Imprese | Emergenza economica

Il decreto Liquidità per Ance non contiene misure prioritarie per le imprese di costruzione

Rodolfo Girardi (Ance) in audizione alla commissione Finanze alla Camera: «com’è possibile pensare oggi di aiutare le imprese solo attraverso un ulteriore indebitamento? Perché è questo che fa il decreto liquidità! E perché le imprese dovrebbero indebitarsi quando ci sono ancora 6 miliardi di crediti arretrati che devono ricevere dallo Stato o aspettano ancora di sapere se verranno riconosciuti i maggiori costi dovuti alla pandemia da Covid-19».

Si è svolta ieri l’audizione informale dell’Ance presso le Commissioni riunite Finanze e Attività produttive della Camera dei Deputati, nell’ambito dell’esame, in prima lettura, in sede referente, del decreto-legge n. 23 del 2020 recante «Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali» (ddl 2461/C).

Rodolfo Girardi | Vicepresidente Centro Studi Ance.

Le considerazioni sul decreto Liquidità espresse dall’ing. Girardi

L’ing. Rodolfo Girardi, vicepresidente Centro Studi Ance ha evidenziato, in premessa, alcune considerazioni generali sul settore delle costruzioni, che dall’inizio dell’emergenza sanitaria, resta in attesa di provvedimenti che siano in grado di offrire soluzioni rapide e concrete alle esigenze di moltissime imprese che sono già state vessate, tartassate e penalizzate durante una crisi durata più di 10 anni e che rischiano ora di scomparire definitivamente, con conseguenze drammatiche per il lavoro e per l’economia.

In Italia continuano a mancare misure shock per rimettere rapidamente in moto il settore delle costruzioni; misure che, invece, molti nostri partner europei hanno adottato con tempestività, già all’inizio della crisi, dando certezze e prospettive alle loro economie.

Da questo punto di vista, il decreto liquidità è una nuova occasione persa: è il secondo provvedimento a carattere economico dall’inizio dell’emergenza, dopo il “Cura Italia”, ma non contiene nessuna delle misure prioritarie che le imprese di costruzioni aspettano in questo momento.

Certamente, alcune delle misure contenute del decreto sono state invocate, anche dall’Ance, in passato e avrebbero potuto, al tempo, essere di grande utilità, ma com’è possibile pensare, oggi, di aiutare le imprese solo attraverso un ulteriore indebitamento? E perché le imprese dovrebbero indebitarsi quando ci sono ancora 6 miliardi di crediti arretrati che devono ricevere dallo Stato o aspettano ancora di sapere se verranno riconosciuti i maggiori costi dovuti alla pandemia da Covid-19.

Il decreto, poi, non contempla trasferimenti diretti alle imprese da parte dello Stato, in proporzione alla riduzione di fatturati che le stesse hanno dovuto fronteggiare a causa del blocco delle attività. La garanzia dello Stato è un tassello che certamente aiuta e che non poteva mancare, ma come verranno ripagati quei debiti, senza lavoro?

Peraltro, c’è un aspetto che preoccupa molto le imprese, che ritengono rischioso acquisire ulteriori debiti con una scadenza del rimborso limitata a soli 6 anni: in assenza di un periodo di maggiore respiro – comunque superiore ai 10 anni –  la loro paura è quella di appesantire oltremodo il proprio bilancio finanziario, con conseguenze potenzialmente devastanti per la loro attività futura.

Ha, altresì, ricordato che per rilanciare il lavoro, l’Ance ha proposto l’immediata adozione di un Piano Marshall per l’Italia che prevede, tra le altre misure, un’accelerazione dei pagamenti alle imprese insieme a una forte iniezione di risorse nelle casse degli enti locali e alla possibilità di spenderle in tempi rapidi e in assoluta trasparenza per infrastrutture sostenibili, senza dover ricorrere a procedure straordinarie.

È necessario rendere efficiente, snello, rapido e trasparente il processo decisionale che sta a monte di ogni intervento sia pubblico che privato. Occorre agire subito e la tempistica dei provvedimenti di rilancio dell’economia recentemente indicata nel Def appare assolutamente incompatibile con le reali esigenze del settore delle costruzioni e, più in generale, del Paese.

Ciò premesso, con riferimento agli strumenti di garanzia disposti dal provvedimento ha sottolineato la valutazione positiva dell’Ance. Sia, infatti, il potenziamento dello strumento del Fondo di garanzia per le Pmi (art. 13), gestito dal Mediocredito Centrale, sia l’introduzione del un nuovo meccanismo “Garanzia Italia”, gestito da SACE (art. 1), sono mossi dal condivisibile obiettivo di allargamento della platea dei beneficiari finali e di velocizzazione delle procedure di concessione delle garanzie.

Il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi dichiarati dall’Esecutivo, però, dipenderà in misura sostanziale da alcune condizioni che, se non soddisfatte, rischiano di annullare qualsiasi effetto reale, potendo addirittura configurare un peggioramento dell’equilibrio finanziario del sistema industriale delle costruzioni.

Tra queste condizioni l’indispensabile rifinanziamento del Fondo di garanzia e di SACE, al momento non in grado di sostenere gli obiettivi di nuovi finanziamenti alle imprese indicati dal Governo, e il necessario contributo delle banche italiane, in termini di tempestività nei processi di valutazione del merito creditizio, le cui procedure sono state marginalmente semplificate solo per la misura fino a 25mila euro.

Sembra opportuno, a tale proposito, incentivare la collaborazione tra imprese e banche, attraverso l’utilizzo di autocertificazioni, sostenute da valutazioni terze di soggetti altamente professionali, nella determinazione del rating. Sarà, poi, necessario vigilare affinché la garanzia dello Stato sia usata per garantire nuovo credito a costi contenuti, piuttosto che per la mera rinegoziazione di posizioni debitorie chirografarie.

Infine, appaiono necessari alcuni correttivi, al fine di tenere in debito conto delle specificità di alcuni settori, quale quello delle costruzioni, che, in virtù delle caratteristiche connaturate all’attività produttiva, possono trovare difficoltà nell’accesso agli strumenti agevolativi.

Ad esempio, il riferimento al fatturato dell’anno precedente quale riferimento per determinare il limite alla garanzia prestata, infatti, risulta penalizzante per le attività caratterizzate da cicli produttivi ultrannuali, per i quali lo stesso Mediocredito Centrale, prima delle modifiche introdotte, considerava come elemento qualificante il valore della produzione.

Sempre in tema di sostegno alla liquidità, è opportuno prevedere nel Decreto una modifica al Fondo di garanzia per la prima casa, innalzando la percentuale garantita in caso di mutui con un più elevato rapporto tra l’importo del finanziamento e il prezzo d’acquisto dell’immobile. In questo modo sarebbero sostenute le fasce più fragili della popolazione che potrebbero accedere, a costi contenuti, al mercato immobiliare, pesantemente colpito dagli effetti dell’emergenza sanitaria.

Sotto il profilo fiscale, il provvedimento, pur intervenendo su molteplici aspetti di natura formale e sostanziale, non incide in maniera determinante nella direzione di un sostegno reale alla liquidità delle imprese del settore delle costruzioni.

Negativa in particolare la valutazione sulle norme regolanti il riconoscimento della sospensione dei versamenti fiscali e contributivi.

In particolare, andrebbe modificato il meccanismo di verifica di mancata liquidità, previsto dall’art. 18 del dl 23/2020, in base al quale sono sospesi i termini dei versamenti tributari e contributivi in autoliquidazione in scadenza nei mesi di aprile e maggio 2020.

Difatti, il riconoscimento del beneficio si basa su un meccanismo di verifica della perdita di liquidità dell’impresa non affatto idoneo a rappresentare genericamente la perdita subita da tutti i settori produttivi, e ancor più inadeguato per le imprese del settore edile, che presentano una struttura patrimoniale, una dinamica finanziaria e soprattutto una redditività del tutto peculiari, non facilmente raffrontabili con i più diffusi indici e flussi finanziari e/o reddituali costanti.

È necessario, quindi, considerare parametri specifici per l’esatta individuazione della crisi di liquidità che le imprese di costruzioni subiscono, al fine di scongiurare un’iniqua restrizione della platea dei contribuenti beneficiari di dette misure agevolative.

In tal senso, si propone di inserire come indicatore di mancata liquidità il confronto fra il fatturato registrato nel periodo 2020 di blocco totale o parziale delle attività, stimato mese per mese, confrontato con un valore corrispondente al fatturato medio mensile registrato nel 2019. Laddove questa diminuzione sia almeno pari al 33% (o al 50%, a seconda che i ricavi dell’impresa siano entro o oltre i 50 milioni di euro), sarà riconosciuta all’impresa la sospensione dei versamenti.

Il tema della sospensione dei versamenti va, altresì, integrato con la sospensione dell’efficacia di alcune diposizioni che attualmente sono rimaste operative, creando diverse difficoltà alle imprese, e, in alcuni casi, gravi conseguenze sulla loro liquidità.

Occorre, quindi, sospendere – per 6 mesi, la verifica sulla “Regolarità Fiscale” dei beneficiari di pagamenti della P.A. (art.48-bis, DPR 600/1973), nonché, sempre nel periodo 8 marzo -31 maggio, i termini connessi ai cd “Avvisi Bonari”.

Da valutarsi positivamente, solo la proroga dell’entrata in vigore del nuovo codice delle crisi d’impresa e la sospensione dell’operativa di alcune disposizioni del codice civile per garantire la continuità dell’attività imprenditoriale. Queste ultime in particolare vanno nel senso proposto dall’Ance di sostenere e favorire una maggiore capitalizzazione delle imprese anche mediante apporto di nuovi capitali.

Il vicepresidente è, quindi, entrato nel merito delle singole misure economico finanziarie di interesse del settore previste dal provvedimento, fornendo alcune valutazioni e osservazioni. Si tratta, in particolare, delle norme del testo in materia di liquidità d’impresa, fiscalità,  mercato privato delle costruzioni, lavoro e internazionalizzazione delle imprese.

Ha evidenziato, inoltre, la necessità di adottare un pacchetto di ulteriori misure volte a evitare che il Paese finisca in un’irreversibile emergenza economica, capace di comprometterne definitivamente il tessuto produttivo ed, in particolare, il settore delle costruzioni, già stremato da una crisi economica che si protrae da oltre un decennio. Si tratta, nello specifico, di proposte in materia di misure emergenziali per gli appalti pubblici; garanzie per i mutui; incentivi fiscali per la riqualificazione urbana; fiscalità negli appalti; lavoro e internazionalizzazione delle imprese.

Qui il documento con il dettaglio della posizione Ance consegnato agli atti della Commissione, comprensivo del “Piano Marshall “ per l’Italia con le misure proposte dall’associazione

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