporto tra l’oggetto di tale negozio (il progetto) e il corrispettivo offerto dall’impresa sulla base delle valutazioni che l’impresa, nel suo libero arbitrio imprenditoriale, effettua assumendosi quel dato rischio di impresa emergente dall’analisi dell’oggetto del contratto.

Tale rischio comprende la possibilità che l’appaltatore debba eseguire maggiori lavorazioni rispetto alla stima di progetto (che si ripete non essere nel contratto a corpo elemento contrattuale tra le parti ma solo elemento valutativo) ma ricomprende anche la possibilità di minori lavorazioni che si potrebbero appalesare e che l’appaltatore ha ben valutato in sede di offerta.

Or bene dopo la definizione dell’offerta che nasce appunto dalla valutazione dell’appaltatore di tutti i fattori di rischio è evidente che non sia più possibile introdurre, da parte della stazione appaltante, operazioni che di fatto integrano un contratto a misura; ciò comporterebbe lo stravolgimento dell’equilibrio contrattuale che nel contratto a corpo è basato, rispetto al contratto a misura, proprio nella forfetizzazione del corrispettivo a prescindere dalle quantità di lavorazioni da eseguirsi.

Quanto sin qui argomentato è magistralmente riassunto nella massima giurisprudenziale di cui al Lodo Roma – 25/01/2010 n. 8/2010:

«Nell’appalto a corpo l’appaltatore sopporta infatti il rischio delle quantità rispetto al prezzo pattuito, ma nell’ambito (e non potrebbe essere diversamente) di quanto disegnato e progettato, senza che ciò legittimi la trasformazione dell’appalto in un contratto aleatorio, né escluda che competano all’appaltatore compensi per i maggiori oneri sostenuti in dipendenza di circostanze a lui non imputabili. La pattuizione di immodificabilità del prezzo in cui l’appaltatore assume, sulla base del progetto a base di gara, il carico dell’alea rappresentata dalla maggiore o minore quantità dei fattori produttivi che concorrono alla realizzazione dell’opera, e la contemporanea necessità di non sovvertire l’equilibrio del sinallagma contrattuale, accentuano l’ineludibile necessità di un adeguato approfondimento del progetto esecutivo ad un livello tale da definire in modo compiuto l’opera da realizzare, al fine di garantire la possibilità di individuare le singole parti dell’opera ed assicurare la pedissequa rispondenza della medesima agli elaborati grafici ed alle specifiche tecniche. Le modalità di pagamento del corrispettivo “a corpo” non trasformano, dunque, l’appalto in un contratto aleatorio. Come ricordato dall’Autorità di Vigilanza per i Lavori Pubblici nella deliberazione n. 51 n. 21/2002 “…che il progetto (caratterizzato dai disegni esecutivi e dalle specifiche tecniche) costituisca un fondamentale elemento di riferimento nel contratto di appalto con corrispettivo “a corpo”, si riscontra anche dalla lettura dell’art. 1661 c.c., laddove è, appunto, prevista come causa di derogabilità alla immodificabilità del prezzo la variazione, tipologica e dimensionale, dell’opera. A conferma di ciò la centralità attribuita dal legislatore della Merloni alla fase della progettazione , che ha portato la stessa ad una definizione approfondita, graduale rispetto alle tre fasi previste, che comporta un livello revisionale che lascia pochissimi spazi a variazioni in fase esecutiva. La predeterminazione del sinallagma contrattuale viene meno, pertanto, allorché vi sia una modifica dei disegni esecutivi (e quindi una modifica dell’oggetto del contratto) che comporti la necessità di maggiori (ovvero minori) quantità di opere o di lavorazioni rispetto a quelle stimate al momento della fissazione del prezzo e della conseguente formulazione dell’offerta da parte dell’appaltatore; oppure vi sia una variazione delle specifiche tecniche, previste nel progetto facente parte del contratto, che, allo stesso modo di cui sopra, variando l’oggetto del contratto, comportino maggiori o minori costi ed oneri per l’appaltatore. Verificandosi una simile evenienza, con la conseguenza di far esorbitare il rischio assunto con l’offerta “a corpo” fuori della normale ed accettabile alea, ci si trova di fronte alla necessità di rideterminare il prezzo “a corpo”, non assolvendo più quest’ultimo alla sua naturale funzione”. Il Collegio ritiene, quindi, che il rischio che l’appaltatore assume nell’appalto “a corpo” non può estendersi illimitatamente in violazione dei presupposti che sovrintendono all’equilibrio sinallagmatico del rapporto, soprattutto in presenza di gravi carenze del progetto esecutivo, come nel caso di specie».

LAVORAZIONI IMPREVISTE E LEGITTIME

Esiste poi una terza possibilità, condivisibile,  in cui, invece, a variare è proprio l’oggetto della commessa; ovvero quando le variazioni richieste in sede di esecuzione attengano alla rappresentazione stessa dell’opera come emergente dai disegni e dalle specifiche tecniche di capitolato sulla base di presupposti legittimi.

Sulla questione si riporta a seguire l’esplicativa massima relativa alla deliberazione Avcp n. 56 del 03/12/2008:

«In caso di contratto di lavori stipulato a corpo, nessuna delle parti contraenti può pretendere una modifica del prezzo convenuto, sulla base di una verifica delle quantità delle lavorazioni effettivamente eseguite. Tuttavia, è evidente come l’importo dell’appalto possa subire modifiche in aumento o in diminuzione qualora in corso d’opera si manifesti, per cause riconducibili a quelle contemplate dalle disposizioni legislative vigenti, l’esigenza di introdurre modifiche al progetto posto a base d’appalto. E’ quindi possibile che si verifichi un incremento dell’importo contrattuale per effetto di ulteriori o diverse lavorazioni rispetto a quelle contemplate dal contratto, mentre non è consentito che tale incremento derivi da una mera ricalcolazione dell’importo delle opere sulla base dei prezzi unitari delle singole lavorazioni e delle quantità effettivamente eseguite».

LE PATOLOGIE IN AMBITO PRIVATISTICO – L’ESEMPIO DEL SISMA IN ABRUZZO

Posto quanto sopra bisogna evidenziare che, nella prassi quotidiana, la concettualità sopra evidenziata trova moltissime incongrue eccezioni anche in ambito privatistico.

Valgano su tutte le ben note vicende contrattuali del sisma del 2009 in L’Aquila laddove i contratti di appalto vengono genericamente stipulati a corpo, sulla base di un contratto tipo, per poi pervenire a una contabilità dei lavori di fatto a misura nell’equivoco di rendicontazione allo Stato ( ovvero al comune).

Per quanto detti lavori siano esclusi in parte rilevante dalla normativa sui lavori pubblici è bene precisare che il concetto di lavori a corpo travalica la norma speciale sui lavori pubblici ed investa appieno anche la  contrattualistica nell’ambito privatistico.

È facile comprendere come detta procedura altro non sia che un espediente per far ricadere sugli appaltatori, eventuali maggiori oneri per parti di lavorazioni non ammesse a contributo ma ricomprese negli elaborati contrattuali posti a base del contratto di natura privatistica  stipulato con l’aggregato o con il condominio .

Sul punto si deve dare atto che opportunamente il Settore di competenza del Comune dell’Aquila, ha dettagliatamente previsto la possibilità di contabilizzazione e rendicontazione indifferentemente a misura o corpo; tuttavia i progettisti e i committente perseguono nella gestione in parallelo della rendicontazione a misura allo Stato e  della contrattualizzazione a corpo con l’impresa.

Su questa questione  sarebbe bene effettuare una riflessione anche di carattere legislativo al fine di evitare il proliferarsi di un  contesto legato alle carenze progettuali (in particolare al difetto di stima) introducendo per gli appalti pubblici una esistente e a oggi non riconosciuta responsabilità del progettista e negli appalti del sisma un obbligo di assoluta coerenza tra gli importi finanziati e contrattualizzati.

Pier Luigi Gianforte
studiogianforte@gmail.com

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