Le principali fonti di inquinamento da radon all’interno degli ambienti confinati sono il suolo, i materiali da costruzione e l’acqua. Nella dinamica degli spostamenti del radon dal suolo alla superficie, gli edifici svolgono un ruolo attivo: essi funzionano come una pompa aspirante risucchiando l’aria dal terreno circostante.
Il principale meccanismo d’ingresso del radon negli edifici è la convezione termica, con correnti d’aria che trasportano il radon dal suolo all’interno dell’edificio, attraverso crepe, fessure o altri punti non a tenuta nelle fondamenta o nei muri della casa; l’apporto di radon dovuto alla sola diffusione attraverso i materiali da costruzione è molto minore, ma non inesistente.
Di norma i valori più elevati si riscontrano nei locali a contatto con il terreno, per esempio nei seminterrati o al piano terra, mentre ai piani superiori la concentrazione del radon è in genere minore.
Indipendentemente dall’età, dal tipo di costruzione o dall’ubicazione dell’immobile, l’unico modo per verificare le affluenze del radon negli edifici esistenti è quella di eseguire le “misure” con appositi rilevatori. Dato che la concentrazione di radon varia nel corso della giornata e delle stagioni, la normativa richiede che i dosimetri siano esposti per un anno, così da ottenere un valore medio rappresentativo.
Negli edifici che non hanno il vespaio, ma le fondazioni a platea il modo migliore per gestire il gas radon è la depressurizzazione del suolo.
Quando il suolo si lascia attraversare facilmente dall’acqua, si ricorre alla pressurizzazione del terreno, immettendo nel sottosuolo l’aria prelevata dall’interno dell’edificio per mezzo di un ventilatore, creando così una sovrappressione, che contrasta l’infiltrazione del radon all’interno dell’edificio e al contempo diluisce la concentrazione del gas nel suolo stesso.
Il problema è differente per gli edifici nuovi, dove con azioni preventive si possono ridurre i rischi e limitare i costi, intervenendo nella fase di progettazione, monitorando il terreno anche dopo lo scavo delle fondazioni, isolando l’edificio dal suolo mediante vespai o pavimenti galleggianti ben ventilati (una prassi in uso all’inizio del secolo scorso, ora ripresa con tecniche del tutto diverse), impermeabilizzando i pavimenti e le pareti delle cantine con guaine isolanti, evitando collegamenti diretti con interrati o seminterrati.
La direttiva europea 2013/59/Euratom sulle norme di sicurezza di base contro l’esposizione alle radiazioni ionizzanti, prevede che gli Stati Membri stabiliscano un livello di riferimento (non superiore a 300 Bq/m3, sia per le abitazioni che per i luoghi di lavoro) sopra il quale si deve senz’altro intervenire per ridurre la concentrazione media.
In Italia nel mese di gennaio scorso è stato approvato lo schema di un nuovo decreto legislativo, che sostituirà il vecchio decreto 230/1995 e tutte le norme in materia che sono state emanate fino a oggi.
Alcune regioni hanno già legiferato in materia, fissando i livelli limite a 300 Bq/m3 di esposizione al gas radon sia per le “nuove costruzioni” che per gli “edifici esistenti”, pena la sospensione del certificato di agibilità.
Progetto di formazione del Consiglio Nazionale Geometri
Piazza dell’Edificio Salubre Saie 2020
Esperto Edificio Salubre