L'intervista | Giovanni Spatti, Amministratore Delegato di Wood Beton

«In edilizia serve un’innovazione che sia dirompente»

Giovanni Spatti, amministratore delegato di Wood Beton: «... Dobbiamo puntare all’industrializzazione del prodotto edilizio per ottenere efficienza, garantire qualità, ridurre gli sprechi e lavorare in sicurezza». La storia di un’azienda che propone un cambio di paradigma per le costruzioni italiane.

«In edilizia serve un’innovazione che sia dirompente». Inizia con queste parole la conversazione con Giovanni Spatti, amministratore delegato di Wood Beton, una delle aziende più innovative e creative del settore delle costruzioni.

La sua società è a Iseo, in provincia di Brescia, a poca distanza dal lago, da dove dirige i suoi tecnici impegnati a progettare e realizzare sistemi costruttivi industrializzati.

È un ingegnere, ma è soprattutto un creatore di soluzioni innovative, un grande esperto e appassionato di costruzioni, di cui conosce limiti e potenzialità.

Ma nel suo orizzonte professionale non c’è solo l’azienda bresciana: all’ingegner Spatti fanno infatti riferimento un network di realtà produttive come Camuna Prefabbricati, Prefabbricati Guerrini, Prefabbricati Sar, WB Factory, Eservice e Alfa Automation.

È un divulgatore del verbo dell’off-site, ovvero dell’edilizia che si realizza fuori dal cantiere, in fabbrica. Un modo di produrre ad alto contenuto tecnologico, in cui gli elementi finiti vengono trasportati in cantiere, che diventa così il luogo di montaggio di componenti.

A detta dei suoi sostenitori, produrre in stabilimento è un modo di costruire efficiente, preciso, sicuro, con minor sprechi. L’esatto opposto del metodo tradizionale: poco efficiente e ancora troppo insicuro.

«L’edilizia industrializzata – secondo Enea, che nel rapporto del 2020 Prospettive e potenzialità dei sistemi off-site: il progetto Ambiente costruito ne descrive le potenzialità – riduce l’intensità delle lavorazioni in cantiere per localizzarle principalmente in fabbrica, consentendo una riorganizzazione di tecnologie e processi volta a una maggiore efficienza e qualità, con il beneficio di minimizzare gli sprechi, eliminando il concetto stesso di scarto».

Giovanni Spatti, amministratore delegato di Wood Beton | ©Wood Beton

All’amministratore delegato di Wood Beton, Imprese Edili ha rivolto alcune domande. Ecco cosa ci ha risposto.

Ingegner Spatti, come spiega il successo di Wood Beton?

Penso di non sbagliare quando affermo che oggi la mia società rappresenti in Italia un esempio concreto di industrializzazione edilizia. Un traguardo raggiunto attraverso l’impegno, la credibilità costruita nel tempo e la ricerca che da anni portiamo avanti. In questo modo abbiamo dato vita a una filiera integrata, che va dalla progettazione alla produzione.

Da dove nasce la vostra esperienza?

Credo di essere stato un precursore. Provengo dall’azienda di famiglia, che si occupava di prefabbricazione in calcestruzzo. Ma fin dai tempi dell’università ho iniziato a pensare alla possibilità di creare nuova edilizia. Negli anni ho maturato diverse esperienze professionali, sia nel settore della prefabbricazione del calcestruzzo che del legno lamellare. La mia idea di ibridazione dei materiali, che ho poi sviluppato in Wood Beton, nasce proprio da lì. Ammetto che siamo stati anche fortunati a incrociare sul nostro percorso dei partner che avevano l’esigenza di industrializzare sistemi costruttivi innovativi. Con uno di questi abbiamo sviluppato un sistema completamente industrializzato, con il quale abbiamo realizzato hotel completamente off-site, destinati al mercato europeo. Il nostro decollo è iniziato proprio allora. Ma oggi c’è una ragione in più che deve spingere nella direzione da noi auspicata e riguarda gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030. Se ieri la nostra è stata un’intuizione, oggi la sostenibilità – ambientale, sociale ed economica – spinge a far sì che l’off-site diventi un’esigenza di mercato.

Vista dall’alto dello stabilimento | ©Wood Beton

Tutto è iniziato con i Moxy Hotel, gli alberghi costruiti in fabbrica e montati in cantiere…

Esatto. Nel 2015 abbiamo realizzato il primo Moxy Hotel a Malpensa, tre anni più tardi quello di Linate, per poi lavorare in Inghilterra, Francia, Germania, Austria, Danimarca e Norvegia. Lì abbiamo realizzato strutture alberghiere costruite attraverso un sistema studiato ad hoc, che è stato ingegnerizzato per questi interventi, prevedendo l’impiego congiunto di elementi bidimensionali e tridimensionali, questi ultimi completamente finiti in stabilimento, trasportati e montati in cantiere”.

Ma non vi siete fermati a quell’esperienza…

Niente affatto. Abbiamo esteso l’idea al settore residenziale, con sistemi tridimensionali per edifici pluripiano che integrano legno, calcestruzzo e acciaio, sfruttando le peculiarità di ciascun materiale, ottenendo così il massimo delle performance. Questo, a mio avviso, è il primo fattore di sostenibilità: utilizzare il materiale giusto al posto giusto, cercando di ottimizzarne il consumo già in fase di progetto. Sono convintissimo che l’ibridazione dei materiali sia la soluzione migliore, soprattutto in una fase come questa caratterizzata da un mercato in continua evoluzione.

C’è un tema che le sta molto a cuore ed è la sicurezza sul luogo di lavoro…

É un tema che ritengo fondamentale. Grazie all’edilizia industrializzata riusciamo ad assicurare la massima sicurezza ai nostri lavoratori. La realizzazione degli elementi in stabilimento consente infatti agli operai di lavorare in condizioni di temperatura controllate, protetti dagli agenti atmosferici e soprattutto a terra, in sicurezza e tranquillità. Lo stesso concetto vale per il cantiere, in cui il tempo trascorso in quota dagli operatori si riduce di molto. Insomma, se vogliamo ridurre ed eliminare gli infortuni non sono sufficienti i controlli e i documenti cartacei, ma serve modificare il sistema costruttivo.

Ma, allora, cosa manca per il decollo dell’edilizia prodotta in fabbrica?

Mancano investitori in grado di dar vita a iniziative imprenditoriali che presuppongano la creazione di aziende dedicate, investimenti in ricerca e sviluppo, rapporti di lavoro seri. Servono imprenditori dotati di visione e manager disponibili a valutare l’investimento in un arco temporale differente dall’immediato. Poi servirebbe avere uno Stato capace d’investire nella direzione giusta, in grado di far evolvere un settore dal livello tradizionale attuale a quello industriale vero e proprio. Noi per ora rappresentiamo solo una nicchia di mercato: ma siamo certi che se l’approccio costruttivo nostro si diffondesse sarebbe più facile raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica che dobbiamo tutti perseguire.

Gli uffici della Wood Beton a Iseo | ©Wood Beton

Quale può essere il ruolo delle imprese?

Le imprese possono svolgere un ruolo importante. Dovrebbero cogliere il fatto che lo sviluppo tecnologico, l’edilizia industrializzata in questo caso, offre nuove opportunità di lavoro. Le imprese che hanno operato con noi hanno imparato a montare i nostri elementi prefabbricati, aprendosi così a nuovi spazi di mercato. Serve un’accelerazione nel segno dell’industrializzazione del prodotto edilizio, che passa anche attraverso la crescita della cultura tecnica delle stesse imprese costruttrici.

Una grossa spinta può arrivare da un fenomeno ormai diffuso: la scarsa attrattività del lavoro di cantiere…

Certamente. Lavorare in cantiere è faticoso. E come si può rendere attrattivo questo lavoro? Portandolo in fabbrica, rendendolo sicuro, pulito, vicino a casa. I nostri operai lavorano al coperto, non sotto la pioggia o il sole cocente.

Sul piano tecnico, cos’altro occorre considerare quando si opera nell’off-site?

Occorre tenere in considerazione un elemento tecnico che sfugge ai più. Lavorare come facciamo noi significa operare in un contesto manifatturiero, dove ad esempio le tolleranze si misurano in millimetri, non in centimetri come nel tradizionale. Va capita una cosa fondamentale: edilizia industrializzata e prefabbricazione non sono sinonimi. Off-site significa produrre in fabbrica l’intero prodotto edilizio: strutture, impianti e finiture. La nostra peculiarità consiste proprio nell’arrivare in cantiere con un prodotto finito, pronto per essere assemblato. E per fare questo serve partire da una progettazione dettagliata, per ingegnerizzare al meglio qualsiasi tipo di prodotto.

A quale progetto state ora lavorando?

Siamo impegnati in un progetto di ricerca applicata. Si tratta di un sistema costruttivo bi e tridimensionale, innovativo, realizzato a secco, smontabile e destinato ai settori residenziale e alberghiero. Alla fine di ottobre completeremo il mock-up. L’innovazione che ricerchiamo sta anche nell’impiego di inerti provenienti da riciclo e nell’utilizzo di forme e configurazioni intelligenti dei manufatti che produciamo, come ad esempio l’intersezione tra pannello e pilastro. Presto passeremo alla produzione vera e propria. Ma per ora non posso aggiungere altro.

Intervista a cura di Pietro Mezzi

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