A Roma si è tenuto, presso la Città dello sport, il convegno «Opere incompiute: quale futuro? Esigenze ed opportunità per il Paese» (vedi qui l’analisi >>), organizzato dal Ministero delle Infrastrutture e trasporti, dalla Conferenza Stato-Regioni e da Itaca. L’evento aveva l’obiettivo di porre l’attenzione su quei beni pubblici non fruibili dalla comunità che rappresentano una potenziale opportunità sia per le stesse amministrazioni sia per il mercato.
Giro d’Italia. Si è trattato purtroppo di un lungo giro d’Italia sulle opere incompiute, cantieri a cielo aperto che da anni attendono una chiusura ma che, invece, rischiano di continuare ad essere testimonianza delle incapacità programmatiche degli amministratori locali e dello sperpero di fondi pubblici.
Si parte dalla Lombardia con un elenco di piccoli lavori, tra i quali spiccano l’ostello della gioventù di Lecco (2,6 milioni, doveva essere concluso nel 2008), il laboratorio Asl di Milano in via Juvara (14,3 milioni già spesi più altri 9 messi in bilancio per il suo completamento), la bretella tra l’area industriale di Valdaro e Mantova sulla A22.
Terra ricca l’Emilia-Romagna, quasi sempre tra i primi posti nella graduatoria delle città dove si vive bene, eppure a Ferrara si sono scordati della ristrutturazione del Teatro Giuseppe Verdi (chiuso ormai dal 1985), così come risulta incompiuto il nuovo assetto ferroviario della città degli Estensi.
Ritorniamo al nord, in Veneto e in Piemonte, per citare le incompiute dell’ampliamento della scuola materna di Montecchio (1,3 milioni), la piscina di Cassola (18 milioni), i pilasti dell’ospedale di Bra e Alba (costati 159 milioni), che, a detta di molti ambientalisti-geologi, risulta su di un terreno soggetto a franosità. Senza trascurare l’adeguamento al modello di centro di assistenza primaria delle strutture in corso di realizzazione nei comuni di San Damiano e Villafranca d’Asti, compreso il completamento delle aree esterne.
E a Genova spicca la mancata ristrutturazione, con ampliamento e adeguamento statico e funzionale, della sede demaniale dell’Archivio di Stato.
Potevano mancare le isole? No di certo, tant’è che nell’elenco vanno di diritto l’orto botanico della Maddalena (540mila euro) e quel capolavoro del Teatro di Sciacca: costato 25 milioni di euro, la sua progettazione è risalente agli anni ’70. Nessuno lo vuole gestire e così rimane un’immagine da brutta cartolina.
Sempre al sud spicca, in provincia di Benevento, l’ospedale di S. Bartolomeo in Galdo e il palazzo dello sport di Calvi Risorta. E che dire dalla diga di Pappadai, Taranto, dove in trent’anni sono stati spesi 70 milioni di euro con il risultato che per vedere l’acqua bisogna affidarsi alla… danza per la pioggia dei popoli indiani d’America o alle tarante del luogo risalenti al 1400.
Se Napoli non compare per nulla nel lungo elenco del Ministero, chissà poi perché, il Lazio la fa da leader con incompiute da 261 milioni: dalla Città dello sport di Tor Vergata (400 milioni), ormai stranota, alla palestra di Vico e al museo di scienze naturali di Palombara Sabina, insieme ad un mare di piccole opere. Senza dimenticare la Toscana, dove per lo sviluppo della Cassia di Monteroni d’Arbia (iniziato cinque anni fa) sono stati spesi 30 milioni. Incompiute come l’asilo di Scandicci e le scuole di Lari.
Ma l’elenco è lunghissimo e vi invitiamo a leggerlo qui >>
Patrizia Lotti | Presidente Oice
Centralità del progetto e dignità per il ruolo del progettista, trasparenza negli affidamenti anche attraverso una maggiore competenza e professionalità dei commissari di gara: sono stati alcuni dei punti toccati dall’ing. Patrizia Lotti, presidente dell’Oice >>, l’associazione delle società di ingegneria aderente a Confindustria, espressi durante la tavola rotonda del convegno. «È fondamentale riprogrammare laddove possibile le incompiute favorendo il riutilizzo dell’opera, sia attraverso interventi del settore privato in project finance, sia attraverso i mutamenti di destinazione d’uso, ma altrettanto fondamentale è porre attenzione alla programmazione, che deve essere più accorta e dettagliata, al fine di evitare spreco di risorse pubbliche. Anche nell’ottica del disegno di legge delega sugli appalti, all’esame del Parlamento, bisogna porre fine alla vessazione del progettista e del progetto e ridare dignità alla fase progettuale; è poi necessaria più trasparenza e qualità negli affidamenti, superando la logica dei ribassi nelle gare di servizi di ingegneria e architettura ed elevando la qualità di chi deve scegliere l’affidatario del contratto, che deve essere qualificato professionalmente e competente, così come del progettista, che deve svolgere il suo lavoro nei tempi giusti e con corrispettivi adeguati».
Riccardo Nencini | Vice ministro delle Infrastrutture
«Dopo avere ricordato che il monitoraggio delle opere incompiute ha portato a rilevare 693 interventi, per i quali erano stati stanziati 3,5 miliardi, e che oggi necessitano 2,3 miliardi per portarli a compimento, ritengo di promuovere queste iniziative e proposte:
- prevedere bonus fiscali e cambi di destinazione d’uso per imprese ed enti locali che intendono completare le opere
- istituire un tavolo di lavoro per valutare quali opere completare
- istituire un fondo annuale per le incompiute
- incentivare le amministrazioni che inseriscono come priorità dei loro interventi il completamento delle opere incompiute
- avviare una proposta normativa per risolvere i problemi che il completamento di tali opere comportano».
Armando Zambrano | Presidente Consiglio nazionale degli ingegneri >>
«Purtroppo quella delle troppe opere incompiute o inutili è diventata una patologia del nostro Paese. Come ingegneri e come Rete delle professioni tecniche da tempo ci stiamo battendo perché l’attenzione venga spostata sul progetto, che deve riguadagnare la sua centralità. Un buon progetto è la premessa fondamentale perché sia realizzata una buona opera. Lo so che è un concetto banale, ma ormai da troppo tempo è andato perduto. La progettazione è stata completamente emarginata. Addirittura è stata portata in house all’interno della pubblica amministrazione nell’ipocrita convinzione che un 2% di incentivo possa consentire di realizzare quello che in altri Paesi assorbe il 10, il 20 o addirittura il 30% del costo. Inutile continuare ad illudersi: è necessario tornare indietro, cominciando da una buona progettazione.
A ognuno la sua parte. La pubblica amministrazione deve fare una buona programmazione e garantire l’attività di controllo. Progettisti e tecnici, da parte loro, devono lavorare all’interno di un quadro che sia però costituito da nuove regole. Mi sono spesso chiesto come mai in Trentino non ci siano opere incompiute. Approfondendo la questione mi sono reso conto che ciò accade perché lì la normativa è diversa: più semplice e flessibile.
Le regole vanno cambiate. Oggi, ad esempio, assistiamo alla degenerazione del concetto del massimo ribasso sulla progettazione. Si toccano punte del 60-70% di ribasso. Il nostro Centro studi addirittura ha segnalato un bando nel quale si proponeva di compensare la progettazione attraverso la pubblicità sui cartelloni. Siamo arrivati all’assurdo.
Noi professionisti siamo profondamente impegnati nella realizzazione di una normativa che sia realmente efficace. Oltre a questo, insistiamo sul fattore umano. Riteniamo che sia arrivato il momento di tornare ad investire sugli uomini, sulle loro qualità. Torniamo ad affidare le opere ad ingegneri, a tecnici di grande qualità».
Leopoldo Freyrie | Presidente Consiglio nazionale degli architetti-paesaggisti >>
«Ci auguriamo che il nuovo Codice degli appalti eviti gli errori che hanno consentito lo svilupparsi del fenomeno, tipicamente italiano, delle opere pubbliche incompiute. La strada da percorrere è quella del ricorso alle procedure concorsuali, le sole che possono garantire architetture di qualità; della condivisione dei progetti con le comunità; di una seria programmazione che metta a sistema le potenzialità economiche e le risorse disponibili. Tutto ciò potrà evitare che scelte politiche sbagliate, troppo spesso dettate dai favoritismi, provochino ritardi e contenziosi, accrescendo sprechi di risorse sul piano ambientale, economico e sociale.
Ora serve aprire una stagione nuova, una stagione di interventi di qualità, selezionati attraverso concorsi di progettazione e che abbiano come obiettivo quello della riduzione progressiva del suolo consumato, per arrivare a zero nei prossimi trent’anni. Il destino delle opere incompiute (a meno che non siano così importanti da dover essere concluse o degli eco-mostri da dover essere abbattuti) sta nel loro riuso e nella loro trasformazione. Un esempio è sotto gli occhi di tutti: il recente progetto di trasformazione in area green e in una piazza del viadotto dei Presidenti al Nuovo Salario a Roma, uno degli interventi proposti dal gruppo di giovani architetti G124 di Renzo Piano per rammendare le periferie delle nostre città».
a cura di Angela Canullo